SENTENZA N. 281
ANNO 2004
Commento alla decisione di
''Tanto rumore per nulla'': l'opinione della Corte costituzionale sul riparto delle giurisdizioni
(per gentile concessione della Rivista telematica federalismi.it)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Gustavo ZAGREBELSKY Presidente
- Valerio ONIDA Giudice
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 34, commi 1 e 2, e 35, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), promossi con ordinanze del 15 settembre 2001 dal Tribunale di Verona, del 29 novembre 2001 dal Giudice istruttore del Tribunale di Vicenza, sezione distaccata di Schio, dell’11 dicembre 2001 dalla Corte di cassazione, del 6 dicembre 2001 dal Tribunale di Bologna, del 15 febbraio 2002 dal Tribunale di Cassino, sezione distaccata di Sora, del 14 febbraio 2002 (n. 2 ordinanze) dal Tribunale di Modena, sezione distaccata di Sassuolo, del 1° marzo 2002 dal Tribunale di Parma, sezione distaccata di Fidenza, del 27 febbraio 2002 dal Tribunale di Melfi, del 22 aprile 2002 dalla Corte d’appello di Genova, del 1° marzo 2002 dal Tribunale di Parma, sezione distaccata di Fidenza, del 23 luglio 2001 dal Tribunale di Bassano del Grappa, del 4 giugno 2002 dal Tribunale di Forlì, sezione distaccata di Cesena, del 1° agosto 2002 dal Tribunale di Lanusei, del 21 ottobre e del 4 novembre 2002 dalla Corte di cassazione, rispettivamente iscritte ai nn. 63, 79, 89, 97, 151, 175, 176, 216, 219, 310, 312, 341, 381, 520 e 584 del registro ordinanze 2002 e al n. 47 del registro ordinanze 2003 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 7, 10, 11, 15, 18, 20, 26, 33, 36 e 48, prima serie speciale, dell’anno 2002 e nn. 3 e 7, prima serie speciale, dell’anno 2003.
Visti l’atto di costituzione del Comune di Sassuolo nonché gli atti di intervento della Federconsumatori di Bologna e del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 28 aprile 2004 il Giudice relatore Romano Vaccarella.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza dell’11 dicembre 2001 (r.o. n. 89 del 2002) le sezioni unite della Corte di cassazione, in sede di regolamento di giurisdizione proposto da Belfrontizio s.p.a., in un giudizio volto ad ottenere, in via principale, il risarcimento dei danni asseritamente patiti dalla società a seguito di inadempimento del Comune di Acireale a convenzione di lottizzazione e, in subordine, l’indennizzo per arricchimento senza causa dell’ente convenuto, hanno sollevato, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 34, commi 1 e 2, e 35, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), per eccesso rispetto alla delega conferita dall’art. 11, comma 4, lettera g), della legge n. 59 del 1997, nella parte in cui, in materia di edilizia e di urbanistica, non si limitano ad estendere alle controversie inerenti a diritti patrimoniali consequenziali la giurisdizione di legittimità o esclusiva già spettante al giudice amministrativo, ma istituiscono una nuova figura di giurisdizione esclusiva e piena con riferimento all’intero ambito delle controversie aventi ad oggetto atti, provvedimenti e comportamenti delle amministrazioni pubbliche.
1.1.– In punto di rilevanza, il giudice a quo, ricordato preliminarmente che parte attrice aveva adito contemporaneamente sia il Tribunale di Acireale che il TAR per la Sicilia, assumendo di aver eseguito, da parte sua, le opere di urbanizzazione alla cui realizzazione si era impegnata e di averle trasferite al Comune, il quale, viceversa, non aveva rilasciato la concessione edilizia relativa ad un certo lotto, per la pretesa inefficacia del piano regolatore generale di zona, precisa che la controversia, avendo ad oggetto il risarcimento del danno per comportamento della pubblica amministrazione nella fase di attuazione di un piano di lottizzazione – che è strumento urbanistico di dettaglio, concernente l’uso del territorio – va ricondotta all’art. 34 del decreto legislativo n. 80 del 1998. Evidenzia quindi che nella fattispecie non trovano applicazione né l’art. 11, comma 5, della legge 7 agosto 1990, n. 241, che riserva al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie "in materia di formazione, conclusione ed esecuzione" degli accordi conclusi tra amministrazione procedente e terzi, al fine di "determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale", né l’art. 16 della legge 28 gennaio 1977, n. l0, che sancisce la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo con riguardo ai provvedimenti di rilascio o di diniego della concessione, ai contributi di urbanizzazione e alle sanzioni amministrative: e ciò in quanto alla disposizione censurata deve essere attribuita, in ragione della sua specificità (di norma sulla giurisdizione) e della sua tendenziale onnicomprensività (estensibile anche agli accordi conclusi in materia urbanistica), efficacia derogatoria, ai fini che qui interessano, rispetto a tutta la normativa anteriore.
