Ordinanza n. 318 del 2005

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ORDINANZA N. 318

ANNO 2005

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Piero Alberto                         CAPOTOSTI               Presidente

-  Fernanda                               CONTRI                       Giudice  

-  Guido                                    NEPPI MODONA            “

-  Annibale                                MARINI                            “

-  Franco                                   BILE                                  “

-  Giovanni Maria                     FLICK                               “

-  Francesco                              AMIRANTE                      “

-  Ugo                                       DE SIERVO                      “

-  Romano                                 VACCARELLA                “

-  Paolo                                     MADDALENA                 “

-  Alfio                                      FINOCCHIARO               “

-  Alfonso                                 QUARANTA                    “

-  Franco                                   GALLO                             “

-  Luigi                                      MAZZELLA                      “

-  Gaetano                                 SILVESTRI                        “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 86, comma 1, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), come sostituito dall’art. 1, comma 1, lettera q), del decreto legislativo 27 aprile 2001, n. 193 (Disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 26 febbraio 1999, n. 46, e 13 aprile 1999, n. 112, in materia di riordino della disciplina relativa alla riscossione), promosso con ordinanza del 23 giugno 2004 dal Giudice di pace di Sorgono nel procedimento civile vertente tra Ugo Tatti, la s.p.a. Bipiesse ed altro, iscritta al n.  771 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2004.

  Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella Camera di consiglio del 6 luglio 2005 il Giudice relatore Franco Gallo.

Ritenuto che, nel corso di un giudizio promosso ai sensi dell’art. 22 della legge 24 novembre  1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), il Giudice di pace di Sorgono, con ordinanza del 23 giugno 2004, ha sollevato, in riferimento agli artt. «77» (recte: 76), 3 e 53 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 86, comma 1, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), come sostituito dall’art. 1, comma 1, lettera q), del decreto legislativo 27 aprile 2001, n. 193 (Disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 26 febbraio 1999, n. 46, e 13 aprile 1999, n. 112, in materia di riordino della disciplina relativa alla riscossione);

che il rimettente premette che il giudizio ha ad oggetto l’opposizione avverso l’atto con il quale la società concessionaria per la riscossione dei tributi aveva comunicato al ricorrente, ai sensi del comma 2 del citato art. 86, l’iscrizione nel pubblico registro automobilistico del fermo di un autoveicolo di sua proprietà per il mancato pagamento di una cartella esattoriale;

che il giudice a quo premette altresì che il ricorrente ha dedotto che la cartella esattoriale riguardava una sanzione amministrativa iscritta a ruolo, ma ormai caduta in prescrizione per il decorso di cinque anni, ai sensi dell’art. 28 della legge n. 689 del 1981;

che, quanto alla rilevanza della questione sollevata, il giudice rimettente afferma che questa, riguardando la norma che prevede il fermo, incide sul provvedimento oggetto di opposizione, «a prescindere da ulteriori accertamenti in ordine al potere/dovere del Concessionario di procedere a riscossione»;

che, quanto alla non manifesta infondatezza della questione stessa, il rimettente afferma, tra l’altro, che: a) «la nuova legittimazione ad applicare il fermo amministrativo – trasferita da un’Autorità pubblica […] ad un soggetto privato – appare realizzata con qualche disinvoltura legislativa: la delega al Governo, infatti, […] non ne contiene alcun cenno, mentre è molto analitica e precisa nell’individuare altri temi oggetto di delega, di indubbia minor rilevanza sociale»; b) «l’istituto del fermo […] sembra introdurre una differenza di trattamento fra gli utenti, dividendoli in due grandi classi: quelli titolari di beni mobili iscritti in pubblici registri (ordinariamente autoveicoli, spesso indispensabile mezzo di lavoro) e quelli titolari di altri beni (non necessariamente, per questo, meno abbienti o contributivamente meno capaci, rispetto ai primi)»;

che, inoltre, il giudice a quo osserva che il regolamento interministeriale previsto dall’art. 86, comma 4, del d.P.R. n. 602 del 1973 – che «avrebbe dovuto definire le modalità di attuazione del fermo» – «non risulta essere stato mai adottato», mentre il regolamento adottato con il decreto ministeriale 7 settembre 1998, n. 503 (Regolamento recante norme in materia di fermo amministrativo di veicoli a motore ed autoscafi, ai sensi dell’articolo 91-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, introdotto con l’articolo 5, comma 4, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30), cui il concessionario fa riferimento in via di analogia nell’atto impugnato, non presenterebbe in realtà molte analogie con la normativa sul fermo introdotta nel 2001, sia perché «anteriore alla nuova disciplina», sia perché «subordinato alla condizione del “mancato reperimento del bene” da pignorare, oggi non più richiesta»;

che, sulla base di tali considerazioni, il rimettente ritiene che la disposizione censurata contrasti con gli artt. 76 («per aver ecceduto la delega del Parlamento»), 3 e 53 della Costituzione («per aver introdotto una disciplina che diversifica i cittadini, con criterio diverso da quello della “capacità contributiva”»);

