ORDINANZA N.435
ANNO 2004
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALEcomposta dai signori:
- Valerio ONIDA Presidente
- Carlo MEZZANOTTE Giudice
- Guido NEPPI MODONA “
- Piero Alberto CAPOTOSTI “
- Annibale MARINI “
- Franco BILE “
- Giovanni Maria FLICK “
- Francesco AMIRANTE “
- Ugo DE SIERVO “
- Romano VACCARELLA “
- Paolo MADDALENA “
- Alfio FINOCCHIARO “
- Alfonso QUARANTA “
- Franco GALLO “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 18 ottobre 2001 relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall’on. Silvio Berlusconi nei confronti del dott. Giancarlo Caselli ed altri, promosso dalla Corte di appello di Milano – sezione quinta penale, con ricorso depositato il 25 luglio 2002 ed iscritto al n. 227 del registro ammissibilità conflitti.
Udito nella camera di consiglio del 17 novembre 2004 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.
Ritenuto che la Corte di appello di Milano, sezione quinta penale, con ricorso del 8-16 luglio 2002, depositato il 25 luglio 2002, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla delibera adottata nella seduta del 18 ottobre 2001, con la quale è stato dichiarato che i fatti per i quali è in corso il procedimento penale devono ritenersi insindacabili, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;
che la ricorrente premette che, in data 9 giugno 1999, i magistrati Giancarlo Caselli, Guido Lo Forte, Domenico Gozzo, Antonio Ingroia, Mauro Terranova, Lia Sava ed Umberto Giglio proponevano querela nei confronti del deputato Silvio Berlusconi, nonché di Gianna Fregonara e Ferruccio De Bortoli -questi due ultimi giornalisti- per le dichiarazioni asseritamente diffamatorie rese in loro danno da detto deputato e pubblicate in una intervista rilasciata ad un quotidiano;
che, in linea preliminare, la Corte milanese espone che per i fatti oggetto della querela, e per il reato di diffamazione aggravata a mezzo stampa, il Pubblico ministero presso il Tribunale di Milano aveva chiesto il rinvio a giudizio dei tre indagati e che, successivamente, lo stesso giorno in cui era stata fissata l’udienza preliminare, perveniva la nota del Presidente della Camera dei deputati, con la quale si informava il Giudice procedente che il giorno precedente l’Assemblea aveva deliberato che i fatti per i quali era in corso il procedimento penale concernevano opinioni espresse dal deputato Silvio Berlusconi nell’esercizio delle funzioni parlamentari ed erano, come tali, insindacabili ex art. 68, primo comma, della Costituzione;
che il Giudice per l’udienza preliminare, su conforme richiesta del pubblico ministero e sulle contrarie conclusioni delle parti civili, con sentenza del 17 gennaio 2002 dichiarava non doversi procedere nei confronti del deputato Silvio Berlusconi in ordine al reato ascrittogli, ritenendo sussistente l’esimente personale dell’esercizio delle funzioni parlamentari; dichiarava inoltre non doversi procedere nei confronti di Gianna Fregonara e Ferruccio De Bortoli in ordine ai reati loro ascritti, perché il fatto non sussiste;
che la Corte di appello precisa che il pubblico ministero, andando in contrario avviso alle conclusioni del pubblico ministero d’udienza, proponeva appello, chiedendo che la Corte sollevasse conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati;
che, ad avviso della ricorrente, la proposizione del conflitto ha carattere pregiudiziale, in quanto la delibera della Camera dei deputati «oltre a configurare un’ipotesi di causa soggettiva di esclusione della punibilità (…) rappresenta, in primis, una condizione di improcedibilità, tale da precludere anche l’eventuale applicazione dell’art. 129, primo comma, c.p.p.»;
che, secondo la Corte milanese, la Camera dei deputati ha ritenuto l’insindacabilità delle opinioni per cui è processo, in quanto riconducibili al ruolo svolto all’epoca dei fatti dal deputato Silvio Berlusconi, quale capo dell’opposizione politica e parlamentare, veste in cui egli avrebbe «denunciato quello che gli appariva come un oggettivo squilibrio nell’esercizio della giurisdizione, in ragione del quale, mentre alla sua parte politica venivano dedicate peculiari attenzioni investigative, gli esponenti della parte politica allora in maggioranza, ne sembravano indenni»;
che, ad avviso della ricorrente, questa attività configurerebbe però un’attività politica in riferimento alla quale non sarebbe identificabile il “nesso di funzione” che è necessario sussista per l’applicabilità dell’art. 68, primo comma, della Costituzione, identificabile, per le dichiarazioni rese extra moenia, ovvero non nello svolgimento degli atti tipici della funzione parlamentare, solo qualora esse «risultino sostanzialmente riproduttive di una opinione espressa in sede parlamentare»;
che invece non vi sarebbe coincidenza tra il dibattito parlamentare e «le specifiche accuse mosse» ai magistrati di Palermo, «anche se accompagnate da spunti polemici sulla gestione dei pentiti e da altre considerazioni di stampo politico sulla “crisi” della giustizia»;
che, in conclusione, la Corte di appello di Milano sostiene che la delibera in esame sarebbe «illegittima ed ingiustamente menomativa dell’esercizio della Giurisdizione» e, perciò, ne chiede «l’annullamento»;
che, peraltro, la delibera della quale la ricorrente chiede l’annullamento non è stata prodotta ed è stata acquisita dal volume degli atti della Camera dei deputati.
Considerato che, in questa fase, la Corte è chiamata, a norma dell'articolo 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a delibare esclusivamente se il ricorso sia ammissibile, valutando, senza contraddittorio tra le parti, se sussistano i requisiti soggettivo e oggettivo di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato;
che, sotto il profilo soggettivo, va riconosciuta la legittimazione della Corte di appello di Milano, sezione quinta penale, a sollevare conflitto, in quanto organo giurisdizionale, in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare definitivamente, per il procedimento di cui è investita, la volontà del potere cui appartiene;
che la Camera dei deputati è parimenti legittimata ad essere parte del presente conflitto, quale organo competente a dichiarare in modo definitivo la volontà del potere cui inerisce, in ordine all'applicabilità ai propri componenti dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;
che, sotto il profilo oggettivo, sussiste la materia del conflitto, poiché la Corte di appello denuncia che la propria sfera di attribuzioni, costituzionalmente garantita, sarebbe stata illegittimamente menomata dalla citata delibera della Camera dei deputati;
che, infine, dal ricorso si rilevano le «ragioni del conflitto» e «le norme costituzionali che regolano la materia» come stabilito dall’art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
che, pertanto, esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione spetta alla competenza della Corte, restando impregiudicata ogni ulteriore decisione definitiva, anche in ordine all'ammissibilità del ricorso.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara ammissibile, ai sensi dell'articolo 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il ricorso per conflitto di attribuzione proposto dalla Corte di appello di Milano, sezione quinta penale, nei confronti della Camera dei deputati;
dispone:
a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza alla Corte di appello di Milano, ricorrente;
b) che, a cura della ricorrente, il ricorso e la presente ordinanza siano notificati alla Camera dei deputati, in persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione, per essere successivamente depositati, con la prova dell'avvenuta notifica, presso la cancelleria della Corte entro il termine di venti giorni, previsto dall'articolo 26, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 2004.
Valerio ONIDA, Presidente
Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 29 dicembre 2004.