ORDINANZA N.441
ANNO 2004
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Valerio ONIDA Presidente
- Carlo MEZZANOTTE Giudice
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 409, comma 5, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza del 10 marzo 2003 dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Aversa, nel procedimento penale a carico di M. R., iscritta al n. 325 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell’anno 2003.
Udito nella camera di consiglio del 1° dicembre 2004 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.
Ritenuto che con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di S. Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Aversa, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 409, comma 5, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che — nel caso di formulazione dell’imputazione su ordine del giudice, a seguito di rigetto della richiesta di archiviazione — il pubblico ministero, prima di provvedere a tale adempimento, debba notificare all’indagato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, di cui all’art. 415-bis del codice di procedura penale;
che il giudice a quo riferisce che, in apertura di dibattimento, il difensore dell’imputato aveva eccepito la nullità del decreto di rinvio a giudizio del proprio assistito, per mancata notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, di cui all’art. 415-bis cod. proc. pen.;
che lo stesso difensore — per l’eventualità in cui si fosse ritenuto non dovuto tale avviso nel caso di specie, essendo stata l’imputazione formulata su ordine del giudice, a seguito del mancato accoglimento della richiesta di archiviazione — aveva altresì eccepito, in via subordinata, l’illegittimità costituzionale dell’art. 409, comma 5, cod. proc. pen.;
che il rimettente — condividendo i dubbi di costituzionalità della difesa — rileva una differenza di disciplina tra l’ipotesi «ordinaria» della richiesta del pubblico ministero di rinvio a giudizio, che deve essere preceduta dalla notificazione dell’avviso di cui all’art. 415-bis cod. proc. pen.; e l’ipotesi — verificatasi nel processo a quo — in cui il decreto di rinvio a giudizio origini dal mancato accoglimento della richiesta di archiviazione, e dalla conseguente formulazione dell’imputazione su ordine del giudice: ipotesi — questa seconda — nella quale non vi sarebbe invece pacificamente l’obbligo dell’avviso;
che si riscontrerebbe, dunque, una disparità di trattamento tra il soggetto che compare davanti al giudice a seguito della serie ordinaria degli atti processuali, fruendo delle opportunità offertegli dall’avviso in questione; ed il soggetto che compare a seguito di formulazione «coatta» dell’imputazione, il quale si vedrebbe viceversa privato di dette opportunità.
Considerato che questa Corte — pronunciando su questioni di legittimità costituzionale sostanzialmente analoghe a quella odierna, ancorché riferite a parametri solo in parte coincidenti (cfr. ordinanze n. 460 e n. 491 del 2002) — ha rilevato come la funzione dell’avviso di conclusione delle indagini, di cui all’art. 415-bis cod. proc. pen., sia chiaramente quella di consentire una «fase di contraddittorio» tra l’indagato ed il pubblico ministero, in ordine alla completezza delle indagini;
che tale ratio si riflette nell’espressa limitazione dell’obbligo di notificazione dell’avviso ai casi in cui il pubblico ministero non debba formulare richiesta di archiviazione: il riconoscimento di uno ius ad loquendum dell’indagato, sulla completezza delle indagini, è apparso infatti giustificato solo allorché il rappresentante dell’accusa intenda coltivare prospettive di esercizio dell’azione penale; altrimenti, esso si risolve in un «controllo» non soltanto «del tutto superfluo nel quadro delle garanzie che il sistema deve approntare, ma addirittura “anticipato” rispetto allo specifico scrutinio riservato al giudice per le indagini preliminari», in presenza di una richiesta di archiviazione;
che ove, peraltro — come nel giudizio a quo — l’esercizio dell’azione penale consegua all’ordine del giudice di formulare l’imputazione, previsto dall’art. 409, comma 5, cod. proc. pen. nel caso di mancato accoglimento dell’anzidetta richiesta, il contraddittorio sulla eventuale incompletezza delle indagini si esplica necessariamente nell’udienza in camera di consiglio che, ai sensi del comma 2 dello stesso articolo, il giudice è tenuto a fissare ove non accolga la richiesta di archiviazione del pubblico ministero;
che tale circostanza esclude dunque la configurabilità della violazione degli artt. 3 e 24 Cost., ventilata dal rimettente;
che la questione va dichiarata, pertanto, manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 409, comma 5, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Aversa, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 2004.
Valerio ONIDA, Presidente
Giovanni Maria FLICK, Redattore
Depositata in Cancelleria il 29 dicembre 2004.