ORDINANZA N. 207
ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Piero Alberto CAPOTOSTI Presidente
- Fernanda CONTRI Giudice
- Guido NEPPI MODONA ”
- Annibale MARINI ”
- Franco BILE ”
- Giovanni Maria FLICK ”
- Francesco AMIRANTE ”
- Ugo DE SIERVO ”
- Romano VACCARELLA ”
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 12, ultimo comma, della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (Delega al Governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione, e per la sperimentazione organizzativa e didattica), e art. 39, comma quinto, del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 163 (Riordinamento degli osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano), promosso con ordinanza del 24 marzo 2003 dal Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia sul ricorso proposto da Danziger Ivan John contro l’Istituto nazionale di astrofisica ed altro, iscritta al n. 329 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell’anno 2003.
Visto l’atto di costituzione di Danziger Ivan John nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 22 marzo 2005 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;
udito l’avvocato dello Stato Giuseppe Nucaro per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, ultimo comma, della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (Delega al Governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione, e per la sperimentazione organizzativa e didattica) e dell’art. 39, comma quinto, del decreto Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 163 (Riordinamento degli osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano), per violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione;
che le norme impugnate prevedono, rispettivamente, che entro il termine di due anni «il Governo è delegato ad emanare norme per rivedere gli ordinamenti degli osservatori astronomici, astrofisico e vesuviano (…)»; nonché, in attuazione della suddetta delega, che il personale di ricerca ordinario, straordinario e associato dei suddetti osservatori «è collocato a riposo al compimento del sessantacinquesimo anno di età»;
che il giudice rimettente premette, nella ricostruzione del “fatto” della vicenda sottoposta all’esame della Corte, che il ricorrente aveva chiesto il collocamento fuori ruolo per un periodo di tre anni ai sensi del combinato disposto dell’art. 19 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica), dell’art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 239 (Disposizioni sul collocamento fuori ruolo dei professori universitari), nonché dell’art. 1, comma 30, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), assumendo l’equiparazione tra professori universitari ed astronomi degli osservatori astronomici;
che la domanda non è stata accolta, in quanto secondo l’amministrazione si applicherebbe la «norma speciale» di cui all’art. 39, ultimo comma, del d.P.R. n. 163 del 1982, oggetto di impugnazione;
che a fondamento del ricorso è stato dedotto che la suddetta disposizione non sarebbe finalizzata ad escludere l’applicazione «dell’autonomo e distinto istituto del “fuori ruolo” ma solo a riaffermare il principio generale in tema di età per il collocamento a riposo», in quanto «l’esclusione del fuori ruolo per gli astronomi ordinari avrebbe potuto essere previsto solo con norma esplicita»;
che, «in via subordinata», il ricorrente ha chiesto che venisse sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 39, ultimo comma, del d.P.R. n. 163 del 1982 per contrasto con l’art. 76 della Costituzione, in quanto l’art. 12, ultimo comma, della legge delega non fornirebbe alcun criterio direttivo al legislatore e, inoltre, perché il legislatore delegato avrebbe dettato una norma in stridente contrasto con il criterio direttivo posto dall’art. 12, lettera p), della legge n. 28 del 1980, secondo cui i professori ordinari possono essere collocati fuori ruolo, a richiesta, dopo il compimento del sessantacinquesimo anno di età;
che il ricorrente nel giudizio a quo ha prospettato, altresì, la violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, per assunto trattamento deteriore degli astronomi ordinari, non solo nei confronti dei professori universitari (ordinari e associati), ma anche con riguardo alle altre categorie di vertice del personale non contrattualizzato che sono collocate a riposo al compimento del settantesimo anno di età;
che, ricostruito nei termini indicati il contenuto del ricorso, il giudice a quo espone che il ricorrente avrebbe chiesto «l’applicazione della normativa che prevede il collocamento a riposo dall’inizio dell’anno accademico successivo al compimento del settantesimo anno di età (…) salva la facoltà di avvalersi di quanto previsto dall’art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503» recante “Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell’art. 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421”;
