ORDINANZA N. 305
ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Piero Alberto CAPOTOSTI Presidente
- Fernanda CONTRI Giudice
- Guido NEPPI MODONA “
- Annibale MARINI “
- Giovanni Maria FLICK “
- Francesco AMIRANTE “
- Ugo DE SIERVO “
- Romano VACCARELLA “
- Paolo MADDALENA “
- Alfio FINOCCHIARO “
- Alfonso QUARANTA “
- Franco GALLO “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 12 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), modificato dall’articolo 5-bis del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282 (Disposizioni urgenti in materia di adempimenti comunitari e fiscali, di riscossione e di procedure di contabilità) nel testo integrato dalla legge di conversione 21 febbraio 2003, n. 27 e dell’articolo 1, comma 2-decies, del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143 (Disposizioni urgenti in tema di versamento e riscossione di tributi, di Fondazioni bancarie e di gare indette dalla Consip S.p.a. nonché di alienazione di aree appartenenti al patrimonio e al demanio dello Stato), comma aggiunto dalla legge di conversione 1° agosto 2003, n. 212, promosso con ordinanza del 14 aprile 2004 dal Tribunale di Varese sull’istanza proposta da Pezzino Vincenzo, iscritta al n. 761 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2004.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 6 aprile 2005 il Giudice relatore Ugo De Siervo.
Ritenuto che il Tribunale di Varese, con ordinanza emessa il 14 aprile 2004, ed iscritta al n. 761 del reg. ord. del 2004, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 12 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), modificato dall’art. 5-bis del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27, e dell’art. 1, comma 2-decies, del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143 (Disposizioni urgenti in tema di versamento e riscossione di tributi, di Fondazioni bancarie e di gare indette dalla Consip s.p.a. nonché di alienazione di aree appartenenti al patrimonio e al demanio dello Stato), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003, n. 212, in relazione agli artt. 3, primo comma, 27, terzo comma, 79 e 111, primo comma, della Costituzione;
che l’art. 12 della legge n. 289 del 2002 stabilisce che «relativamente ai carichi inclusi in ruoli emessi da uffici statali e affidati ai concessionari del servizio nazionale della riscossione, fino al 31 dicembre 2000, i debitori possono estinguere il debito […] con il pagamento: a) di una somma pari al 25% dell’importo iscritto a ruolo» e «b) delle somme dovute al concessionario a titolo di rimborso per le spese sostenute».
che l’art. 1, comma 2-decies, del decreto-legge n. 143 del 2003, con norma di interpretazione autentica, stabilisce che ai fini dell’applicazione dell’art. 12 della legge n. 289 del 2002, per ruoli emessi da ufficiali statali si intendono quelli relativi ad entrate sia di natura tributaria che non tributaria;
che la norma, ad avviso del rimettente, avrebbe dissipato i dubbi in ordine alla applicabilità del «condono» previsto dall’art. 12 della legge finanziaria anche alle pene pecuniarie, di talché tali disposizioni renderebbero possibile il prodursi dell’effetto estintivo invocato dal ricorrente del giudizio a quo;
che per tale ragione, inoltre, il tribunale – che si dichiara a conoscenza del fatto che è già stata sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 12 della legge n. 289 del 2002 – ritiene di dover censurare anche l’art. 1, comma 2-decies, del decreto legge n. 143 del 2003;
che, in ordine alla rilevanza della questione, il rimettente osserva che attraverso l’applicazione delle norme censurate, il ricorrente, avendo già effettuato il pagamento in misura ridotta della somma dovuta a titolo di sanzione pecuniaria, dovrebbe beneficiare della dichiarazione di estinzione della pena;
che, quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo osserva che le disposizioni in questione contrasterebbero innanzitutto con l’art. 79 Cost., in quanto introdurrebbero un’ipotesi di «condono occulto», dal momento che sarebbero state approvate senza la procedura prevista dalla Costituzione e senza la previsione del termine di cui al secondo comma dell’art. 79;
che risulterebbe altresì violato l’art. 27, terzo comma, Cost., sia perché la rinuncia «unilaterale ed immotivata […] dello Stato all’esecuzione della pena così come irrogata dal giudice penale» determinerebbe il venir meno della funzione rieducativa della pena, sia per il fatto che l’estinzione delle pene prevista dalle disposizioni censurate si estenderebbe anche alle pene pecuniarie derivanti da sostituzione ex artt. 53 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, e che ai fini di tale sostituzione, l’art. 58 rinvia «a principi di prevenzione speciale ed alla funzione rieducativa della pena»;
