Sentenza n. 354 del 2004

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SENTENZA N.354

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Valerio            ONIDA                    Presidente

- Carlo              MEZZANOTTE          Giudice

- Fernanda         CONTRI                        "

- Guido               NEPPI MODONA         "

- Piero Alberto   CAPOTOSTI                  "

- Annibale         MARINI                        "

- Franco            BILE                              "

- Giovanni Maria FLICK                          "

- Francesco        AMIRANTE                   "

- Ugo                DE SIERVO                   "

- Romano          VACCARELLA              "

- Paolo              MADDALENA               "

- Alfio               FINOCCHIARO             "

- Alfonso           QUARANTA                  "

- Franco            GALLO                          "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 67 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), promosso con ricorso della Regione Emilia-Romagna, notificato il 1° marzo 2003, depositato in cancelleria il 7 marzo successivo ed iscritto al n. 25 del registro ricorsi 2003.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 26 ottobre 2004 il Giudice relatore Annibale Marini;

uditi l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Emilia-Romagna e l’avvocato dello Stato Giancarlo Mandò per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– La Regione Emilia-Romagna, con ricorso, ritualmente notificato e  depositato, volto ad impugnare numerose disposizioni della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), ha censurato, fra l’altro, l’art. 67 della legge, deducendone il contrasto con gli artt. 117, commi quarto e sesto, e 119 della Costituzione nonché con il principio di leale collaborazione.

Espone la ricorrente che la disposizione impugnata estende ai Comuni montani con meno di 5000 abitanti, che non ne erano originariamente destinatari, la normativa relativa alla promozione ed allo sviluppo della imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno, stabilendo, in particolare, che i relativi criteri e procedure applicative, compresa la definizione dei fondi a tal fine destinati, sono determinati dal CIPE, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente Stato-Regioni.

Muovendo dalla premessa che gli incentivi alle imprese giovanili costituiscano «materia di potestà regionale piena», la medesima ricorrente assume che, sebbene lo Stato sia legittimato, dall’art. 119, comma quinto, della Costituzione, a destinare risorse aggiuntive in favore di determinati Comuni per promuovere lo sviluppo economico, tuttavia esso difetterebbe del potere (sostanzialmente di normazione secondaria) di definire i criteri di gestione delle risorse stesse.

L’art. 67 della legge n. 289 del 2002 sarebbe dunque illegittimo «nella parte in cui attribuisce al CIPE un potere normativo relativo alla gestione del Fondo in questione, anziché prevedere la mera attribuzione delle risorse aggiuntive alle Regioni», ovvero, in via subordinata, «nella parte in cui non prevede che il potere attribuito al CIPE sia esercitato previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni, anziché previo parere».

2.– Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso.

Secondo la difesa erariale le censure mosse alla disposizione impugnata sarebbero infondate, in quanto essa, senza incidere su competenze regionali, si limita ad attribuire al CIPE, con il necessario coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni, la determinazione dei criteri e delle procedure per la estensione ai piccoli Comuni montani della normativa per la promozione e lo sviluppo della imprenditoria giovanile.

3.– Nell’imminenza della udienza pubblica entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

3.1.– La Regione ricorrente ribadisce che la norma impugnata, prevedendo un intervento statale diretto a sostegno della imprenditoria giovanile, comporta la gestione di un fondo settoriale da parte dello Stato in materia di competenza regionale. Sostiene poi che la norma stessa non troverebbe giustificazione né nell’art. 119, quinto comma, della Costituzione  – che prevede l’erogazione di risorse statali in favore di enti territoriali e non, come nella specie, in favore di soggetti privati – né nell’art. 117, comma secondo, lettera e), della Costituzione, che, secondo l’interpretazione datane dalla Corte costituzionale, può consentire interventi statali in materia di tutela della concorrenza solo in quanto, per la loro entità finanziaria, per la loro generalizzata accessibilità e per il loro impatto complessivo, essi abbiano – diversamente dal caso di specie – carattere macroeconomico.

