ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Piero Alberto CAPOTOSTI Presidente
- Fernanda CONTRI Giudice
- Guido NEPPI MODONA "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18 (Disposizioni urgenti in materia di giudizio necessario secondo equità), convertito, con modificazioni, nella legge 7 aprile 2003, n. 63, promosso dal Giudice di pace di Lecce, con ordinanza del 14 dicembre 2004 nel procedimento civile vertente tra D. N. e Lloyd Adriatico s.p.a., iscritta al n. 179 del registro ordinanze 2005 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 2005.
Visto l'atto di costituzione della Lloyd Adriatico s.p.a. nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 6 luglio 2005 il Giudice relatore Francesco Amirante.
Ritenuto che nel corso di un giudizio instraurato con atto di citazione notificato il 19 gennaio 2003 da un privato nei confronti della Lloyd Adriatico s.p.a. – per ottenerne la condanna al pagamento di una somma di denaro corrispondente all'eccedenza pagata sul premio assicurativo della polizza per la responsabilità civile autoveicoli rispetto a quanto accertato dell'autorità antitrust con provvedimento in data 28 luglio 2000 – il Giudice di pace di Lecce, con ordinanza del 10 marzo 2003, sollevava, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 41, 77, 101, 102 e 104 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18 (Disposizioni urgenti in materia di giudizio necessario secondo equità), nella parte in cui, modificando l'art. 113, secondo comma, del codice di procedura civile, «sottrae alla valutazione secondo equità tutti i giudizi pendenti innanzi agli uffici del giudice di pace e relativi ai contratti c.d. di massa di cui all'art. 1342 cod. civ.»;
che il remittente osservava che la norma impugnata trae la propria giustificazione “storica” nella sentenza della Corte di cassazione 9 dicembre 2002, n. 17475, che ha affermato «il principio della capacità e legittimazione del consumatore ad avvalersi direttamente dello strumento risarcitorio nei confronti di quei soggetti (imprese) di cui sia stata accertata la violazione dei divieti posti dalla speciale normativa a tutela della concorrenza e del mercato», affermando che l'azione risarcitoria promossa dal consumatore nei confronti dell'impresa riveste i caratteri di un'azione di responsabilità soggetta ai criteri ordinari di competenza;
che il nuovo testo dell'art. 113 cod. proc. civ. introduce per i giudizi riguardanti i c.d. contratti di massa il grado di appello, in precedenza escluso, comportando la dilatazione dei tempi processuali e l'aumento dei relativi costi con effetti negativi, in primo luogo, sul diritto di difesa, e ciò soprattutto per la prevista applicazione dell'innovazione anche ai giudizi in corso;
che, più specificamente, il giudice a quo rilevava che il giudizio di appello, conseguente all'eliminazione di quello secondo equità, impone all'interessato lo strumento della difesa tecnica, mentre nel caso specifico la parte avrebbe potuto difendersi personalmente, secondo il disposto di cui all'art. 82 del codice di procedura civile;
che il risultato inevitabile dell'innovazione legislativa – argomentava il Giudice di pace di Lecce nella menzionata ordinanza – sarebbe stato quello di rendere farraginoso e dispendioso l'accesso alla giustizia, con il risultato di scoraggiare il contraente debole e di avvantaggiare quello forte, ossia le società di assicurazione; e siffatto vantaggio per i contraenti forti avrebbe creato una violazione dell'art. 3 Cost. sotto il profilo del principio di uguaglianza;
che, ad avviso del giudice a quo, l'art. 1 del d.l. n. 18 del 2003 era da ritenere in contrasto anche con l'art. 3 Cost., inteso come principio di ragionevolezza, e con l'art. 77 Cost., a causa della scelta dello strumento del decreto-legge in assenza dei presupposti della straordinaria necessità e urgenza, ai fini dell'introduzione di una disciplina del tutto illogica e inadatta a realizzare gli obiettivi perseguiti dal legislatore;
che la motivazione nel preambolo al testo del decreto-legge, infatti, dimostra che la necessità e l'urgenza consistono nella volontà di evitare che il soggettivo apprezzamento dei singoli giudici di pace possa comportare pronunce difformi in identiche fattispecie di contratto; ciò, peraltro, appare irrazionale, perché il principio del libero convincimento del giudice è un cardine del processo civile e l'obiettivo dell'uniformità dei giudizi non sembra poter essere effettivamente conseguito grazie all'introduzione del giudizio secondo diritto;