che, inoltre, le disposizioni censurate violerebbero l’art. 3, primo comma, Cost., in quanto irragionevolmente equiparerebbero la disciplina del debitore fiscale a quella del condannato penale i cui debiti «hanno fonte, titolo e ragione del tutto diversa»: il debito fiscale infatti, troverebbe il proprio fondamento nell’art. 53 Cost., mentre l’esecuzione penale negli artt. 27, terzo comma, e 111, primo comma, Cost.;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che le questioni vengano rigettate in quanto infondate;
che, secondo la difesa erariale, il recupero delle somme dovute a titolo di pena pecuniaria inflitta con sentenza penale non sarebbe regolato dalla norma impugnata, ma da disposizioni speciali, in conseguenza della diversa natura di tali crediti rispetto agli ordinari crediti erariali;
che tale conclusione troverebbe conferma, da un lato, nel fatto che l’art. 5-bis del decreto-legge n. 282 del 2002 avrebbe limitato soggettivamente la norma all’amministrazione finanziaria, e, dall’altro, nella circostanza che la precisazione fatta dalla norma di interpretazione autentica, secondo la quale ai fini dell’art. 12 della legge n. 289 del 2002 per ruoli emessi da uffici statali si intendono «quelli relativi ad entrate sia di natura tributaria che non tributaria», interverrebbe in un contesto soggettivo riferito alla sola amministrazione finanziaria dello Stato;
che, secondo la difesa erariale, si dovrebbe quindi escludere che qualunque credito, per il solo fatto di essere iscritto a ruolo, sia condonabile;
che il contesto in cui la norma è inserita, nel Capo II del Titolo II della legge n. 289 del 2002 dedicato solo al concordato fiscale, nonché una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 12, indurrebbero ad escludere che si sia «voluto falcidiare per tre quarti qualsiasi credito dello Stato perciò solo che sia iscritto a ruolo», dal momento che una diversa interpretazione consentirebbe una sorta di esproprio senza indennizzo di crediti;
che, da ultimo, secondo l’Avvocatura dello Stato, l’art. 12 si riferirebbe ai soli carichi fiscali non strettamente tributari, secondo la definizione datane dall’art. 16 della legge n. 289 del 2002, intendendosi per tali quelli che vengono in considerazione nelle liti dinanzi alle commissioni tributarie o al giudice ordinario in cui è parte l’amministrazione finanziaria dello Stato.
Considerato che il Tribunale di Varese ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 12 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), modificato dall’art. 5-bis del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27, e dell’art. 1, comma 2-decies, del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143 (Disposizioni urgenti in tema di versamento e riscossione di tributi, di Fondazioni bancarie e di gare indette dalla Consip s.p.a. nonché di alienazione di aree appartenenti al patrimonio e al demanio dello Stato), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003, n. 212, in relazione agli artt. 3, primo comma, 27, terzo comma, 79 e 111, primo comma, della Costituzione;
che, successivamente all’ordinanza di rimessione, questa Corte ha deciso analoga questione concernente l’art. 12 della legge n. 289 del 2002 con l’ordinanza n. 433 del 2004;
che, con tale ordinanza, questa Corte ha dichiarato manifestamente infondata la questione allora sollevata, in quanto devono intendersi escluse dall’ambito di applicazione dell’art. 12 della legge n. 289 del 2002 – quale risulta anche a seguito dell’interpretazione autentica fornitane dall’art. 1, comma 2-decies, del decreto legge n. 143 del 2003, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 212 del 2003 – le pene pecuniarie, le quali non possono essere equiparate alle altre entrate dello Stato;
che, pertanto, anche le questioni in esame, fondate sul medesimo presupposto interpretativo di quella già dichiarata manifestamente infondata con la citata ordinanza n. 433 del 2004, devono ritenersi manifestamente infondate.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 12 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), modificato dall’art. 5-bis del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27, e dell’art. 1, comma 2-decies, del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143 (Disposizioni urgenti in tema di versamento e riscossione di tributi, di Fondazioni bancarie e di gare indette dalla Consip s.p.a. nonché di alienazione di aree appartenenti al patrimonio e al demanio dello Stato), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003, n. 212, in relazione agli artt. 3, primo comma, 27, terzo comma, 79 e 111, primo comma, della Costituzione, sollevate dal Tribunale di Varese con l’ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2005.
Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente
Ugo DE SIERVO, Redattore
Depositata in Cancelleria il 22 luglio 2005.