che a fronte di questa richiesta l’amministrazione ha «sostanzialmente» respinto la domanda, in quanto alla fattispecie dovrebbe applicarsi, perché speciale rispetto alla disposizione contenuta nella legge n. 239 del 1990, l’impugnato art. 39, quinto comma, del d.P.R. n. 163 del 1982;
che il giudice rimettente sostiene l’impossibilità di postulare una piena equiparazione tra professori universitari e astronomi, in quanto, da un lato, gli artt. 39 e 40 del d.P.R. n. 163 del 1982 prevedono una estensione agli astronomi ordinari delle norme di stato giuridico relative ai professori universitari soltanto in quanto compatibili, dall’altro, il quinto comma dell’art. 39 stabilisce esplicitamente con norma speciale che gli astronomi siano collocati a riposo al compimento del sessantacinquesimo anno di età;
che il TAR chiarisce, inoltre, che il ricorrente aveva chiesto il collocamento a riposo dopo il compimento del settantesimo anno di età e non il collocamento fuori ruolo per un triennio successivo al compimento del settantesimo anno, come ritenuto erroneamente dall’Osservatorio astronomico di Trieste nella propria richiesta di parere all’Istituto nazionale di astrofisica;
che la decisione adottata successivamente dall’Istituto nazionale di astrofisica, aggiunge il rimettente, «fa comunque giustizia di ogni equivoco perché (…) statuisce per l’esclusiva applicabilità della norma speciale desumibile dall’art. 39, quinto comma, del d.P.R. n. 163 del 1982»;
che, sulla base delle argomentazioni sin qui riportate, il primo motivo di ricorso dovrebbe essere, secondo il TAR, rigettato, in applicazione della normativa da ultimo richiamata;
che, nondimeno, tale norma – pur non contrastando, come ritenuto dal ricorrente, con l’art. 3 della Costituzione, attesa la diversità di posizione degli astronomi rispetto ai professori universitari, essendo i primi privi di competenze didattiche e neppure assoggettabili all’istituto del fuori ruolo, «posto che la loro attività continuerebbe ad essere svolta come prima e senza alcuna sostanziale modificazione» – contrasterebbe con l’art. 76 della Costituzione;
che tale violazione deriverebbe dal fatto che l’art. 12, ultimo comma, della legge delega, non conterrebbe alcun principio e criterio direttivo limitandosi a statuire che «entro il termine di cui al secondo comma dell’art. 1 il Governo è delegato ad emanare norme per rivedere gli ordinamenti degli osservatori astronomici, astrofisico e vesuviano (…)»;
che l’eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale del predetto art. 12 «si ripercuoterebbe (…) necessariamente sulla legge delegata che diventerebbe a sua volta incostituzionale per violazione dell’art. 77, primo comma, della Costituzione e non potrebbe più essere applicata»;
che la rilevanza della questione viene motivata dal giudice a quo sulla base del rilievo che se venisse dichiarata l’illegittimità delle norme denunciate, in assenza di specifica normativa, dovrebbe applicarsi per analogia «la normativa della categoria affine rappresentata dai professori universitari»;
che si è costituito il ricorrente nel giudizio a quo chiedendo l’accoglimento della questione nei termini prospettati dal Tribunale rimettente, con riserva di formulare ulteriori deduzioni;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo, in via preliminare, che la questione venga dichiarata inammissibile per carente motivazione sulla rilevanza;
che, in particolare, secondo la difesa erariale il giudice a quo non avrebbe descritto in maniera esaustiva la fattispecie concreta, non indicando gli elementi di fatto della controversia e non potendosi gli stessi desumere dagli atti del giudizio;
che, nel merito, l’Avvocatura chiede che la questione venga dichiarata non fondata;
che i principî e criteri direttivi, per quanto non espressamente indicati nell’ultimo comma dell’art. 12 della legge delega n. 28 del 1980, sarebbero ricavabili dagli stessi principî e criteri indicati dai restanti commi dell’articolo suddetto «che per quanto facciano diretto riferimento al personale delle Università appaiono, nell’intento del legislatore delegante, estensibili agli osservatori con salvezza (…) della specificità delle posizioni rivestite dal personale degli osservatori stessi»;
che la difesa erariale aggiunge, inoltre, che la differenza di contenuto dell’art. 39, ultimo comma, del d.P.R. n. 163 del 1982 rispetto ai principî e criteri direttivi di cui all’art. 12 della legge n. 28 del 1980 dovrebbe ascriversi «alla peculiarità del personale di ricerca degli osservatori, nel caso di specie equiparato al personale civile dello Stato»;
che nel corso dell’udienza pubblica l’Avvocatura generale dello Stato ha chiesto che la Corte valuti la possibilità di una restituzione degli atti al giudice rimettente a seguito della sopravvenuta modifica dell’art. 16 (la cui rubrica reca Prosecuzione del rapporto di lavoro) del decreto legislativo n. 503 del 1992 ad opera dell’art. 1-quater del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136 (Disposizioni urgenti per garantire la funzionalità di taluni settori della pubblica amministrazione), introdotto, in sede di conversione, dalla legge 27 luglio 2004, n. 186.
