Ordinanza n. 136 del 2005

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ORDINANZA N. 136

 

ANNO 2005

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

 

- Fernanda      CONTRI                       Presidente

 

- Guido           NEPPI MODONA       Giudice

 

- Piero Alberto CAPOTOSTI               “

 

- Annibale       MARINI                       “

 

- Franco          BILE                             “

 

- Giovanni Maria FLICK                     “

 

- Francesco     AMIRANTE                 “

 

- Ugo              DE SIERVO                 “

 

- Romano        VACCARELLA          “

 

- Paolo            MADDALENA            “

 

- Alfio             FINOCCHIARO          “

 

- Alfonso        QUARANTA               “

 

- Franco          GALLO                        “

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’art. 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), promossi con ordinanze del 28 ottobre 2003 dal Tribunale di Caltanissetta, del 21 novembre 2003 dal Tribunale di Roma e del 5 febbraio 2004 dal Tribunale di Brescia, rispettivamente iscritte al n. 1174 del registro ordinanze 2003, e ai nn. 58 e 449 del registro ordinanze 2004 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 3 e 10, prima serie speciale, dell’anno 2004 e nella edizione straordinaria del 3 giugno 2004.

 

Visti gli atti di costituzione di M. D., di R. P. nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 26 gennaio 2005 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.

 

Ritenuto che, con ordinanza del 28 ottobre 2003 (r.o. n.1174 del 2003), il Tribunale di Caltanissetta, nel corso del procedimento penale a carico di M. D., all’epoca dei fatti senatore della Repubblica, imputato di diffamazione aggravata in concorso con altro, per avere, durante un programma televisivo, offeso la reputazione del Procuratore della Repubblica di Palermo pro tempore e dei suoi sostituti, asserendo che costoro esercitavano le loro funzioni in maniera illecita e persecutoria, ha sollevato, in riferimento agli artt. 68, primo comma, 3 e 24, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’art. 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato);

 

che, ad avviso del giudice a quo, la norma denunciata non si limiterebbe ad attuare l’art. 68, primo comma, della Costituzione – che circoscrive la garanzia della insindacabilità alle sole opinioni riconducibili agli atti ed alle procedure specificamente previsti dai regolamenti parlamentari, e, cioè, alle sole opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari tipiche, ovvero, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza costituzionale, alle dichiarazioni rese al di fuori del Parlamento di significato sostanzialmente corrispondente con opinioni già espresse nell’esercizio di dette funzioni – ampliandone invece sensibilmente la portata, e finendo, pertanto, per porsi in contrasto con la interpretazione che dell’art. 68, primo comma, è stata accolta dal giudice delle leggi;

 

che la norma censurata si porrebbe in contrasto anche con l’art. 3 della Costituzione, non apparendo la deroga di cui all’art. 68, primo comma, della stessa Costituzione legittimamente superabile attraverso una legge ordinaria che introduca solo per una determinata categoria di cittadini una causa di esclusione della punibilità inapplicabile alla generalità dei consociati; nonché con l’art. 24, primo comma, della Costituzione, in quanto ingiustificatamente ed irragionevolmente lesiva del diritto di difesa della persona offesa dal reato;

 

che nel giudizio innanzi alla Corte si è costituito l’imputato del procedimento a quo, che ha concluso per la inammissibilità o la infondatezza della questione;

 

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, che del pari ha concluso per la inammissibilità o la infondatezza della questione;

 

che la medesima questione di legittimità costituzionale è stata sollevata, in riferimento agli artt. 68, primo comma, 24 e 3 della Costituzione, con ordinanza del 21 novembre 2003 (r.o. n. 58 del 2004), dal Tribunale di Roma nel corso del procedimento civile intentato contro il deputato M. C., per risarcimento dei danni derivanti all’attore dalla pubblicazione su di un quotidiano di un articolo ritenuto diffamatorio;

 

che il giudice a quo sospetta la illegittimità costituzionale della norma di legge ordinaria con la quale si interpreta una norma costituzionale, con la previsione di una prerogativa per i parlamentari di fatto illimitata, ritenendo che in tal modo si sia snaturata la ratio dell’art. 68, primo comma, della Costituzione nella interpretazione offertane dalla Corte costituzionale;

 

che, ad avviso dello stesso rimettente, la disciplina di cui si tratta sarebbe anche in contrasto con l’art. 24 della Costituzione, comprimendo i diritti della persona offesa, cui si precluderebbe la tutela in sede giudiziaria, nonché con l’art. 3 della Costituzione, prevedendo una illimitata prerogativa a favore di una specifica categoria di cittadini, quella dei parlamentari, in violazione del principio di uguaglianza, con una compressione dei diritti fondamentali dell’individuo;

 

che nel giudizio innanzi alla Corte si è costituito l’attore nel giudizio principale, per sostenere le ragioni della incostituzionalità della norma denunciata;

 

che è altresì intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la inammissibilità o la infondatezza della questione;

 

che anche il Tribunale di Brescia, nel corso del procedimento penale a carico del deputato V.S., imputato del reato di diffamazione aggravata per le dichiarazioni rese nel corso di una trasmissione televisiva nei confronti di magistrati della Procura della Repubblica di Milano, ha sollevato, con ordinanza del 5 febbraio 2004 (r.o. n. 449 del 2004), questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, della legge n. 140 del 2003, in riferimento agli artt. 68, 3 e 24 della Costituzione, con argomentazioni analoghe a quelle già riferite;

 

che anche in tale giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, che ha concluso per la manifesta infondatezza della questione.

 

Considerato che tutte le ordinanze censurano la disciplina di cui all’art. 3, comma 1, della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’art. 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato) per contrasto con gli artt. 68, primo comma, 3 e 24 della Costituzione, in quanto essa, introdotta con una norma di legge ordinaria, amplierebbe la portata della garanzia di insindacabilità prevista dal predetto art. 68, primo comma, della Costituzione, come interpretato dal giudice delle leggi, a favore della sola categoria dei parlamentari, in violazione del principio di uguaglianza tra i cittadini, ed in contrasto altresì con l’art. 24 della Costituzione, sotto il profilo della irragionevole lesione del diritto di difesa della persona offesa dal reato in relazione al quale è applicabile la causa di esclusione della punibilità del parlamentare;

 

che, avendo tutte le ordinanze per oggetto la medesima questione, deve essere disposta la riunione dei relativi giudizi;

 

che questioni identiche, sollevate in riferimento anche ai medesimi parametri costituzionali, sono state già dichiarate infondate da questa Corte con la sentenza n. 120 del 2004, con la quale si è osservato che la norma in oggetto, nonostante la più ampia formulazione lessicale, può considerarsi di attuazione, in quanto finalizzata a rendere immediatamente e direttamente operativo sul piano processuale il disposto dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, senza innovare affatto rispetto alla predetta disposizione costituzionale, ma limitandosi a rendere esplicito il contenuto della disposizione medesima;

 

che, non risultando addotti profili o argomenti diversi o ulteriori rispetto a quelli già valutati nella citata sentenza n. 120 del 2004, le questioni devono essere dichiarate manifestamente infondate.

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

 

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, della legge 20 giugno 2003, n. 140 (Disposizioni per l’attuazione dell’art. 68 della Costituzione nonché in materia di processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato), sollevate, in riferimento agli artt. 68, primo comma, 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Caltanissetta, dal Tribunale di Roma e dal Tribunale di Brescia con le ordinanze indicate in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 marzo 2005.

 

Fernanda CONTRI, Presidente

 

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

 

Depositata in Cancelleria il 6 aprile 2005.