ORDINANZA N. 152
ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Fernanda CONTRI Presidente
- Guido NEPPI MODONA Giudice
- Piero Alberto CAPOTOSTI “
- Annibale MARINI “
- Franco BILE “
- Giovanni Maria FLICK “
- Francesco AMIRANTE “
- Ugo DE SIERVO “
- Romano VACCARELLA “
- Paolo MADDALENA “
- Alfio FINOCCHIARO “
- Alfonso QUARANTA “
- Franco GALLO “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 3 e 5, commi da 1 a 11, del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università, a norma dell'articolo 6 della L. 30 novembre 1998, n. 419), promossi con ordinanze del 1° marzo 2001, del 23 gennaio 2001 (n. 2 ordinanze), del 18 gennaio 2001, del 23 gennaio 2001 (n. 2 ordinanze), del 4 dicembre 2000, del 5 luglio e del 22 novembre 2001 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, rispettivamente iscritte ai nn. 551, 558, 559, 726, 727, 753 e 842 del registro ordinanze 2001 ed ai nn. 11 e 245 del registro ordinanze 2002 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 32, 38, 39 e 42, prima serie speciale, dell’anno 2001 e nn. 4 e 21, prima serie speciale, dell’anno 2002.
Visti gli atti di costituzione di Giorgio Agrifoglio ed altri, Rossella Appolloni ed altri, Guido Varesini e Giuseppe Chiumello, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 26 gennaio 2005 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.
Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione III, con nove ordinanze depositate il 4 dicembre 2000, il 18 e 23 gennaio 2001, il 1° marzo 2001, il 5 luglio 2001 ed il 22 novembre 2001, nel corso di giudizi promossi da docenti e ricercatori universitari delle facoltà di medicina e chirurgia (infra: medici universitari), solleva questione di legittimità costituzionale delle seguenti norme del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università, a norma dell'articolo 6 della L. 30 novembre 1998, n. 419): art. 5, comma 8, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione; art. 5, comma 7, in riferimento agli artt. 33 e 76 della Costituzione; art. 5, commi da 1 a 6 e da 8 a 11, nonché art. 3 – quest'ultimo nella parte in cui non prevede una partecipazione diretta degli organi universitari nelle scelte delle aziende ospedaliero-universitarie in materia di collegamento tra le attività di assistenza, didattica e ricerca – in riferimento agli artt. 33 e 76 della Costituzione;
che le ordinanze, con argomentazioni in larga misura coincidenti, censurano l'art. 5, comma 8, del d. lgs. n. 517 del 1999, il quale stabilisce un termine perentorio entro il quale i medici universitari esercitano o rinnovano l'opzione – prevista dal comma 7 – per l'esercizio di attività assistenziale intramuraria (c.d. attività assistenziale esclusiva), ovvero di attività libero-professionale extramuraria, disponendo che, in mancanza di comunicazione, si intende effettuata l'opzione per l'attività assistenziale esclusiva;
che, secondo i rimettenti, la norma, fissando il succitato termine indipendentemente dalla individuazione delle strutture destinate allo svolgimento dell'attività assistenziale intramuraria, si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, in quanto la loro preventiva identificazione configurerebbe un presupposto dell'opzione e, proprio per questo, la disposizione inciderebbe negativamente sulla compenetrazione tra attività assistenziale ed attività didattico-scientifica, in violazione dei principî di coerenza e ragionevolezza dell'ordinamento, nonché di buon andamento dell'amministrazione;
che, ad avviso del Tar, l'art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 517 del 1999 e le disposizioni ad esso sottese e connesse – ossia i commi da 1 a 6 e da 8 ad 11 – nonché l'art. 3, nella parte riguardante l'organizzazione interna delle aziende ospedaliero-universitarie, violerebbero gli artt. 33 e 76 della Costituzione;
che, in particolare, la configurazione dell'opzione per l'attività assistenziale esclusiva quale requisito per l'attribuzione degli incarichi di direzione dei programmi di cui al comma 4 della norma impugnata pregiudicherebbe la compenetrazione tra attività sanitaria assistenziale ed attività didattica e di ricerca scientifica, assoggettando l'attività assistenziale svolta dal medico universitario alle determinazioni organizzative del direttore generale dell'azienda ospedaliero- universitaria, in violazione del principio dell'autonomia universitaria;
che, secondo le ordinanze, l’attribuzione agli organi dell'università di compiti marginali nel coordinamento degli interessi concernenti l'insegnamento e la ricerca scientifica pregiudicherebbe lo svolgimento delle attività assistenziali <>, in violazione dell'art. 6, comma 1, lettera b), della legge 30 novembre 1998, n. 419;
che, ad avviso dei giudici a quibus, <> (ossia l'art. 5, commi da 1 a 6 e da 8 a 11, nonché l'art. 3 del d. lgs. n. 517 del 1999 <<in parte qua>>) si porrebbe in contrasto con gli artt. 33 e 76 della Costituzione, in quanto il divieto di attribuire al medico universitario, il quale non abbia scelto l'attività assistenziale esclusiva, la direzione delle strutture e dei programmi finalizzati alla integrazione di queste attività non garantirebbe <
che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto in tutti i giudizi, con separati atti di contenuto sostanzialmente coincidente, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili e comunque infondate;