Considerato che il giudice rimettente impugna gli artt. 12, ultimo comma, della legge n. 28 del 1980 e 39, comma quinto, del d.P.R. n. 163 del 1982, nella parte in cui dispongono rispettivamente che: entro il termine di due anni «il Governo è delegato ad emanare norme per rivedere gli ordinamenti degli osservatori astronomici, astrofisico e vesuviano (…)»; nonché, in attuazione della suddetta delega, che il personale di ricerca ordinario, straordinario e associato dei suddetti osservatori «è collocato a riposo al compimento del sessantacinquesimo anno di età»;
che, in via preliminare, è bene chiarire che la sopravvenuta modifica dell’art. 16 del d.lgs. n. 503 del 1992 ad opera dell’art. 1-quater del decreto-legge n. 136 del 2004 – limitandosi a prevedere la facoltà per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, con talune eccezioni ivi indicate, di richiedere il trattamento in servizio fino al compimento del settantesimo anno di età – non incide sul quadro normativo rilevante ai fini del presente giudizio di costituzionalità e, dunque, non si profila la necessità di una restituzione degli atti al giudice rimettente;
che il Tribunale amministrativo, in punto di non manifesta infondatezza della questione sollevata, assume che tali norme violano gli artt. 76 e 77 della Costituzione e non anche, come, tra l’altro, ritenuto dal ricorrente, l’art. 3 della Costituzione per assunto ingiustificato trattamento degli astronomi – per i quali il collocamento a riposo è previsto al compimento del sessantacinquesimo anno di età – rispetto ai professori universitari che, invece, sono collocati a riposo al compimento del settantesimo anno di età ex art. 19 del d.P.R. n. 382 del 1980;
che il rimettente ha ritenuto l’eccezione di incostituzionalità relativa all’art. 3 della Costituzione manifestamente infondata, in quanto «le rispettive prestazioni lavorative» degli astronomi e dei professori universitari «presentano una sostanziale diversità», atteso che i primi «svolgono in via istituzionale attività di ricerca e non hanno competenze didattiche (…)»;
che il giudice a quo, dopo avere svolto le enunciate argomentazioni, ha ritenuto, in punto di rilevanza della questione, che l’eventuale accoglimento della stessa comporterebbe, in assenza di qualsiasi specifica normativa, «la necessità di applicare per analogia la norma della categoria affine rappresentata dai professori universitari»;
che il suddetto giudizio sulla rilevanza risulta contraddittorio e non adeguatamente motivato: il TAR, infatti, afferma che, qualora la norma impugnata venisse dichiarata illegittima, si applicherebbe «per analogia» quella stessa normativa relativa alla docenza universitaria che nel rigettare l’eccezione di incostituzionalità, per violazione dell’art. 3 della Costituzione, aveva ritenuto essere caratterizzata da «sostanziale diversità» rispetto alla disciplina concernente gli astronomi ordinari;
che tale diversa valutazione delle medesime disposizioni da parte del Tribunale amministrativo regionale assume valenza contraddittoria nel presente giudizio di costituzionalità alla luce della considerazione che, invero, in assenza della norma impugnata, la regolamentazione del collocamento a riposo degli astronomi ordinari potrebbe rinvenire il proprio fondamento nella normativa generale sugli impiegati civili dello Stato (art. 4 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, recante “Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato”);
che tale normativa – la quale prevede quale regola generale il collocamento a riposo alla stessa età (sessantacinquesimo anno) stabilita per gli astronomi ordinari – non è, invece, presa in considerazione dal rimettente ai fini della valutazione della sua eventuale incidenza sulla fattispecie oggetto del giudizio a quo;
che tali carenze motivazionali rendono manifestamente inammissibile la questione sollevata.
per questi motivi
LA CORTE COSTITZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, ultimo comma, della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (Delega al Governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione, e per la sperimentazione organizzativa e didattica) e dell’art. 39, comma quinto, del d.P.R. 10 marzo 1982, n. 163 (Riordinamento degli osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano), sollevata, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2005.
Piero Alberto CAPOTOSTI, Presidente
Alfonso QUARANTA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 26 maggio 2005.