SENTENZA N.308 ANNO 2004
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici
- Valerio ONIDA, Presidente
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
- Paolo MADDALENA
- Alfonso QUARANTA
ha pronunciato la seguente
SENTENZAnei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 4, commi da 99 a 103, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), promossi con ricorsi delle Regioni Toscana ed Emilia-Romagna, notificati il 26 e il 24 febbraio 2004, depositati in cancelleria il 3 e il 4 marzo 2004 ed iscritti ai nn. 32 e 33 del registro ricorsi 2004.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 6 luglio 2004 il Giudice relatore Annibale Marini;
uditi l’avvocato Mario Loria per la Regione Toscana, l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Emilia-Romagna e l’avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto1.– Con ricorso ritualmente notificato e depositato (r. ric. n. 32 del 2004), la Regione Toscana ha impugnato alcune disposizioni della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), tra l’altro censurando l’art. 4, commi da 99 a 103, con riferimento agli artt. 117 e 119 della Costituzione.
Le disposizioni in questione prevedono che agli studenti capaci e meritevoli iscritti ai corsi di cui all’art. 3 del decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, possono essere concessi prestiti fiduciari per il finanziamento degli studi (comma 99); che a tal fine viene istituito un fondo finalizzato alla costituzione di garanzie sul rimborso dei prestiti concessi dalle banche e dagli altri intermediari finanziari e che tale fondo può essere utilizzato anche per corrispondere contributi in conto interessi agli studenti privi di mezzi ed agli studenti nelle stesse condizioni residenti nelle aree sottoutilizzate di cui all’art. 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (comma 100); che il fondo di cui sopra è gestito da Sviluppo Italia S.p.a., sulla base di criteri ed indirizzi stabiliti dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (MIUR), di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente Stato-Regioni (comma 101); che la dotazione del fondo è pari a 10 milioni di euro per l’anno 2004 (comma 102); che sono abrogati i commi 1, 2 e 3 dell’art. 16 della legge 2 dicembre 1991, n. 390 (Norme sul diritto agli studi universitari), riguardanti il prestito d’onore (comma 103).
Espone la Regione Toscana che la disciplina delle modalità per la concessione dei prestiti d’onore era rimessa dalla legge statale alle Regioni e che essa ricorrente vi aveva provveduto con la legge regionale 28 gennaio 2000, n. 7 (Disciplina del diritto allo studio universitario), e con l’attuativo piano di settore approvato con deliberazione del Consiglio regionale 9 luglio 2002, n. 114. Successivamente, l’intera materia era stata ridisciplinata con la legge regionale 26 luglio 2002, n. 32 (Testo unico della normativa della Regione Toscana in materia di educazione, istruzione, orientamento, formazione professionale e lavoro), e con il relativo regolamento di esecuzione adottato con decreto del Presidente della Giunta regionale 8 agosto 2003, n. 47/R.
Sostituendo il prestito d’onore con il prestito fiduciario per il finanziamento degli studi, attraverso l’istituzione di un apposito fondo gestito a livello statale, le norme impugnate violerebbero – ad avviso della Regione - l’art. 117, quarto comma, della Costituzione, intervenendo nella disciplina degli strumenti volti a garantire il diritto allo studio, di esclusiva competenza regionale.
Il riparto di competenze risulterebbe ugualmente violato anche se si volesse ritenere che la disciplina dell’erogazione del prestito fiduciario rientri nella materia dell’istruzione, oggetto di potestà legislativa concorrente, in quanto la disciplina impugnata non costituirebbe né un principio fondamentale né una norma generale sull’istruzione, essendo una normativa «analitica, puntuale, specifica, non cedevole, relativa ad un sostegno finanziario per il completamento degli studi».
Le disposizioni censurate si porrebbero poi in contrasto anche con l’art. 119 della Costituzione. Risulterebbe infatti – secondo la Regione ricorrente – dalla stessa giurisprudenza costituzionale che il novellato art. 119 della Costituzione non consentirebbe interventi finanziari diretti dello Stato in materie e funzioni la cui disciplina spetta, come nella specie, alla legge regionale, in via esclusiva o concorrente.
2.– Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato.
Ad avviso del Governo, il ricorso sarebbe inammissibile quanto al comma 99, che enuncerebbe un «innocuo principio» e comunque non sarebbe oggetto di censure specifiche, ed al comma 103, che avendo contenuto meramente abrogativo non potrebbe in alcun caso ritenersi invasivo di una competenza regionale di carattere residuale.