1.2.– Quanto alla non manifesta infondatezza del dubbio prospettato, la Corte, richiamata la propria, precedente ordinanza del 9 marzo 2001, rileva che la ratio della legge delega era di estendere la giurisdizione amministrativa già esistente, nelle materie dell’edilizia, dell’urbanistica e dei servizi pubblici, ai diritti patrimoniali consequenziali, ivi compreso il risarcimento del danno, in modo da concentrare davanti a un solo giudice e la fase di controllo di legittimità dell’azione amministrativa, e quella della riparazione per equivalente, così rendendo piena ed effettiva la tutela del cittadino.
Non a caso – ricorda il collegio rimettente – con riferimento alla materia dei servizi pubblici, l’art. 33 del decreto legislativo n. 80 del 1998 è già stato dichiarato incostituzionale per eccesso di delega (sentenza n. 292 del 2000). Per ragioni analoghe anche gli artt. 34, commi 1 e 2, e 35, comma l, sembrano esorbitare dall’ambito della delega: il combinato disposto delle norme citate, infatti, istituisce una nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva e piena che abbraccia l’intero ambito delle controversie aventi ad oggetto atti, provvedimenti e comportamenti delle amministrazioni in materia urbanistica ed edilizia e cioè un settore suscettivo di tendenziale, ulteriore estensione, in ragione dell’amplissima definizione della materia urbanistica (peraltro non compresa nella delega), posto che questa concerne tutti gli aspetti dell’uso del territorio.
Né – argomenta ancora il Supremo Collegio – sulla rilevanza della questione può influire l’entrata in vigore della legge 21 luglio 2000, n. 205, che con l’art. 7 sostituisce l’art. 34 riproducendone il contenuto: la nuova legge invero, in difetto di espressa previsione in tal senso, non ha efficacia retroattiva ma si applica solo ai giudizi instaurati successivamente alla sua entrata in vigore (salvi gli effetti convalidanti per i giudizi già pendenti davanti al giudice amministrativo).
2.– La stessa questione di costituzionalità è stata riproposta dalle sezioni unite con altre due ordinanze, l’una del 21 ottobre e l’altra del 4 novembre 2002 (rispettivamente, r.o. n. 584 del 2002 e n. 47 del 2003), entrambe pronunciate in sede di regolamento preventivo di giurisdizione. Essa è stata inoltre sollevata dai Tribunali di Bologna (r.o. n. 97 del 2002), Cassino (r.o. n. 151 del 2002), Modena (r.o. nn. 175 e 176 del 2002), Parma (r.o. n. 216 del 2002) e Forlì (r.o. n. 381 del 2002), nonché, ma nei riguardi del solo art. 34, dai Tribunali di Verona (r.o. n. 63 del 2002), Vicenza (r.o. n. 79 del 2002), Melfi (r.o. n. 219 del 2002), Lanusei (r.o. n. 520 del 2002), Parma (r.o. n. 312 del 2002), Bassano del Grappa (r.o. n. 341 del 2002) e dalla Corte d’appello di Genova (r.o. n. 310 del 2002).
Le argomentazioni, in punto di rilevanza e di non manifesta infondatezza, sostanzialmente ricalcano quelle del Supremo Collegio innanzi esposte, salve le precisazioni che seguono.
2.1.– L’ordinanza delle sezioni unite del 21 ottobre 2002 (r.o. n. 584 del 2002) è intervenuta in relazione al giudizio promosso innanzi al Tribunale di Firenze, con atto di citazione notificato l’11 novembre 1998, da Sirio Cecchi e Carlo Somigli, al fine di ottenere il ristoro dei danni da essi subiti a seguito della perdita del diritto dominicale su alcuni terreni, occupati in via d’urgenza e irreversibilmente acquisiti per la realizzazione di un’opera pubblica, da Ferrovie dello Stato s.p.a., quale proprietaria dell’opera, e da C.I.R. s.r.l., quale capogruppo e mandataria dell’associazione di imprese concessionaria dei lavori.
