Ordinanza n. 440 del 2004

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ORDINANZA N.440

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME  DEL  POPOLO  ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Valerio      ONIDA                                                     Presidente  

-  Carlo         MEZZANOTTE                                            Giudice  

-  Guido        NEPPI MODONA                                             ”

-  Piero Alberto CAPOTOSTI                                                 ”

-  Annibale    MARINI                                                            ”

-  Franco       BILE                                                                  ”

-  Giovanni Maria FLICK                                                        ”

-  Francesco  AMIRANTE                                                      ”

-  Ugo           DE SIERVO                                                      ”

-  Romano     VACCARELLA                                                ”

-  Paolo         MADDALENA                                                 ”

-  Alfio          FINOCCHIARO                                               ”

-  Alfonso     QUARANTA                                                     ”

-  Franco       GALLO                                                              ”

ha pronunciato la seguente                                                

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 69, comma 8 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), promosso con il ricorso della Regione Emilia-Romagna, notificato il 1° marzo 2003, depositato in cancelleria il 7 marzo successivo ed iscritto al n. 25 del registro ricorsi 2003.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 30 novembre 2004 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;

uditi l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Emilia-Romagna e l’avvocato dello Stato Giancarlo Mandò per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che, con ricorso del 28 febbraio 2003, depositato presso la cancelleria della Corte il successivo 7 marzo, la Regione Emilia-Romagna ha proposto questione di legittimità costituzionale in via principale, tra numerose disposizioni, anche dell’art. 69, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), ipotizzandone il contrasto con gli articoli 3 e 119 della Costituzione, e con il principio di ragionevolezza;

che ai sensi della disposizione impugnata – premette la ricorrente – «nell’ambito delle risorse finanziarie di cui ai decreti legislativi 18 maggio 2001, n. 227 e n. 228» (recanti, rispettivamente, “Orientamento e modernizzazione del settore forestale, a norma dell’articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57”, nonché “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57”), «un importo pari a 30 milioni di euro per l’anno 2003 è destinato all’Agenzia per le erogazioni in agricoltura per le esigenze connesse agli adempimenti di cui al regolamento (CEE) n. 729/70 del Consiglio, del 21 aprile 1970, ed al regolamento (CE) n. 1663/95 della Commissione, del 7 luglio 1995»;

che tale previsione legislativa, nel contemplare «un finanziamento destinato all’AGEA, per i pagamenti connessi all’attuazione di normativa comunitaria», parrebbe ignorare – sempre secondo la ricorrente – che presso la Regione Emilia-Romagna opera, in luogo dell’ente nazionale suddetto, un’apposita agenzia, istituita dalla legge regionale 23 luglio 2001, n. 21 (Istituzione dell’Agenzia regionale per le erogazioni in agricoltura – AG.R.E.A.), di talché l’impugnato articolo di legge avrebbe «escluso, senza alcuna ragione obiettiva di differenziazione, tale organismo dal finanziamento, in violazione degli articoli 119 e 3 della Costituzione, nonché del principio di ragionevolezza»;

che il finanziamento previsto in favore dell’AGEA risulterebbe, dunque, «discriminatorio nei riguardi della Regione, che non verrebbe a goderne esclusivamente per il fatto di aver provveduto alla costituzione di una propria organizzazione», e ciò quantunque essa abbia agito nell’esercizio di una facoltà espressamente riconosciutale dall’art. 3, comma 3, del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165 (Soppressione dell’AIMA e istituzione dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura – AGEA , a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59);

che su tali basi la Regione Emilia-Romagna ha concluso per l’accoglimento del ricorso, non senza osservare, però, che l’ipotizzata «discriminazione non vi sarebbe se la disposizione fosse da intendere nel senso che l’AGEA, una volta ricevuto il finanziamento, ha a sua volta l’obbligo di trasferire all’ente regionale la quota ad esso spettante», ragion per cui, precisa la ricorrente, l’impugnazione «è prospettata in via cautelativa, ove non fosse questa l’interpretazione esatta»;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto della questione, giacché, ove «davvero in Emilia-Romagna non operi l’AGEA, ma altra Agenzia regionale», da ciò non potrebbe «certo dedursi la irragionevolezza della norma che prevede un contributo all’AGEA», e ciò «per il sol fatto» che tale organismo «non operi nel territorio di una Regione»;

che con memoria depositata presso la cancelleria della Corte il 16 novembre 2004, l’Avvocatura generale dello Stato ha insistito affinché venga dichiarata «inammissibile e comunque infondata» la questione di legittimità costituzionale in esame;

che – ricostruite, preliminarmente, le vicende legislative che hanno portato all’istituzione, in Emilia-Romagna, dell’Agenzia regionale per le erogazioni in agricoltura, ai sensi di quanto previsto dalla citata legge regionale n. 21 del 2001 – la difesa erariale evidenzia come, sino ad oggi, soltanto alcune Regioni, al pari dell’odierna ricorrente, abbiano provveduto all’istituzione (così come previsto dall’art. 3, comma 3, del già menzionato d.lgs. n. 165 del 1999) dei c.d. “organismi pagatori regionali”, di talché l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), «oltre ad esercitare le funzioni proprie di coordinamento, supporto tecnico e di consulenza», continua tuttora ad operare «in via transitoria come organismo pagatore dello Stato italiano per l’erogazione di aiuti, contributi e premi comunitari previsti dalla normativa comunitaria e finanziati dal Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia»;

