ORDINANZA N. 294
ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Piero Alberto CAPOTOSTI Presidente
- Fernanda CONTRI Giudice
- Guido NEPPI MODONA "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 27 ottobre 2004, relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dal deputato Vittorio Sgarbi nei confronti del dott. Paolo Ielo, promosso dalla Corte d’appello di Brescia, con ricorso depositato il 5 febbraio 2005 ed iscritto al n. 284 del registro ammissibilità conflitti.
Udito nella camera di consiglio dell’8 giugno 2005 il Giudice relatore Francesco Amirante.
Ritenuto che con ricorso del 31 gennaio 2005 la Corte d’appello di Brescia ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla delibera adottata il 27 ottobre 2004 (doc. IV-quater, n. 77) con la quale – in conformità alla proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere – è stato dichiarato che i fatti per i quali il deputato Vittorio Sgarbi è sottoposto a procedimento penale per il delitto di diffamazione a mezzo stampa riguardano opinioni espresse da quest’ultimo nell’esercizio delle sue funzioni parlamentari e sono, quindi, insindacabili ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;
che la Corte d’appello premette che il deputato Sgarbi, nel corso della trasmissione televisiva “Sgarbi quotidiani” del 28 dicembre 1995, aveva letto e commentato alcuni articoli di stampa nei quali si dava notizia che il G.I.P. del Tribunale di Milano, all’esito dell’udienza preliminare, aveva prosciolto alcuni imputati – tra i quali Fedele Confalonieri, presidente della società Mediaset proprietaria dell’emittente televisiva “Canale 5” – dal reato di finanziamento illecito al partito socialista italiano;
che, nel dare lettura dell’articolo pubblicato sull’argomento dal quotidiano “Il Messaggero” in data 23 dicembre 1995, il deputato Sgarbi aveva rivolto una serie di pesanti apprezzamenti nei confronti del dott. Paolo Ielo, all’epoca magistrato presso la Procura della Repubblica di Milano, ritenendolo responsabile della conduzione dell’inchiesta che si era poi conclusa col proscioglimento di Confalonieri e degli altri imputati;
che nel corso della medesima trasmissione, poi, era stata mandata in onda una parte dell’intervista resa da Confalonieri, il quale aveva fatto presente di essere stato inquisito per l’allestimento di stand in occasione del congresso del partito socialista, mentre per fatti identici – compiuti però in occasione di congressi di altri partiti, nella specie del partito comunista italiano – nessuna iniziativa era stata assunta dalla magistratura;
che a commento di tale intervista, Sgarbi aveva pronunciato una serie di frasi contro il dottor Ielo, ipotizzando un uso distorto della giustizia consistente nel trattare in modo diverso fatti sostanzialmente analoghi;
che, instauratosi, a seguito di querela da parte del dott. Ielo, il procedimento penale nei confronti dell’onorevole Sgarbi, il Tribunale di Brescia, con sentenza del 9 maggio 2002, aveva condannato quest’ultimo per il delitto di diffamazione aggravata;
che, proposto appello avverso tale sentenza ed intervenuta, nel frattempo, la legge 20 giugno 2003, n. 140, la Corte d’appello aveva trasmesso gli atti alla Camera dei deputati per le decisioni del caso e la Camera aveva votato per l’insindacabilità con la delibera oggetto di conflitto;
che la Corte d’appello di Brescia osserva che le frasi per le quali l’onorevole Sgarbi è imputato non paiono connesse con atti tipici della funzione parlamentare, non sussistendo alcun collegamento tra quest’ultima ed il commento svolto, nel corso di una trasmissione televisiva, sulle vicende giudiziarie di Confalonieri e non avendo la stessa difesa dell’imputato prodotto alcun atto idoneo a dimostrare che il deputato Sgarbi si fosse interessato alla menzionata vicenda processuale in veste di parlamentare;
che inoltre, alla luce della sentenza n. 120 del 2004 di questa Corte, che ha chiarito la portata e l’esatta interpretazione della legge n. 140 del 2003, il contenuto politico delle dichiarazioni rese dal deputato non consentirebbe, di per sé, di ricondurle all’esercizio delle funzioni parlamentari, tanto più che le dichiarazioni sono nel caso all’esame «piuttosto riconducibili alla libera manifestazione del pensiero garantita ad ogni cittadino»;
che il riferimento, contenuto anche nella delibera impugnata, al tema del finanziamento dei partiti politici, oggetto di ampia discussione in Parlamento, non sembra alla Corte d’appello pertinente, giacché la trasmissione televisiva in questione non aveva affatto come tema questo argomento, essendo piuttosto incentrata sulla critica all’operato della magistratura inquirente, nella specie identificata col dottor Ielo;
che, nonostante l’art. 3 della citata legge n. 140 del 2003 ricomprenda nella prerogativa dell’immunità anche le attività di divulgazione, di critica e di denuncia politica, è altrettanto vero che esse debbono risultare connesse con l’esercizio delle funzioni parlamentari;
che in base a tali considerazioni la Corte bresciana ritiene illegittima la delibera di insindacabilità adottata dalla Camera dei deputati e «solleva conflitto di attribuzione in ordine al corretto uso del potere di decidere sulla sussistenza dei presupposti di applicabilità dell’art. 68, primo comma, della Costituzione», così come esercitato dalla Camera nella delibera citata.
Considerato che in questa fase la Corte è chiamata, ai sensi dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a deliberare se il sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sia ammissibile, valutando, senza contraddittorio tra le parti, se ne sussistano i requisiti soggettivo ed oggettivo, impregiudicata rimanendo ogni definitiva decisione anche in ordine all’ammissibilità;
che, quanto al requisito soggettivo, la Corte d’appello di Brescia è legittimata a sollevare il conflitto, essendo competente a dichiarare definitivamente, in relazione al procedimento del quale è investita, la volontà del potere cui appartiene, in considerazione della posizione di indipendenza, costituzionalmente garantita, di cui godono i singoli organi giurisdizionali;
che analogamente la Camera dei deputati, che ha deliberato l’insindacabilità delle opinioni espresse da un proprio membro, è legittimata ad essere parte del conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere che rappresenta;
che, per quanto riguarda il profilo oggettivo del conflitto, la ricorrente denuncia la menomazione della propria sfera di attribuzione, garantita da norme costituzionali, in conseguenza dell’adozione, da parte della Camera dei deputati, di una deliberazione ove si afferma, in modo asseritamente illegittimo, che le opinioni espresse da un proprio membro rientrano nell’esercizio delle funzioni parlamentari, in tal modo godendo della garanzia di insindacabilità stabilita dall’art. 68, primo comma, della Costituzione;
che, pertanto, esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione spetta alla competenza della Corte.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dalla Corte d’appello di Brescia nei confronti della Camera dei deputati con il ricorso indicato in epigrafe;
dispone:
a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza alla ricorrente Corte di appello di Brescia;
b) che l’atto introduttivo e la presente ordinanza siano, a cura del ricorrente, notificati alla Camera dei deputati entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere poi depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, nella cancelleria di questa Corte entro il termine di venti giorni previsto dall’art. 26, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2005.
Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente
Francesco AMIRANTE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 19 luglio 2005.