2.1.1.– In punto di rilevanza la Corte regolatrice chiarisce che il convincimento in ordine all’applicabilità dei commi 1 e 2 dell’art. 34 del decreto legislativo n. 80 del 1998, nella loro originaria formulazione, non è scalfito dai rilievi formulati nelle ordinanze n. 123 del 2002 e n. 340 del 2002, con le quali questa Corte, in relazione a giudizi instaurati dopo il 30 giugno 1998 e prima del 10 agosto 2000, ebbe a dichiarare inammissibili le relative censure, per non essere stata vagliata l’opzione interpretativa secondo cui l’art. 7 della legge n. 205 del 2000, sostituendo il testo degli artt. 33, 34 e 35 del decreto legislativo n. 80 del 1998, non solo avrebbe trasformato la natura delle disposizioni, da legge in senso materiale a legge in senso formale, così affrancandole dal vizio di eccesso di delega, ma avrebbe anche disciplinato la giurisdizione, per i giudizi innanzi indicati, apportando eccezioni al principio sancito dall’art. 5 cod. proc. civ., attraverso il mantenimento dell’art. 45, comma 18, del d.lgs. n. 80 del 1998, relativo alla devoluzione al giudice amministrativo delle controversie di cui agli artt. 33 e 34, a partire dal 1° luglio 1998. Richiamato l’iter argomentativo già esplicitato nell’ordinanza n. 12198 del 5 luglio 2002, osservano le sezioni unite che la "sostituzione" di una norma di regola esprime una vicenda innovativa con effetti "ex nunc", posto che essa non comporta l’eliminazione o la modificazione ab origine della disposizione sostituita – della quale viene anzi sottintesa la perdurante validità fino al momento della sostituzione – e che nessuna rilevanza può attribuirsi alla sua appartenenza ad un testo normativo del quale non sia modificata la data di entrata in vigore, trattandosi di elemento logicamente conciliabile con l’intento di conservare la disposizione sostituita fino al momento in cui la sostituzione diventa operativa.
2.1.2.– In questo giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha dedotto l’inammissibilità per irrilevanza o l’infondatezza della questione proposta, osservando come l’opzione interpretativa seguita dalla Suprema Corte, e posta a fondamento del dubbio di costituzionalità sollevato, non possa essere condivisa, dal momento che essa si basa su criteri di ordine logico, sistematico e storico, laddove l’esegesi delle norme censurate proposta dalla Corte costituzionale con la declaratoria di inammissibilità della questione, contenuta nell’ordinanza n. 123 del 2002, si fonda sul dato letterale, prima regola ermeneutica applicabile – ad esclusione delle altre, ove conduca a risultati appaganti – a norma dell’art. 12 delle preleggi.
2.2.– L’ordinanza del 4 novembre 2002 (r.o. n. 47 del 2003) è stata pronunciata dalle sezioni unite nel corso di un giudizio proposto innanzi al Tribunale di Napoli da Maria Rosaria, Vittorio e Clara Leone che, con atto di citazione notificato il 28 aprile 1999, hanno chiesto la condanna del Comune di Portici al risarcimento dei danni da essi subiti per essere stati, alcuni terreni di loro proprietà, occupati dall’ente convenuto in via d’urgenza ed irreversibilmente impiegati nella realizzazione di opere stradali, in modo asseritamente illegittimo per l’invalidità della dichiarazione di pubblica utilità e dei successivi atti determinativi dell’indennità di esproprio nonché della relativa accettazione in sede di cessione volontaria.
2.2.1.– Anche in questo giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha dedotto l’inammissibilità per irrilevanza ovvero l’infondatezza della questione proposta sulla base delle medesime argomentazioni svolte nel giudizio di cui all’ordinanza n. 584 del 2002 (sub 2.1.2.).
2.3.– Il Tribunale di Verona ha sollevato analoga questione con ordinanza del 15 settembre 2001 (r.o. n. 63 del 2002), nel corso di un giudizio promosso da Idelma, Anna Maria, Giovanna, Tiziana e Beniamino Boscaini nonché da Marcellina Buzzi, con atto di citazione notificato il 25 novembre 1999, volto ad ottenere la condanna del Comune di Sona alle restituzioni e/o al risarcimento dei danni conseguenti all’occupazione e al mancato perfezionamento della procedura espropriativa di un terreno di loro proprietà.
2.4.– Il Tribunale di Vicenza, sezione distaccata di Schio, ha proposto analogo incidente di costituzionalità con ordinanza del 23 novembre 2001 (r.o. n. 79 del 2002) nel corso di un’azione di spoglio intentata, con ricorso depositato il 18 giugno 1999, da Oreste Savegnago nei confronti della Provincia di Vicenza, al fine di ottenere la reintegrazione nel possesso di porzioni di terreno di sua proprietà indebitamente occupate e assoggettate a procedura espropriativa dall’ente convenuto, in quanto non comprese nello stato di consistenza e nel relativo decreto di occupazione.