che, secondo la difesa erariale, il d. lgs. 28 luglio 2000, n. 254, attribuendo ai medici universitari la facoltà di esercitare l'attività libero-professionale intramuraria in regime ambulatoriale presso i propri studi, nei casi di carenza di strutture e di spazi idonei all'interno delle aziende ospedaliero-universitarie, inciderebbe sulla fondatezza delle censure riferite all'art. 5, comma 8, del d. lgs. n. 517 del 1999;
che, ad avviso dell'interveniente, detta norma, fissando un termine perentorio per l'esercizio dell'opzione in esame, non sarebbe legata da alcun nesso con il comma 7, occorrendo in ogni caso considerare che i medici universitari, quando effettuano la scelta, sono consapevoli degli effetti che ne derivano;
che, secondo l'Avvocatura, le censure riferite all'art. 5, comma 7, cit., ed alle disposizioni ad esso sottese, sarebbero infondate, in quanto gli incarichi di direzione dei programmi del comma 4 sono stati ragionevolmente riservati ai medici universitari i quali, scegliendo il rapporto esclusivo, assicurano piena disponibilità per la loro realizzazione, ed inoltre le norme censurate non violerebbero il principio di compenetrazione tra attività assistenziale ed attività didattica e di ricerca, poiché i medici universitari che scelgono il rapporto non esclusivo continuano a svolgere l'attività di ricerca e didattica strumentale rispetto a quella assistenziale;
che, secondo la difesa erariale, le censure riferite all'art. 76 della Costituzione sarebbero infondate, dato che la legge-delega ha inteso rafforzare la collaborazione tra università e Servizio sanitario nazionale;
che nei giudizi promossi con le ordinanze di rimessione iscritte ai numeri 551, 558, 559 e 727 del registro ordinanze dell'anno 2001, si sono costituiti alcuni dei ricorrenti nei processi principali, facendo sostanzialmente proprie le conclusioni del Tar, censurando altresì l’art. 5, comma 10, del d. lgs. n. 517 del 1999.
Considerato che l'identità delle norme impugnate, delle censure proposte e dei parametri costituzionali invocati, nonché la sostanziale identità delle argomentazioni svolte nelle ordinanze di rimessione rendono opportuna la riunione dei giudizi;
che, successivamente alla pronunzia di tutte le ordinanze di rimessione, è sopravvenuto il decreto legge 29 marzo 2004, n. 81 (Interventi urgenti per fronteggiare situazioni di pericolo per la salute pubblica), convertito, con modificazioni, in legge 26 maggio 2004, n. 138, che ha modificato, con l’art. 2-septies, il comma 4 dell’art. 15-quater, del d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, il quale ora dispone che i dirigenti sanitari «possono optare, su richiesta da presentare entro il 30 novembre di ciascun anno, per il rapporto di lavoro non esclusivo, con effetto dal 1° gennaio dell'anno successivo. Le regioni hanno la facoltà di stabilire una cadenza temporale più breve. Il rapporto di lavoro esclusivo può essere ripristinato secondo le modalità di cui al comma 2. Coloro che mantengono l'esclusività del rapporto non perdono i benefici economici di cui al comma 5, trattandosi di indennità di esclusività e non di indennità di irreversibilità. La non esclusività del rapporto di lavoro non preclude la direzione di strutture semplici e complesse»;
che alla norma sopra richiamata, che ha innovato un peculiare profilo della disciplina del rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari, rinvia espressamente l’art. 5, comma 3, del d. lgs. n. 517 del 1999;
che, peraltro, in data posteriore ad otto delle ordinanze in esame è sopravvenuto l'atto di indirizzo e coordinamento approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 maggio 2001 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 184 del 9 agosto 2001), recante le linee guida concernenti i protocolli di intesa da stipulare tra regioni e università per lo svolgimento delle attività assistenziali delle università nel quadro della programmazione sanitaria nazionale e regionale, il quale, tra l'altro, stabilisce le direttive riguardanti le modalità della collaborazione tra detti enti, allo scopo di assicurare l'integrazione delle attività assistenziali, didattiche e di ricerca, fissando inoltre i criteri per l'organizzazione interna delle aziende ospedaliero-universitarie;
che, inoltre, questa Corte, con la sentenza 16 marzo 2001, n. 71, successivamente a sette delle ordinanze di rimessione, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale parziale dell'art. 15-nonies, comma 2, del d. lgs. n. 502 del 1992, disposizione alla quale espressamente rinviano il comma 3, nonché il comma 11 dell'art. 5 del d. lgs. n. 517 del 1999, entrambi oggetto di impugnazione da parte dei giudici a quibus;
che, in definitiva, gli atti legislativi e regolamentari sopra indicati, nonché la citata sentenza n. 71 del 2001 di questa Corte influiscono sul complessivo quadro normativo di riferimento nel quale si inscrivono i diversi profili delle questioni di legittimità costituzionale sollevate e, pertanto, impongono un nuovo esame da parte dei rimettenti dei termini delle questioni e della loro perdurante rilevanza.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 aprile 2005.
Fernanda CONTRI, Presidente
Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2005.