che, così ricapitolato il quadro normativo, l’Avvocatura generale dello Stato osserva che la disposizione di legge impugnata – nel destinare alla testé menzionata AGEA un importo pari a 30 milioni di euro, per l’anno 2003, per le esigenze connesse agli adempimenti di cui ai citati regolamenti comunitari – «afferisce a risorse statali già specificamente stanziate a carico del bilancio statale per la copertura degli interventi di cui ai menzionati decreti legislativi e non già a fondi di origine comunitaria, ed in particolare a quelli erogati dal FEOGA, sezione garanzia, la cui “gestione” è affidata agli organismi pagatori regionali»;

che, pertanto, «la “destinazione” all’AGEA della predetta somma prevista dalla disposizione in discussione non va intesa in alcun modo nel senso – ipotizzato dalla ricorrente – della correlativa esclusione dell’attribuzione all’AGREA (…) della quota di propria spettanza», attribuzione – sottolinea ancora la difesa statale – «che è in effetti avvenuta in base a convenzione stipulata con la stessa AGREA, secondo la proposta di riparto dei fondi destinati a ciascuna Regione per l’esercizio di attività delegate da AGEA o svolte da organismi pagatori regionali», (proposta «concordata in sede di Conferenza dei Presidenti delle Regioni in data 4 marzo 2004», il cui verbale, con i relativi allegati, l’Avvocatura generale dello Stato ha prodotto in occasione del deposito della memoria de qua);

che, così «correttamente interpretata», la norma censurata «non attenta in alcun modo alla autonomia finanziaria della Regione ricorrente», e dunque «si sottrae agevolmente alla prospettata censura di illegittimità costituzionale», non a caso – è la conclusione della difesa erariale – «esposta “in via cautelativa”» dalla Regione Emilia-Romagna;

che con successiva memoria, la Regione Emilia-Romagna dà atto che «la norma impugnata è stata interpretata ed attuata nel senso da essa auspicato»;

che, difatti, tanto il Ministero per le politiche agricole e forestali quanto l’AGEA hanno convenuto che il finanziamento di 30 milioni di euro, di cui alla norma impugnata, «fosse destinato ad essere ulteriormente ripartito in una serie di destinazioni, comprensive della quota spettante agli organismi pagatori delle Regioni» (ivi compreso quello operante in Emilia-Romagna);

che, inoltre, «in sede di Conferenza Stato-Regioni è stato definito (riunione del 4 marzo 2004) il piano di riparto degli importi destinati alle singole Regioni, mentre la fase attuativa è stata disciplinata mediante uno schema di convenzione approvato nella stessa seduta»;

che su tali basi la Regione Emilia-Romagna ha, dunque, sottolineato come la censura da essa proposta, «alla luce della interpretazione ed attuazione» sopra illustrate «possa considerarsi venuta meno»;

che, comparse le parti all’udienza pubblica del 30 novembre 2004, le stesse hanno ribadito che il finanziamento di 30 milioni di euro, previsto dalla norma impugnata, risulta essere stato oggetto di ulteriore ripartizione che ha visto quali destinatari, ciascuno per la parte spettante al corrispondente ente territoriale, gli organismi pagatori regionali istituiti ai sensi del già ricordato art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 1999;

che entrambe le parti hanno, pertanto, chiesto che venga dichiarata cessata la materia del contendere.

Considerato che questa Corte risulta investita della questione di legittimità costituzionale – per violazione degli articoli 3 e 119 della Costituzione, nonché del principio di ragionevolezza – dell’art. 69, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), questione «prospettata in via cautelativa» dalla Regione Emilia-Romagna, e dunque per il caso in cui la norma impugnata fosse da interpretare nel senso che dal «finanziamento destinato all’AGEA, per i pagamenti connessi all’attuazione di normativa comunitaria» (finanziamento contemplato da tale disposizione) sia da escludere l’organismo pagatore, istituito nel territorio dell’odierna ricorrente con legge regionale 23 luglio 2001, n. 21;

che, seppur la questione in esame presenti carattere “interpretativo”, la stessa deve considerarsi ammissibile, giacché «il giudizio in via principale (…) può concernere questioni sollevate sulla base di interpretazioni prospettate dal ricorrente come possibili», siffatto principio operando «soprattutto nei casi in cui su una legge non si siano ancora formate prassi interpretative in grado di modellare o restringere il raggio delle sue astratte potenzialità applicative, e le interpretazioni addotte dal ricorrente non siano implausibili e irragionevolmente scollegate dalle disposizioni impugnate così da far ritenere le questioni del tutto astratte o pretestuose» (così, da ultimo, sentenza n. 228 del 2003);

che, tuttavia, successivamente alla proposizione del ricorso la disposizione censurata – come hanno concordemente riconosciuto le stesse parti in causa, sulla scorta di documentazione prodotta dall’Avvocatura generale dello Stato – risulta essere stata interpretata ed applicata in modo conforme agli evocati parametri costituzionali ed all’interesse fatto valere in giudizio dalla ricorrente;

che, in particolare, agli atti del giudizio risulta acquisito il verbale della seduta del 4 marzo 2004 della Conferenza Stato-Regioni, che ha definito il piano di riparto degli importi destinati – ai sensi, appunto, dell’impugnato art. 69, comma 8, della legge n. 289 del 2002 – alle singole Regioni, ivi compresa la stessa ricorrente, mentre la fase attuativa risulta disciplinata mediante uno schema di convenzione approvato nella stessa seduta;

che, pertanto, essendo sopravvenuta una situazione di carenza di interesse della ricorrente alla prosecuzione del giudizio, sussistono le condizioni per la declaratoria di cessazione della materia del contendere.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 69, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), proposta dalla Regione Emilia-Romagna, in riferimento agli articoli 3 e 119 della Costituzione e al principio di ragionevolezza, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,  il 16 dicembre 2004.

F.to:

Valerio ONIDA, Presidente

Alfonso QUARANTA, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 29 dicembre 2004.