2.4.1.– In punto di rilevanza, osserva il giudice a quo che la domanda possessoria, originata da un comportamento materiale, esplicato in assoluta carenza di potere e lesivo dei diritti soggettivi del ricorrente, deve considerarsi disciplinata dall’art. 34 del decreto legislativo n. 80 del 1998, atteso che la nuova giurisdizione esclusiva riguarda "gli atti, i provvedimenti e i comportamenti in materia urbanistica ed edilizia", e che nella materia urbanistica rientrano tutti gli aspetti dell’uso del territorio, come ripetutamente affermato dal Supremo Collegio.
2.5.– L’ordinanza di rimessione del Tribunale di Bologna del 6 dicembre 2001 (r.o. n. 97 del 2002) è intervenuta nel corso di un procedimento di reclamo ex art. 669-terdecies cod. proc. civ..
La domanda cautelare, proposta con ricorso depositato il 28 febbraio 2000, era volta ad ottenere, a tutela del diritto alla salute dei cittadini, la condanna in via d’urgenza dell’amministrazione comunale all’adozione di misure di disciplina del traffico sul territorio comunale, rispettose delle prescrizioni contenute nel d.m. 21 aprile 1999, n. 163 e nella legge 26 ottobre 1995, n. 447.
2.5.1.– In punto di rilevanza, osserva il rimettente che l’applicabilità dell’art. 34 alla controversia sottoposta al suo esame deriva dall’ampiezza della nozione di materia urbanistica, nella quale, secondo i consolidati orientamenti del Supremo Collegio, sono ricompresi tutti gli usi del territorio, nessuno escluso, e quindi "da un lato, la disciplina normativa e/o pianificatoria proveniente dalla P.A.; dall’altro, aspetti di utilizzazione concreta del territorio da parte della P.A.".
2.5.2.– In questo giudizio è intervenuta la Federconsumatori di Bologna – associazione provinciale autonoma e democratica di consumatori e utenti – che ha sostenuto l’inammissibilità della sollevata questione.
Dedotto che il petitum dell’azione cautelare proposta è il c.d. bene della vita, mentre la causa petendi è il mancato rispetto, da parte dell’amministrazione comunale, dei limiti previsti dalla legislazione nazionale e comunitaria in materia di inquinamento atmosferico, sostiene l’interveniente che competente a conoscerne è il giudice ordinario, in quanto giudice "naturale" in materia di tutela del diritto alla salute e all’ambiente salubre e integro, laddove nessuna attinenza ha l’incoato giudizio con la materia del traffico e conseguentemente con l’uso del territorio.
Afferma poi che in ogni caso, essendo stato depositato il ricorso il 28 febbraio 2000, e quindi in epoca anteriore all’entrata in vigore della legge n. 205 del 2000, dovrebbe farsi applicazione, ove fosse vero l’assunto del rimettente, degli artt. 33 e 34 del decreto legislativo n. 80 del 1998. Tali norme sono tuttavia venute meno, la prima, perché dichiarata costituzionalmente illegittima per eccesso di delega, e, la seconda, per il principio dell’invalidità consequenziale.
2.6.– Il Tribunale di Cassino, sezione distaccata di Sora, ha sollevato la questione di costituzionalità con ordinanza del 15 febbraio 2002 (r.o. n. 151 del 2002), pronunciata nel corso di una causa civile iniziata, il 1° febbraio 2000, da Lamesi Giovanni contro l’amministrazione provinciale di Frosinone, al fine di ottenere la dichiarazione di illegittimità dell’occupazione nonché il risarcimento dei danni conseguenti all’irreversibile trasformazione di un fondo di proprietà dell’attore, destinato dall’ente convenuto alla realizzazione di un ponte e di una variante alla strada provinciale.
2.7.– Il Tribunale di Modena, sezione distaccata di Sassuolo, in sede di decisione di due distinti processi civili di primo grado, aventi ad oggetto la richiesta di risarcimento dei danni conseguiti al perfezionamento di altrettante fattispecie di accessione invertita di terreni, ha formulato il dubbio di legittimità costituzionale degli artt. 34 e 35 del decreto legislativo n. 80 del 1998 con due ordinanze, depositate entrambe il 14 febbraio 2002 (r.o. n. 175 e n. 176 del 2002).
