ORDINANZA N. 256
ANNO 2005REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Piero Alberto CAPOTOSTI Presidente
- Guido NEPPI MODONA Giudice
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1-bis del decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18 (Disposizioni urgenti in materia di giudizio necessario secondo equità), introdotto, in sede di conversione, dalla legge 7 aprile 2003, n. 63, promosso dal Tribunale di Torre Annunziata, con ordinanza del 5 agosto 2004, sull’appello proposto da RAS Riunione adriatica di sicurtà s.p.a. contro G. A., iscritta al n. 891 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell’anno 2004.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 4 maggio 2005 il Giudice relatore Francesco Amirante.
Ritenuto che nel corso del giudizio di appello nei confronti di una sentenza emessa dal Giudice di pace di Torre Annunziata – che aveva condannato una società assicuratrice a restituire all’attore la somma di euro 85,53 a titolo di indebito aumento del premio di assicurazione – il Tribunale di quella città ha sollevato, in riferimento all’art. 24 Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 1-bis del decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18 (Disposizioni urgenti in materia di giudizio necessario secondo equità), introdotto, in sede di conversione, dalla legge 7 aprile 2003, n. 63;
che il remittente premette che l’art. 1 del d.l. n. 18 del 2003 ha modificato l’art. 113 cod. proc. civ. nel senso di sottrarre al giudizio di equità del giudice di pace le cause che, pur avendo valore inferiore a 1.100 euro, siano derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all’art. 1342 cod. civ., mentre il successivo art. 1-bis, introdotto in sede di conversione, ha disposto che tale regola si applichi esclusivamente ai giudizi instaurati con citazione notificata dal 10 febbraio 2003;
che il giudice a quo rammenta, inoltre, che l’art. 339, terzo comma, cod. proc. civ. rende inappellabili le sentenze del giudice di pace emesse secondo equità e che, secondo «orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, tale da costituire diritto vivente», le disposizioni processuali si applicano anche ai processi in corso, ove la legge non ponga una specifica disciplina transitoria;
che il Tribunale di Torre Annunziata specifica che il giudizio di cui si tratta è stato introdotto con citazione notificata il 23 dicembre 2002, che la sentenza di primo grado è stata depositata il 24 febbraio 2003 ed è stata notificata all’odierno appellante in data 27 febbraio 2003 e che l’appello è stato notificato il successivo 28 marzo 2003;
che la controversia, pertanto, pur rientrando tra quelle derivanti dai contratti di cui all’art. 1342 cod. civ., avrebbe dovuto essere decisa in primo grado secondo diritto, come risulta essere effettivamente avvenuto; d’altra parte, nel momento in cui l’appello è stato proposto non era ancora entrata in vigore la norma transitoria di cui al menzionato art. 1-bis, sicché la sentenza di primo grado doveva ritenersi appellabile;
che in pendenza del giudizio d’appello, invece, la norma impugnata è intervenuta a stabilire che la soppressione del giudizio di equità, con la conseguente appellabilità delle sentenze, valga per i soli giudizi introdotti dopo il 10 febbraio 2003, con la conseguenza che, essendo stato il giudizio in oggetto introdotto in epoca precedente, la parte appellata ha eccepito l’inammissibilità dell’appello;
che il Tribunale di Torre Annunziata dichiara che la questione di legittimità costituzionale dell’impugnato art. 1-bis è rilevante ai fini della decisione sulla suddetta eccezione ed è, altresì, non manifestamente infondata in riferimento all’art. 24 Cost., poiché la disposizione censurata, introdotta soltanto in sede di conversione del d.l. n. 18 del 2003, ha determinato la lesione del diritto di difesa dell’appellante il quale, pur avendo proposto a tempo debito l’unica forma di impugnazione in quel momento a lui consentita, «si vede di fatto privato del mezzo di impugnazione esperito nonché della facoltà di proporre ricorso per cassazione», essendo ormai scaduti i termini per il ricorso e non essendo applicabile in materia di impugnazioni l’istituto della rimessione in termini;
che la norma impugnata, quindi, viene ritenuta costituzionalmente illegittima nella parte in cui prevede che le disposizioni di cui al d.l. n. 18 del 2003, convertito nella legge n. 63 del 2003, si applicano solo ai giudizi introdotti con atto di citazione notificato dal 10 febbraio 2003 e non a tutti i giudizi comunque pendenti alla data di entrata in vigore del decreto medesimo; ed in subordine nella parte in cui non fa salvi gli effetti delle decisioni e delle impugnazioni proposte ai sensi della normativa contenuta nel predetto decreto-legge;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o manifestamente infondata;
che, secondo l’Avvocatura, la sentenza resa secondo diritto in primo grado è, nel caso specifico, comunque appellabile, poiché per le impugnazioni vale il principio tempus regit actum, con la conseguenza che nel giorno in cui venne notificato l’atto di appello (28 marzo 2003) non era stata ancora disposta la conversione in legge del d.l. n. 18 del 2003, sicché in base al sistema vigente in quel momento l’appello era l’unica impugnazione possibile e nessun valore potrebbe avere, ai fini della vicenda in esame, l’art. 1-bis del d.l. n. 18 del 2003, introdotto dalla citata legge n. 63 del 2003, pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 10 aprile 2003 ed entrata in vigore il successivo 11 aprile.