che da tali censure derivava anche, a detta del giudice a quo, il contrasto della norma impugnata con l'art. 25 Cost., perché l'immediata applicazione del d.l. n. 18 del 2003 al contenzioso in corso appare violare il principio del giudice naturale;
che nella menzionata ordinanza, inoltre, il Giudice di pace di Lecce ravvisava anche una possibile violazione degli artt. 101, 102 e 104 Cost. per l'introduzione di una normativa irrazionalmente diretta ad incidere su concrete fattispecie sub iudice;
che la norma impugnata, infine, era pure ritenuta in contrasto con l'art. 41 Cost. in quanto, a fronte di una sanzionata violazione, da parte delle società assicuratrici, delle «regole del mercato», la norma impugnata avrebbe introdotto «un'imprevista compressione del diritto soggettivo al rispetto delle regole»;
che questa Corte, con ordinanza n. 299 del 2004, disponeva, tra l'altro, la restituzione degli atti al Giudice di pace di Lecce affinché procedesse ad un nuovo esame della rilevanza a seguito dell'intervenuta conversione in legge dell'impugnato d.l. n. 18 del 2003, avvenuta con la legge 7 aprile 2003, n. 63, successiva alla remissione della questione alla Corte;
che, con ordinanza depositata in data 14 dicembre 2004, il medesimo Giudice di pace, dopo aver integralmente trascritto il contenuto del proprio precedente provvedimento di remissione, è tornato a sollevare, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 41, 101, 102 e 104 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del d.l. n. 18 del 2003, convertito con modificazioni nella legge n. 63 del 2003, per le medesime ragioni in precedenza indicate;
che, a sostegno dell'ulteriore remissione, il giudice a quo afferma che la legge n. 63 del 2003 non ha «apportato variazioni sostanziali e di merito tali da fare venire meno i rilievi di legittimità costituzionale» che erano stati oggetto dell'ordinanza depositata il 10 marzo 2003, se non sotto il limitato profilo della denunciata violazione dell'art. 77 Cost., censura da ritenere superata in base all'avvenuta conversione in legge del decreto-legge a suo tempo impugnato;
che si è costituita nell'attuale giudizio la Lloyd Adriatico s.p.a., chiedendo che la questione venga dichiarata manifestamente inammissibile e comunque infondata;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha preliminarmente eccepito l'inammissibilità della questione in ragione dell'inapplicabilità della norma denunciata nel giudizio a quo, ed ha sostenuto nel merito l'infondatezza della medesima.
Considerato che il Giudice di pace di Lecce dubita, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 41, 101, 102 e 104 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18 (Disposizioni urgenti in materia di giudizio necessario secondo equità), convertito nella legge 7 aprile 2003, n. 63, nella parte in cui, modificando l'art. 113, secondo comma, cod. proc. civ., «sottrae alla valutazione secondo equità tutti i giudizi pendenti innanzi agli uffici del giudice di pace e relativi ai contratti c.d. di massa di cui all'art. 1342 cod. civ.»;
che l'art. 1-bis del d.l. n. 18 del 2003, introdotto dalla legge di conversione n. 63 del 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 10 aprile 2003, ha stabilito che le disposizioni di cui all'art. 1 dello stesso decreto «si applicano ai giudizi instaurati con citazione notificata dal 10 febbraio 2003»;
che l'ordinanza di remissione precisa che l'atto di citazione del giudizio principale è stato notificato in data 19 gennaio 2003, il che comporta – in base al citato art. 1-bis, peraltro trascurato dal giudice a quo in quanto non ritenuto tale da apportare «variazioni sostanziali» della questione già in precedenza sollevata – che l'art. 1 impugnato non debba essere applicato in quel giudizio, donde la manifesta inammissibilità della relativa questione, in quanto palesemente priva di rilevanza (v., per tutte, l'indicata ordinanza n. 299 del 2004).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18 (Disposizioni urgenti in materia di giudizio necessario secondo equità), convertito, con modificazioni, nella legge 7 aprile 2003, n. 63, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 41, 101, 102 e 104 della Costituzione, dal Giudice di pace di Lecce con l'ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 luglio 2005.
Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente
Francesco AMIRANTE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 27 luglio 2005.