In punto di fatto, il giudice rimettente riferisce che vari privati, con separati atti di citazione in data 21 febbraio 2000, avevano convenuto in giudizio il Comune di Sassuolo e le società UNI.CA.PRO s.c.r.l., A.B.I.T. COOP s.c.r.l., C.M.E. s.r.l., Cooperativa Edilizia Case Popolari s.c.r.l., Società di Costruzioni s.c.r.l. nonché l’I.A.C.P. – Istituto Autonomo Case Popolari – della Provincia di Modena, al fine di sentirli condannare al risarcimento del danno derivato dall’accessione invertita maturata a seguito della illegittima occupazione ed irreversibile trasformazione di un terreno nell’ambito di un piano per l’edilizia residenziale pubblica (comparto PEEP), in relazione al quale il Comune di Sassuolo aveva ceduto il diritto di superficie ai convenuti. Questi, costituitisi in giudizio, avevano tra le altre cose eccepito preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice adito, in ordine al quale il Tribunale ha sollevato le questioni innanzi alla Corte costituzionale.
2.7.1.– Si è costituito, fuori termine in entrambi i giudizi, il Comune di Sassuolo il quale ha concluso affinché sia dichiarata l’irrilevanza e, in subordine, l’infondatezza del dubbio di costituzionalità prospettato dal Tribunale di Modena.
A tale fine, ha sostenuto che la rilevanza della questione de qua sarebbe venuta meno per effetto della entrata in vigore della legge n. 205 del 2000 che ha riprodotto, sostituendoli nell’immutato contesto normativo del 1998, gli articoli denunciati, con l’intento riconoscibile di non innovare le disposizioni ivi contenute, ma piuttosto di riconfermarne la validità, come si evince dall’utilizzo del termine "sostituisce"; sarebbe stata così attribuita all’art. 34 "una doppia legittimazione, sostanziale e formale, sotto il profilo della fonte normativa". In ogni caso, poi, la modifica in parola avrebbe lasciato integro il dettato dell’art. 45, comma 18, del decreto legislativo n. 80 del 1998 (rimasto immutato anche dopo la sentenza n. 292 del 2000 di questa Corte), a tenore del quale "le controversie di cui agli articoli 33 e 34 del presente decreto sono devolute al giudice amministrativo a partire dal 1° luglio 1998. Resta ferma la giurisdizione prevista dalle norme attualmente in vigore per i giudizi pendenti alla data del 30 giugno 1998": ciò che dovrebbe indurre, ad opinione del comparente, a ritenere l’efficacia retroattiva ed in parte sanante della legge n. 205 del 2000, secondo l’assioma per cui "la volontà di novare la fonte normativa di un precetto già pienamente efficace nell’ordinamento interno, ancorché sospettato di illegittimità costituzionale, potrebbe essere interpretata come precisa scelta di estendere l’efficacia della norma a tutte le ipotesi già contemplate nel vecchio e mai modificato art. 45, comma 18, del decreto legislativo n. 80 del 1998".
Una diversa interpretazione dell’efficacia nel tempo delle norme sopravvenute sarebbe, dunque, secondo l’Ente, contraria al legittimo affidamento delle parti nello svolgimento del giudizio secondo le regole vigenti all’epoca del compimento degli atti processuali, alla stregua delle argomentazioni svolte dal giudice delle leggi nella sentenza n. 525 del 2000.
2.8.– L’ordinanza di rimessione del 1° marzo 2002 del Tribunale di Parma, sezione distaccata di Fidenza (r.o. n. 216 del 2002), è intervenuta nel corso di un processo civile di primo grado, avente ad oggetto la condanna del Comune di Salsomaggiore Terme ad adempiere all’obbligo, assunto con convenzione ex art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, di realizzare una strada di accesso ad un condominio sito nel territorio comunale. In punto di fatto, il giudice a quo riferisce che un privato avente causa dall’Impresa Edile Ferrari Renato – concessionaria del diritto di superficie su un lotto di terreno sito nel Comune di Salsomaggiore Terme – aveva evocato in giudizio, con atto di citazione notificato l’11 agosto 1999, il predetto Comune al fine di sentirlo condannare: 1) ex art. 1453 cod. civ., all’adempimento dell’obbligo di realizzare una strada d’accesso alla via pubblica del fabbricato ad uso civile abitazione, frattanto realizzato sul terreno, per il quale l’ente territoriale aveva concesso diritto di superficie ad aedificandum alla Impresa Edile Ferrari Renato, con convenzione stipulata, ai sensi dell’art. 35 della legge n. 865 del 1971, per atto pubblico del 3 marzo 1982; 2) al risarcimento dei danni derivati e derivandi all’attore a causa dell’inadempimento o a causa dell’eventuale, accertata impossibilità definitiva di adempiere agli obblighi sanciti nella richiamata convenzione.