Considerato che il giudice remittente dubita, in riferimento all’art. 24 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’articolo 1-bis del decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18 (Disposizioni urgenti in materia di giudizio necessario secondo equità), introdotto in sede di conversione dalla legge 7 aprile 2003, n. 63, che stabilisce che la norma dell’art. 1 dello stesso decreto – la quale prescrive che siano decise secondo diritto e non secondo equità le cause relative a contratti conclusi secondo le modalità di cui all’articolo 1342 cod. civ. – si applichi solo alle controversie iniziate con citazione «notificata dal 10 febbraio 2003»;
che secondo il remittente tale norma, introdotta con la legge di conversione, in quanto di natura processuale sarebbe di immediata applicazione, ma in quanto valevole anche nei giudizi svoltisi nel vigore del testo originario del decreto-legge, non contenente la suindicata limitazione temporale, e quindi decisi secondo diritto con sentenze appellabili, finirebbe con il rendere ex post inammissibile l’appello, con lesione del diritto di difesa;
che il remittente chiede in via principale la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma censurata nella sua globalità ed in via subordinata in quanto essa non prevede «che siano salvi gli effetti delle impugnazioni proposte nella vigenza e secondo la disciplina del decreto legge»;
che va premesso che le contraddizioni sulle date di alcuni atti processuali in cui è incorsa l’ordinanza di rimessione (come data dell’atto introduttivo a volte è indicato il 23 dicembre 2002 a volte erroneamente il 23 dicembre 2003 e quella del deposito della sentenza impugnata a volte è fatta risalire al 24 febbraio 2003 a volte erroneamente al 24 febbraio 2004, ferma restando la data della notifica della sentenza, indicata nel 27 febbraio 2003) non impediscono la reale ricostruzione temporale della vicenda processuale, né la ricostruzione del percorso logico-giuridico del remittente, le cui argomentazioni non sono condivisibili perché si fondano su di un presupposto erroneo;
che l’affermazione, in caso di successione di norme processuali, della loro immediata applicabilità non ne comporta, contrariamente a ciò che apoditticamente si ritiene nell’ordinanza di rimessione, l’applicazione anche agli atti già compiuti ed alle situazioni già esaurite;
che il giudice remittente è convinto di dover fare applicazione in grado di appello della norma censurata, introdotta solo dalla legge di conversione e quindi entrata in vigore (art. 15, comma 5, della legge 23 agosto 1988, n. 400) quando non soltanto la controversia in primo grado era stata decisa nella vigenza del sistema normativo di cui al testo originario del decreto-legge, ma era addirittura spirato il termine breve per l’impugnazione (appello), ritualmente proposto secondo detto sistema;
che siffatto ragionamento postula l’applicazione della norma sopravvenuta ad atti già compiuti ed a situazioni già esaurite;
che, pertanto, non può in alcun modo verificarsi il paventato effetto di privazione di un mezzo impugnazione validamente esperito dalla parte e di conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado a causa dello spirare dei termini per la proposizione del ricorso per cassazione;
che da tanto consegue l’implausibilità della motivazione sulla rilevanza della questione e la manifesta inammissibilità della medesima.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1-bis del decreto-legge 8 febbraio 2003, n. 18 (Disposizioni urgenti in materia di giudizio necessario secondo equità), introdotto, in sede di conversione, dalla legge 7 aprile 2003, n. 63, sollevata, in riferimento all’art. 24 della Costituzione, dal Tribunale di Torre Annunziata con l’ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2005.
Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente
Francesco AMIRANTE, Redattore
Depositata in Cancelleria l'1 luglio 2005.