ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Fernanda CONTRI Presidente
- Guido NEPPI MODONA Giudice
- Piero Alberto CAPOTOSTI ”
- Annibale MARINI ”
- Franco BILE ”
- Giovanni Maria FLICK ”
- Francesco AMIRANTE ”
- Ugo DE SIERVO ”
- Romano VACCARELLA ”
- Paolo MADDALENA ”
- Alfio FINOCCHIARO ”
- Alfonso QUARANTA ”
- Franco GALLO ”
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 204-bis, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), disposizione introdotta dall’art. 4, comma 1-septies, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), aggiunto dalla legge di conversione 1° agosto 2003, n. 214, promossi con ordinanze del 24 febbraio 2004 dal Giudice di pace di Roma, sezione distaccata di Ostia, del 20 febbraio 2004 dal Giudice di pace di Marsiconuovo, del 22 marzo e del 16 febbraio (n. 2 ordinanze) 2004 dal Giudice di pace di Isili, rispettivamente iscritte ai nn. 683, da 808 a 811 del registro ordinanze 2004 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 33 e 43, prima serie speciale, dell’anno 2004.
Udito nella camera di consiglio del 26 gennaio 2005 il Giudice relatore Alfonso Quaranta.
Ritenuto che tutti i Giudici di pace meglio indicati in epigrafe hanno sollevato questione di legittimità costituzionale – adducendo, complessivamente, la violazione degli artt. 2, 3, 16, 24, 111 e 113 della Costituzione – dell’art. 204-bis, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), disposizione introdotta dall’art. 4, comma 1-septies, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), aggiunto dalla legge di conversione 1° agosto 2003, n. 214;
che in via preliminare, peraltro, deve chiarirsi – al fine di una corretta identificazione del thema decidendum – come il dubbio di costituzionalità prospettato dai giudici a quibus investa sempre la previsione normativa di cui al comma 3 dell’articolo suddetto (la quale, nell’ipotesi di ricorso proposto direttamente avverso il verbale di contestazione d’infrazione alle regole del codice della strada, stabilisce l’onere per chi agisce in giudizio di «versare presso la cancelleria del giudice di pace, a pena di inammissibilità del ricorso, una somma pari alla metà del massimo edittale della sanzione inflitta dall’organo accertatore»), e ciò quantunque, in quattro delle cinque ordinanze di rimessione summenzionate, tale norma non sempre risulti oggetto di una corretta indicazione;
che tale è, infatti, il caso delle ordinanze pronunciate dal Giudice di pace di Marsiconuovo (r.o. n. 808 del 2004) e Isili (r.o. nn. 809, 810 e 811 del 2004), atteso che il primo rimettente ha concluso per la declaratoria d’illegittimità costituzionale di un inesistente art. 204-bis, comma 3, della già menzionata legge n. 214 del 2003, mentre il secondo sembrerebbe investire con la propria iniziativa l’intero testo dell’art. 204-bis del codice della strada;
che, in realtà, non vi è dubbio che anche in tali casi la censura sollevata dai giudici rimettenti investa, come esplicitano chiaramente le argomentazioni dedotte a sostegno della stessa, la previsione normativa – introdotta dall’art. 4, comma 1-septies, del decreto-legge n. 151 del 2003, aggiunto dalla legge di conversione n. 214 del 2003 – contenuta nel comma 3 dell’art. 204-bis del d.lgs. n. 285 del 1992;
che ciò premesso in ordine all’oggetto dell’iniziativa assunta dai giudici rimettenti, deve ribadirsi come i parametri costituzionali da costoro complessivamente evocati consistano negli artt. 2, 3, 16, 24, 111 e 113 della Costituzione;
che, in particolare, tutti e tre i giudici a quibus dubitano della legittimità costituzionale dell’articolo 204-bis, comma 3, del d.lgs. n. 285 del 1992, per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione;
che, seppure con diverse sfumature, i rimettenti concordano nel ritenere che la previsione normativa suddetta, nel subordinare l’ammissibilità del ricorso giurisdizionale all’adempimento dell’onere economico consistente nel versamento di una somma pari alla metà del massimo edittale della sanzione inflitta dall’organo accertatore, discrimini i soggetti ricorrenti in relazione alle loro differenti condizioni economiche, in particolare precludendo (o comunque rendendo difficoltoso) l’accesso alla tutela giurisdizionale ai soggetti privi di adeguati mezzi economici;