Ha anche precisato il rimettente che l’ente convenuto, costituitosi in giudizio, aveva pregiudizialmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e, subordinatamente, il difetto di legittimazione attiva e l’infondatezza nel merito della pretesa.
2.9.– L’ordinanza di rimessione del 27 febbraio 2002 del Tribunale di Melfi (r.o. n. 219 del 2002) è stata pronunciata nel corso di un processo civile avviato con atto di citazione, notificato il 28 dicembre 1998, per la condanna del Comune di Rionero in Vulture al risarcimento del danno conseguente all’avvenuta occupazione illegittima e successiva accessione invertita di un terreno.
2.10.– L’ordinanza di rimessione del 22 aprile 2002 della Corte d’appello di Genova (r.o. n. 310 del 2002) è stata emessa in sede di decisione di un processo civile di appello intrapreso dal Comune di Genova nei confronti delle cooperative edilizie a responsabilità limitata Shelley, Iris III e Solar che lo avevano citato in giudizio in primo grado per farsi risarcire il danno loro asseritamente cagionato dall’inerzia dell’amministrazione nell’approvazione del progetto di piano particolareggiato del Rio Penego, da esse presentato nel luglio 1995 e poi diventato giuridicamente impossibile a seguito di variazione ed approvazione del piano regolatore generale, con conseguente vanificazione delle potenzialità edificatorie dei suoli.
Il rimettente riferisce che il giudice di primo grado aveva espressamente affermato la propria giurisdizione, ritenendo che l’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998, ratione temporis applicabile nella sua formulazione originaria al caso dedotto in giudizio, facesse riferimento, per delineare la giurisdizione amministrativa esclusiva in materia di edilizia e urbanistica, ai soli comportamenti della pubblica amministrazione normativamente rilevanti sotto il profilo della idoneità a dar luogo ad un atto tacito (silenzio assenso o rifiuto), con esclusione quindi di ogni altro comportamento non tipizzato, come quello, consistito in un’omissione valutabile ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., realizzatosi nella fattispecie.
Non condividendo tale ricostruzione, priva, a suo dire, di qualsivoglia "aggancio interpretativo", il giudice a quo considera la questione rilevante per le ricadute che essa avrebbe sulla regolamentazione del riparto di giurisdizione, con riguardo alla causa da decidere.
2.11.– L’ordinanza di rimessione del 1° marzo 2002 del Tribunale di Parma, sezione distaccata di Fidenza (r.o. n. 312 del 2002), è stata pronunciata nel corso di un giudizio civile promosso da Pincolini & C. s.r.l. nei confronti del Comune di Fidenza e di Renato Ferrari, con atto di citazione notificato, rispettivamente, il 27 e il 30 giugno 2000, al fine di ottenere la condanna del primo al pagamento del corrispettivo dovuto per opere di urbanizzazione eseguite, su diretta richiesta dell’ente medesimo (e sulla base di un contratto di appalto stipulato con Renato Ferrari, originariamente obbligato alla loro esecuzione), in eccedenza rispetto a quelle previste nel piano particolareggiato di iniziativa privata, costituente strumento urbanistico di dettaglio dell’uso del territorio.
2.12.– L’ordinanza di rimessione del 23 luglio 2001 del Tribunale di Bassano del Grappa (r.o. n. 341 del 2002) è stata emessa in sede di decisione di un processo civile di primo grado, intrapreso da Bassa Giuseppe, Polon Luigino, Buratto Giovanni, Golfetto Guido e Comparin Giorgio nei confronti del Comune di Gallio e della società La Malga Due s.a.s., con atto di citazione notificato il 15 e 16 settembre 1999.
In punto di fatto, il rimettente riferisce che gli attori, proprietari di appartamenti compresi in complessi edilizi condominiali, ubicati in un’area del Comune di Gallio oggetto di piano di lottizzazione e di relativa convenzione di lottizzazione intercorsa tra l’ente territoriale e la s.p.a. La Malga, avevano convenuto in giudizio, a seguito del fallimento di quest’ultima e della cessione con decreto del giudice delegato delle quote dei terreni comuni, compresi nell’area lottizzata, alla s.a.s. La Malga Due, sia il Comune che la cessionaria per sentir dichiarare la nullità – e comunque l’inefficacia nei loro confronti – della nuova convenzione stipulata dalla società La Malga Due con il Comune (comprendente sostanziali modificazioni dell’originario assetto dell’area previsto dallo strumento urbanistico esecutivo) e per sentire inoltre accertare l’insussistenza di qualsivoglia diritto della società La Malga Due a realizzare sull’area comune nuove costruzioni, con la condanna della stessa alla riduzione in pristino dei luoghi.