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso  dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata non fondata, osservando, tra l’altro: a) che il denunziato eccesso di delega sarebbe insussistente, in quanto il legislatore delegato avrebbe attuato la delega nell’ambito della discrezionalità concessagli dalla legge di delegazione, volta al riordino del sistema di riscossione e del rapporto con i concessionari e con i commissari governativi, «al fine di conseguire un miglioramento dei risultati della riscossione mediante ruolo e rendere più efficace ed efficiente l’attività dei concessionari e dei commissari stessi» (art. 1, comma 1, della legge di delegazione 28 settembre 1998, n. 337, recante «Delega al Governo per il riordino delle disciplina relativa alla riscossione»); b) che la mancata emanazione di un nuovo regolamento ai sensi  dell’art. 86, comma 4, del d.P.R. n. 602 del 1973 non impedirebbe al concessionario di disporre il fermo, dovendosi ancora applicare le disposizioni di cui al citato d.m. n. 503 del 1998 (attuative del previgente art. 91-bis dello stesso d.P.R. n. 602 del 1973), in forza del principio secondo cui il regolamento di attuazione di una disposizione abrogata resterebbe in vigore fino all’approvazione del nuovo regolamento, limitatamente alle parti non incompatibili con la disciplina sopravvenuta; c) che il richiamo all’art. 53 Cost. sarebbe inconferente, perché, nel caso in esame, non verrebbe in rilievo il principio della capacità contributiva, vertendosi in materia di disciplina processuale dell’imposizione, ovvero in materia sanzionatoria; d) che la dedotta violazione dell’art. 3 Cost. sarebbe insussistente, in quanto fondata sul confronto tra soggetti e situazioni non comparabili.

Considerato che il Giudice di pace di Sorgono dubita, in riferimento agli artt. 76,  3 e 53 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 86, comma 1, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), nel testo sostituito dall’art. 1, comma 1, lettera q), del decreto legislativo 27 aprile 2001, n. 193 (Disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 26 febbraio 1999, n. 46, e 13 aprile 1999, n. 112, in materia di riordino della disciplina relativa alla riscossione);

che tale disposizione prevede che, decorso inutilmente il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento, «il concessionario può disporre il fermo dei beni mobili del debitore o dei coobbligati iscritti in pubblici registri, dandone notizia alla direzione regionale delle entrate ed alla regione di residenza»;

che il Giudice di pace premette che il giudizio principale ha ad oggetto l’opposizione avverso il fermo di un autoveicolo di proprietà del destinatario di una cartella esattoriale emessa per il mancato pagamento di una sanzione amministrativa e che tale opposizione si fonda sulla eccepita prescrizione del diritto dell’erario alla riscossione della somma iscritta a ruolo per il decorso di cinque anni dal giorno della commessa violazione, ai sensi dell’art. 28, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689;

che, secondo il rimettente, la norma censurata avrebbe ecceduto la delega, di cui alla legge 28 settembre 1998, n. 337 (Delega al Governo per il riordino della disciplina relativa alla riscossione), ed avrebbe «introdotto una disciplina che diversifica i cittadini, con criterio diverso da quello della “capacità contributiva”», a seconda che gli stessi siano titolari, o no, di beni mobili iscritti in pubblici registri;

che, inoltre, il giudice a quo osserva che il regolamento interministeriale previsto dall’art. 86, comma 4, del d.P.R. n. 602 del 1973 – che «avrebbe dovuto definire le modalità di attuazione del fermo» – «non risulta essere stato mai adottato», mentre il regolamento adottato con il decreto ministeriale 7 settembre 1998 n. 503 (Regolamento recante norme in materia di fermo amministrativo di veicoli a motore ed autoscafi, ai sensi dell’articolo 91-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, introdotto con l’articolo 5, comma 4, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30), cui il concessionario fa riferimento in via di analogia nell’atto impugnato, non presenterebbe in realtà molte analogie con la normativa sul fermo introdotta nel 2001, sia perché «anteriore alla nuova disciplina», sia perché «subordinato alla condizione del “mancato reperimento del bene” da pignorare, oggi non più richiesta»;

che lo stesso rimettente afferma la rilevanza della questione di legittimità costituzionale, in quanto questa incide sul provvedimento di fermo oggetto di opposizione, «a prescindere da ulteriori accertamenti in ordine al potere/dovere del Concessionario di procedere a riscossione»;

che sia la suddetta eccezione di prescrizione, sia i prospettati dubbi sull’applicabilità della norma censurata per la mancanza di uno specifico regolamento di attuazione pongono questioni preliminari di merito, la cui decisione può definire il giudizio principale indipendentemente dalla risoluzione della questione di costituzionalità sollevata;

che, tuttavia, il giudice a quo non ha in alcun modo motivato né sulla fondatezza dell’eccezione di prescrizione, subordinando ad «ulteriori accertamenti» ogni determinazione al riguardo, né sull’applicabilità della norma censurata in difetto di uno specifico regolamento di attuazione, limitandosi alla mera esposizione delle ragioni che osterebbero all’applicazione “analogica” del regolamento di cui al d.m. n. 503 del 1998;

che, pertanto, la sollevata questione di legittimità costituzionale è priva di motivazione sulla rilevanza e, quindi, manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 86, comma 1, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), come sostituito dall’art. 1, comma 1, lettera q), del decreto legislativo 27 aprile 2001, n. 193 (Disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 26 febbraio 1999, n. 46, e 13 aprile 1999, n. 112, in materia di riordino della disciplina relativa alla riscossione), sollevata, in riferimento agli artt. 76, 3 e 53 della Costituzione, dal Giudice di pace di Sorgono con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso, in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2005.

Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente

Franco GALLO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 22 luglio 2005.