3.2.– La difesa del Governo osserva innanzitutto che la previsione di cui al quinto comma dell’art. 119 della Costituzione non deve affatto portare ad escludere che lo Stato, nell’ottica del riequilibrio del sistema economico nazionale, possa compiere interventi di sostegno direttamente in favore di  soggetti operanti in zone svantaggiate, tanto più là dove, come nel caso, le risorse stanziate per gli interventi in questione, attinte dalla finanza statale, non vengono sottratte a quella regionale.

Peraltro l’intervento previsto dalla norma oggetto di censura andrebbe inquadrato nella materia, di esclusiva competenza statale, della tutela della concorrenza, intesa nel suo aspetto dinamico. La finalità dell’art. 67 della legge n. 289 del 2002, di estendere a tutti i Comuni montani con meno di 5000 abitanti le provvidenze previste per l’imprenditoria giovanile nel Mezzogiorno per favorire lo «sviluppo di una nuova imprenditorialità (…) e l’ampliamento della base produttiva e occupazionale attraverso la promozione, l’organizzazione e la finalizzazione di energie imprenditoriali», risponderebbe infatti ad esigenze di riequilibrio del mercato e comporterebbe un evidente impatto sull’economia generale, così da trascendere l’ambito regionale ed acquisire dimensione macroeconomica.

Considerato in diritto

1.– La Regione Emilia-Romagna ha impugnato, con un unico ricorso, numerose disposizioni della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003), tra l’altro censurando, in riferimento agli artt. 117, quarto e sesto comma, e 119 della Costituzione ed al principio di leale collaborazione, l’art. 67 della legge, che estende ai Comuni montani con meno di 5000 abitanti la normativa relativa alla promozione ed allo sviluppo della imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno, «nella parte in cui attribuisce al CIPE un potere normativo relativo alla gestione del Fondo in questione, anziché prevedere la mera attribuzione delle risorse aggiuntive alle Regioni».

In via subordinata, la medesima ricorrente pone in dubbio la legittimità costituzionale della predetta norma «nella parte in cui non prevede che il potere attribuito al CIPE sia esercitato previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni, anziché previo parere».

Ad avviso della Regione ricorrente la norma impugnata, riguardando materia rimessa alla esclusiva competenza regionale, potrebbe trovare la sua unica giustificazione nella previsione di erogazione di risorse aggiuntive in favore di determinati Comuni, contenuta nell’art. 119, quinto comma, della Costituzione. Tale norma costituzionale, tuttavia, non legittimerebbe – sempre secondo la ricorrente – una diretta attività di gestione delle risorse stesse da parte dello Stato.

2.– Per ragioni di omogeneità di materia, la trattazione della indicata questione di legittimità costituzionale viene separata dalle altre, sollevate con il medesimo ricorso, che formeranno oggetto di distinte decisioni.

3.– La censura mossa dalla Regione ricorrente si fonda sulla (necessaria) premessa che «gli incentivi alle imprese giovanili costituiscono materia di potestà regionale piena».

Tale premessa non è, tuttavia, sorretta da alcuna motivazione, ma solo apoditticamente affermata, e ciò nonostante che la stessa qualificazione come «materia» degli incentivi alle imprese, in generale, ed a quelle giovanili, in particolare, sia in sé discutibile, e perciò bisognosa di adeguato sostegno argomentativo, tenuto conto che l’oggetto della disposizione impugnata è, in effetti, riferibile ad una pluralità di materie.

Sostegno tanto più necessario ove si consideri che gli incentivi de quibus non appaiono circoscritti in un ambito esclusivamente regionale, essendo, invece, destinati ad operare su tutto il territorio nazionale.

La censura, nei termini in cui è formulata, risulta, pertanto, generica e deve essere, per tale motivo, dichiarata inammissibile.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione delle questioni di legittimità costituzionale, proposte dalla ricorrente Regione Emilia-Romagna, di altre disposizioni della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003);

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 67 della predetta legge 27 dicembre 2002, n. 289, sollevata, in riferimento agli artt.  117, commi quarto e sesto, e 119 della Costituzione ed al principio di leale collaborazione, dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 novembre 2004.

Valerio ONIDA, Presidente

Annibale MARINI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 25 novembre 2004.