Il giudice a quo riferisce che il Comune di Gallio si era difeso eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva ed invocando una declaratoria di inammissibilità della domanda siccome proposta nei confronti della pubblica amministrazione per estinguere un rapporto instaurato dalla stessa nell’esercizio dei suoi poteri autoritativi in materia urbanistica, mentre la s.a.s. La Malga Due aveva eccepito pregiudizialmente la carenza di giurisdizione in capo al giudice adito, stante il disposto dell’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998.
In punto di rilevanza, il Tribunale rimettente osserva che gli attori fanno valere pretese "le quali, inevitabilmente, interferiscono nelle scelte di pianificazione edilizia compiute dall’ente territoriale nell’esercizio dei suoi poteri in materia", posto che esplicitamente il Comune di Gallio ha rivelato di considerare tuttora vigente lo strumento urbanistico esecutivo, al punto da qualificare la seconda convenzione come integrazione di quella originaria e "così, manifestamente, mostrando di avvalersi del potere previsto dall’art. 28, comma quinto, della legge n. 1150 del 1942 (come sostituito dall’art. 8 della legge n. 765 del 1967)".
2.13.– L’ordinanza di rimessione del 4 giugno 2002 del Tribunale di Forlì, sezione distaccata di Cesena (r.o. n. 381 del 2002), è stata pronunciata nel corso di un procedimento cautelare, proposto con ricorso depositato il giorno 8 marzo 2002.
In punto di rilevanza osserva il giudice a quo che la controversia ha ad oggetto atti e comportamenti della pubblica amministrazione in materia urbanistica, "trattandosi di demolire un capannone abusivo, in forza di pregressi provvedimenti amministrativi, ritenuti definitivi". Di modo che essa non può essere decisa indipendentemente dalla risoluzione della sollevata questione di costituzionalità.
2.14.– L’ordinanza di rimessione del l° agosto 2002 del Tribunale di Lanusei (r.o. n. 520 del 2002) è stata pronunciata nel corso di un processo civile di primo grado, intrapreso da Mario e Attilio Lai nonché da Maria Antonietta, Sebastiano, Giovanni e Pietro Alberto Maccioni nei confronti del Comune di Tortolì, con atto di citazione notificato il 20 dicembre 1999, al fine di ottenere il risarcimento del danno da occupazione acquisitiva di un terreno, di proprietà degli attori, irreversibilmente trasformato e destinato dal convenuto ad opera pubblica.
2.14.1.– In questo giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha dedotto l’inammissibilità della questione proposta per insufficiente motivazione sulla rilevanza, non avendo il rimettente adeguatamente motivato in ordine alla irretroattività dell’art. 7 della legge n. 205 del 2000.
Considerato in diritto
1.– I giudizi, ponendo questioni sostanzialmente identiche relativamente alle stesse norme, devono essere riuniti.
2.– Le questioni poste dalle ordinanze n. 89 del 2002, n. 97 del 2002, e n. 381 del 2002 sono inammissibili: la prima perché, avendo la Corte rimettente precisato che la controversia sottopostale spetterebbe comunque alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (ex art. 11, comma 5, della legge 7 agosto 1990, n. 241 ovvero ex art. 16 della legge 28 gennaio 1977, n. 10), è palese l’irrilevanza della questione nel giudizio a quo; la seconda per l’evidente, e perciò stesso assorbente, improponibilità della domanda in relazione alla quale si porrebbe la questione di giurisdizione; la terza perché il giudizio a quo è stato proposto (8 marzo 2002) nella vigenza dell’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998, come sostituito dall’art. 7, lettera b), della legge 21 luglio 2000, n. 205.
3.– Le ordinanze di rimessione pongono, relativamente all’art. 34, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 80 del 1998, questioni sostanzialmente identiche a quelle che questa Corte ha già esaminato con riguardo all’art. 33 del medesimo decreto legislativo: entrambe le norme, infatti, rinvengono la loro fonte nella delega conferita dall’art. 11, comma 4, lettera g), della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa), affinché il Governo, contestualmente alla devoluzione al giudice ordinario delle controversie sulla gran parte dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, prevedesse "la estensione della giurisdizione del giudice amministrativo alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno, in materia edilizia, urbanistica e di servizi pubblici".