che, inoltre, secondo i rimettenti, ad escludere l’evenienza da ultimo descritta, non potrebbe addursi il rilievo che i soggetti non abbienti possono in ogni caso presentare il ricorso amministrativo al prefetto (che non prevede il previo versamento della cauzione), giacché, se così fosse, dovrebbe allora concludersi – come assumono (o lasciano intendere) tutti i giudici a quibus – che il ricorso all’autorità giudiziaria sia un mezzo di tutela riservato esclusivamente ai soggetti economicamente agiati;
che si ipotizza, inoltre, in tutte le ordinanze di rimessione la violazione anche dell’art. 24 della Costituzione, giacché la prestazione imposta dalla norma impugnata – da un lato – ostacolerebbe l’esercizio del diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti soggettivi (in un settore, tra l’altro, caratterizzato dal fatto di non addossare alcun onere, né economico né tecnico, al cittadino), eliminando (o, comunque, comprimendo) la tutela per i non abbienti, e così rivelando come la finalità della riforma posta in essere dal legislatore del 2003 sia esclusivamente quella di creare un forte deterrente alla presentazione dei ricorsi al giudice di pace;
che è dedotta, inoltre, la violazione dell’art. 2 della Costituzione dal Giudice di pace di Isili (r.o. nn. 809, 810 e 811 del 2004), il quale – nel ribadire l’ingiusta (ed irragionevole) discriminazione che la norma impugnata realizzerebbe a carico dei soggetti privi di adeguati mezzi economici – sottolinea la violazione della norma costituzionale suddetta, atteso che tra i diritti inviolabili dell’uomo rientrerebbe pure quello all’eguaglianza, come valore assoluto della persona umana e diritto fondamentale dell’individuo;
che il contrasto, invece, con gli articoli 16, 111 e 113 della Costituzione è prospettato dal solo Giudice di pace Roma, sezione distaccata di Ostia (r.o. n. 683 del 2004);
che, a suo avviso, quanto al prospettato contrasto con l’art. 16 Cost., l’avvenuta «introduzione nel codice della strada del meccanismo della patente a punti di cui all’art. 126-bis», e con essa «la previsione del fermo amministrativo» del veicolo, renderebbe «a maggior ragione imprescindibile l’opponibilità avanti all’autorità giudiziaria degli atti di accertamento di violazioni al codice della strada», e ciò al fine di «garantire l’effettività del diritto stesso dei cittadini di poter liberamente circolare in “qualsiasi” parte del territorio nazionale»;
che, infine, in riferimento all’ipotizzato contrasto con gli articoli 111 e 113 della Carta fondamentale, il predetto giudice a quo si limita a rilevare come la disposizione impugnata vanifichi «l’intento di rendere accessibile la tutela giurisdizionale contro i provvedimenti della P.A.».
Considerato che i Giudici di pace meglio indicati in epigrafe hanno, tutti, sollevato questione di legittimità costituzionale – in relazione agli artt. 2, 3, 16, 24, 111 e 113 della Costituzione – dell’art. 204-bis, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), disposizione introdotta dall’art. 4, comma 1-septies, del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), aggiunto dalla legge di conversione 1° agosto 2003, n. 214;
che tutte le questioni sollevate, per la loro evidente connessione, vanno trattate congiuntamente, per cui va disposta la riunione dei relativi giudizi;
che questa Corte, investita di analoghe questioni aventi ad oggetto sempre l’art. 204-bis, comma 3, del d.lgs. n. 285 del 1992, ha concluso nel senso dell’illegittimità costituzionale di tale disposizione (sentenza n. 114 del 2004);
che, pertanto, in relazione alle questioni sollevate da tutti gli odierni rimettenti deve darsi atto che questa Corte ha già affermato che l’imposizione dell’onere economico di cui all’art. 204-bis, comma 3, del d.lgs. n. 285 del 1992 finisce «con il pregiudicare l’esercizio di diritti che l’art. 24 della Costituzione proclama inviolabili, considerato che il mancato versamento comporta un effetto preclusivo dello svolgimento del giudizio, incidendo direttamente sull’ammissibilità dell’azione esperita» (così sentenza n. 114 del 2004);
che, dunque, alla stregua di tale sopravvenuta decisione vanno restituiti gli atti ai suddetti giudici a quibus.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
ordina la restituzione degli atti ai Giudici di pace di Roma, sezione distaccata di Ostia, Marsiconuovo ed Isili.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 febbraio 2005.
Fernanda CONTRI, Presidente
Alfonso QUARANTA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 10 marzo 2005.