Le censure riguardanti i commi da 100 a 102 sarebbero invece infondate. Osserva al riguardo l’Avvocatura che nel sistema previsto dalle norme censurate i prestiti fiduciari sono concessi dalle banche e dagli altri intermediari finanziari ed il Fondo di cui al comma 100 è finalizzato alla costituzione di garanzie sul rimborso di tali prestiti ed alla erogazione di contributi in conto interessi. La materia rientrerebbe perciò, sotto tale profilo, nella competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione (tutela del risparmio e mercati finanziari). Inoltre, poiché i destinatari dei prestiti sono gli studenti privi di mezzi, la competenza legislativa esclusiva dello Stato troverebbe fondamento anche nelle disposizioni di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m) (determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili) e, ancora, lettera e) (perequazione delle risorse finanziarie).
3.– Nell’imminenza dell’udienza pubblica entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative insistendo nelle conclusioni assunte.
4.– La Regione Emilia-Romagna, con ricorso ritualmente notificato e depositato (r. ric. n. 33 del 2004), ha a sua volta impugnato, «per violazione degli artt. 3, 97, 117, 118, 119 della Costituzione e dei principi costituzionali di legalità sostanziale, uguaglianza, ragionevolezza e leale collaborazione», numerose disposizioni della legge n. 350 del 24 dicembre 2003, tra cui i commi da 100 a 102 dell’art. 4.
Ad avviso della Regione ricorrente le disposizioni impugnate sarebbero illegittime in quanto relative al diritto allo studio universitario, e cioè ad una materia appartenente alla competenza residuale delle Regioni, salvo il potere-dovere del legislatore statale di fissare i livelli essenziali delle prestazioni pubbliche.
Se pure si volesse configurare la disciplina censurata come diretta alla definizione delle prestazioni pubbliche che devono essere erogate senza differenziazioni territoriali agli studenti universitari che ne hanno titolo, ciò tuttavia non potrebbe consentire che organi statali si sostituiscano alle Regioni nell’erogazione delle prestazioni, né che lo Stato istituisca, in materie di competenza regionale, fondi speciali gestiti da organismi riferibili allo Stato stesso, anziché trasferire i finanziamenti, senza vincolo di destinazione, alle Regioni.
La costituzione, prevista dalle norme impugnate, di un fondo settoriale di finanziamento gestito da organismi dipendenti dallo Stato violerebbe, dunque, l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa delle Regioni.
Del pari illegittima sarebbe la previsione, contenuta al comma 101, che il fondo de quo sia gestito «sulla base di criteri ed indirizzi stabiliti dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano», dovendo escludersi l’esistenza di un potere di indirizzo statale in materia. L’art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, ha infatti stabilito, in via interpretativa, che nelle materie di potestà legislativa regionale «non possono essere adottati gli atti di indirizzo e di coordinamento».
Quand’anche siffatto potere esistesse, la disciplina dettata dalla norma impugnata sarebbe comunque illegittima, sia perché rinvia ad un atto ministeriale anziché ad un atto collegiale del Governo, sia per l’indeterminatezza della fattispecie legislativa, sia infine per la mancata previsione dell’intesa con le Regioni.
Analoghe considerazioni varrebbero anche nell’ipotesi in cui la funzione di indirizzo fosse limitata alla determinazione dei livelli essenziali, avendo la stessa Corte chiarito, nella sentenza n. 88 del 2003, che le scelte dello Stato in questa materia debbono essere operate con legge che determini altresì «adeguate procedure e precisi atti formali per procedere alle specificazioni ed articolazioni ulteriori che si rendano necessarie nei vari settori», nel rispetto del principio di leale collaborazione con le Regioni.
Sarebbe in ogni caso evidente, ad avviso ancora della Regione ricorrente, che la politica di assistenza derivante dalla gestione del fondo di cui si tratta verrebbe ad interferire irragionevolmente con quella delle Regioni e degli enti regionali o locali competenti, con conseguenti sovrapposizioni e inefficienze.
5.– Si è costituito anche in questo giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di infondatezza.
In una memoria illustrativa depositata nell’imminenza dell’udienza pubblica l’Avvocatura sottolinea come sia stata proprio la scarsissima applicazione dell’istituto del prestito d’onore da parte delle Regioni ad avere indotto il legislatore statale a ricercare modalità più efficaci ed idonee a realizzare l’obiettivo perseguito, mediante appunto il coinvolgimento del sistema creditizio, attuabile solo attraverso l’intervento di esso legislatore statale, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.
Le norme censurate si inquadrerebbero d’altra parte nell’ambito degli interventi, di esclusiva competenza statale, volti all’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, ed in ogni caso costituirebbero una normativa di parziale attuazione dell’art. 34 della Costituzione.
Considerato in dirittoCosì deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 ottobre 2004.
Valerio ONIDA, PresidenteAnnibale MARINI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 21 ottobre 2004.