3.1.– L’Avvocatura dello Stato ha eccepito l’inammissibilità delle questioni in quanto – come questa Corte aveva suggerito di considerare con le ordinanze n. 123 e n. 340 del 2002 – anche le controversie proposte anteriormente al 10 agosto 2000 – data di entrata in vigore della legge n. 205 del 2000 – dovevano ritenersi governate dall’art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998, come sostituito dall’art. 7, lettera b), della legge n. 205 del 2000, dal momento che la conservazione dell’art. 45, comma 18, del d.lgs. n. 80 del 1998 – in forza del quale erano devolute al giudice amministrativo le controversie di cui agli artt. 33 e 34 proposte a partire dal 1° luglio 1998 – sancirebbe una deroga al principio di cui all’art. 5 cod. proc. civ.; sicché ex tunc la disciplina della giurisdizione si fonderebbe non più su una legge (solo) in senso materiale ma anche su una legge in senso formale.
L’eccezione non può essere accolta, in quanto i giudici rimettenti hanno ampiamente, e non implausibilmente, esposto le ragioni per le quali ritengono di non condividere l’opzione interpretativa la cui valutazione era stata suggerita da questa Corte; e ciò è sufficiente (cfr. sentenza n. 470 del 2002) perché le questioni poste dai rimettenti debbano essere esaminate nel merito.
3.2.– In relazione al principio fissato nell’art. 11, comma 4, lettera g), della legge delega n. 59 del 1997, questa Corte ha osservato nella sentenza n. 292 del 2000 – e non può qui che ribadire – come dai lavori parlamentari emerga chiaramente che "in primo luogo il legislatore delegante intendeva rendere piena ed effettiva la tutela del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione, concentrando innanzi al giudice amministrativo – nell’esercizio della giurisdizione, sia di legittimità che esclusiva, di cui era già titolare in materia di edilizia, urbanistica e servizi pubblici – non solo la fase del controllo di legittimità dell’azione amministrativa, ma anche (ove configurabile) quella della riparazione per equivalente, ossia il risarcimento del danno, evitando per esso la necessità di instaurare un successivo e separato giudizio innanzi al giudice ordinario. In secondo luogo la delega intendeva perseguire tale risultato senza ampliare nelle suddette tre materie l’ambito delle esistenti giurisdizioni esclusive. Per due volte infatti fu formulata la proposta di delegare il Governo a trasferire le tre materie in questione alla giurisdizione amministrativa esclusiva, ed entrambe le volte essa non ebbe seguito, onde fu approvato definitivamente un testo che di giurisdizione esclusiva non parla".
Ne discende, così come si è statuito in ordine all’art. 33 del d.lgs. n. 80 del 1998, che anche riguardo alla materia edilizia ed urbanistica il legislatore delegante ha affidato al Governo non già il compito di ampliare l’ambito della giurisdizione esclusiva, bensì quello di estendere "la giurisdizione amministrativa esistente, tanto di legittimità che esclusiva"; sicché soltanto "i diritti patrimoniali consequenziali, in essi compreso il risarcimento del danno, erano l’oggetto (normativamente individuato) di tale estensione" (sentenza n. 292 del 2000).
Di qui l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 80 del 1998 nella parte in cui, eccedendo dai limiti della delega, ha devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutta la materia dell’edilizia e dell’urbanistica, e non si è limitato ad estendere la giurisdizione amministrativa – nei limiti in cui essa, in base alla disciplina vigente, già conosceva di quella materia, sia a titolo di legittimità che in via esclusiva – alle controversie concernenti i diritti patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno.
3.3.– La dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 34, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 80 del 1998 comporta la necessità di interpretare l’art. 35 – censurato in alcune ordinanze in connessione con l’art. 34 – nel senso che il potere di riconoscere i diritti patrimoniali consequenziali, ivi incluso il risarcimento del danno, è limitato alle sole ipotesi in cui il giudice amministrativo era già munito di giurisdizione, tanto di legittimità quanto esclusiva.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, commi 1 e 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’art. 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), nella parte in cui istituisce una giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di edilizia e urbanistica, anziché limitarsi ad estendere in tale materia la giurisdizione del giudice amministrativo alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno;
dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 34, commi 1 e 2, e 35, comma 1, del medesimo decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, sollevate, in riferimento agli articoli 76 e 77 della Costituzione, dalla Corte di cassazione a sezioni unite civili, dal Tribunale di Bologna e dal Tribunale di Forlì con le ordinanze n. 89, n. 97 e n. 381 del 2002.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 luglio 2004.
Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente
Romano VACCARELLA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 28 luglio 2004.