ORDINANZA N. 274
ANNO 2004
Commento alla decisione di
Francesca Casalotti
(per gentile concessione del Forum di Quaderni costituzionali)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALEcomposta dai signori:
- Gustavo ZAGREBELSKY Presidente
- Valerio ONIDA Giudice
- Carlo MEZZANOTTE “
- Fernanda CONTRI “
- Guido NEPPI MODONA “
- Piero Alberto CAPOTOSTI “
- Annibale MARINI “
- Franco BILE “
- Giovanni Maria FLICK “
- Francesco AMIRANTE “
- Ugo DE SIERVO “
- Romano VACCARELLA “
- Paolo MADDALENA “
- Alfonso QUARANTA “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), promossi con ricorsi delle Regioni Toscana, Basilicata, Campania, Emilia-Romagna e Umbria, notificati il 22, il 26 e il 27 febbraio 2002, depositati in cancelleria il 1°, il 6, il 7 e l’8 marzo successivi ed iscritti ai nn. 12, 20, 21, 23 e 24 del registro ricorsi 2002.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 10 febbraio 2004 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti;
uditi gli avvocati Massimo Luciani per le Regioni Toscana e Basilicata, Vincenzo Cocozza per la Regione Campania, Giandomenico Falcon per le Regioni Emilia-Romagna e Umbria e l’avvocato dello Stato Massimo Mari per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che le Regioni Toscana, Basilicata, Campania, Emilia-Romagna ed Umbria, con ricorsi notificati il 22, il 26 ed il 27 febbraio 2002 e depositati il 1°, il 6, il 7 e l’8 marzo 2002, hanno impugnato, tra l’altro, l’art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), in riferimento agli artt. 3, 5, 114, 117, 118, 119 della Costituzione nonché ai “principi costituzionali attinenti al rapporto tra Stato e Regioni” ed al principio di ragionevolezza;
che le ricorrenti premettono che la norma impugnata – la quale ha sostituito l’art. 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), relativo alla gestione delle reti e all’erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza industriale, ed ha inserito in detto testo unico l’art. 113-bis, inerente alla gestione dei servizi pubblici locali privi di rilevanza industriale – detta una disciplina ampia e puntuale dei servizi pubblici locali;
che – ad avviso delle ricorrenti – la predetta norma sarebbe lesiva della competenza legislativa regionale residuale nella materia dei servizi pubblici locali ed in quella dell’industria e tale da comprimere l’autonomia costituzionale degli enti locali, i quali non avrebbero margini sostanziali per l’esercizio della loro potestà regolamentare;
che – secondo le regioni ricorrenti – non potrebbe invocarsi a fondamento della disciplina censurata la lettera e) del secondo comma dell’art. 117 della Costituzione (“tutela della concorrenza”), dal momento che la disciplina dei servizi pubblici locali rientrerebbe nella materia “promozione della concorrenza” non riservata allo Stato e che, comunque, in materia di “tutela della concorrenza” lo Stato dovrebbe limitarsi a stabilire “le norme rivolte ad assicurare un determinato grado di concorrenzialità, in forma di regole da rispettarsi nella disciplina regionale”;
che neppure potrebbero invocarsi la lettera m) e la lettera p) di cui al secondo comma dell’art. 117 della Costituzione, essendo la competenza statale di cui alla citata lettera m) relativa ai soli servizi sociali e limitata alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, e quella di cui alla predetta lettera p) riferita alle funzioni fondamentali degli enti locali, fra le quali non rientrerebbe la gestione dei servizi pubblici locali, attività “di regola esercitata in regime di concorrenza e quindi sottratta ad una gestione effettuata con gli strumenti del potere pubblico”;
che le ricorrenti deducono, inoltre, che, anche ove si riconducesse la materia oggetto della norma censurata a quelle di competenza legislativa regionale concorrente, la norma denunciata sarebbe costituzionalmente illegittima, in quanto contenente una disciplina di estremo dettaglio e quindi lesiva della potestà legislativa regionale e dell’autonomia regolamentare degli enti locali;
che, in particolare – ad avviso delle ricorrenti – la norma censurata realizzerebbe una “riforma di notevole portata” in larga misura affidata, in violazione del sesto comma dell’art. 117 della Costituzione, ad un regolamento governativo, previsto dal comma 16 dell’impugnato art. 35, al quale, nel comma 2, si riserva non solo l’adozione delle disposizioni necessarie per l’esecuzione e l’attuazione della medesima norma, ma anche la stessa individuazione dei servizi di rilevanza industriale;
che nel giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo, nell’atto di costituzione e nella memoria depositata nell’imminenza dell’udienza pubblica, che le questioni siano dichiarate infondate, rientrando la materia oggetto della norma censurata tra le competenze di natura “trasversale” riservate dal secondo comma dell’art. 117 della Costituzione allo Stato in via esclusiva, quali la tutela della concorrenza (lettera e), la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (lettera m) nonché le funzioni fondamentali degli enti locali (lettera p);
che, successivamente alla proposizione dei ricorsi, è entrato in vigore l’art. 14 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326, il quale ha modificato la disciplina di cui al citato art. 35, abrogando talune disposizioni in esso contenute e modificandone altre;
che infine è entrato in vigore l’art. 4, comma 234, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), che ha ulteriormente modificato ed innovato la disciplina di cui all’art. 35;
che, nell’imminenza dell’udienza pubblica del 10 febbraio 2004, le Regioni ricorrenti hanno depositato memorie, insistendo tutte nelle conclusioni già rassegnate con riferimento alle disposizioni censurate che non sono state oggetto di abrogazione, mentre, quanto alle disposizioni censurate che sono state abrogate, sostenendosi dalle Regioni Umbria ed Emilia-Romagna che sia cessata la materia del contendere o che sia comunque venuto meno il proprio interesse a ricorrere;
che all’udienza pubblica del 10 febbraio 2004 le Regioni ricorrenti e la difesa erariale hanno insistito nelle conclusioni già rassegnate nelle difese scritte.
Considerato che l’identità della norma impugnata e la sostanziale omogeneità delle censure proposte e dei parametri costituzionali invocati rendono opportuna la riunione dei giudizi;
che le Regioni Toscana, Basilicata, Campania, Emilia-Romagna ed Umbria dubitano della legittimità costituzionale dell’art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), nella parte in cui, ponendo una disciplina dettagliata e puntuale dei servizi pubblici locali, recherebbe vulnus alla competenza legislativa regionale nonché all’autonomia regolamentare degli enti locali;
che, successivamente alla proposizione dei ricorsi, sia l’art. 14 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici), sia la relativa legge di conversione 24 novembre 2003, n. 326, sia l’art. 4, comma 234, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004) hanno apportato una serie di modifiche alla disciplina di cui al citato art. 35;
che le indicate sopravvenienze legislative, innovando, modificando e abrogando le norme del predetto art. 35, hanno determinato un sostanziale mutamento della normativa denunciata, in un senso che può complessivamente ritenersi satisfattivo delle doglianze prospettate dalle ricorrenti in relazione al testo originario dell’art. 35, tenuto anche conto della declaratoria di illegittimità costituzionale disposta con sentenza in pari data (n. 272 del 2004) relativamente agli artt. 113, comma 7, e 113-bis, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), quali risultano dalle modifiche apportate dallo stesso art. 35;
che, inoltre, non risulta che alla normativa censurata sia stata data alcuna attuazione medio tempore, considerando anche che non è stato mai emanato il regolamento governativo, al quale l’art. 35, comma 2, successivamente abrogato dal predetto art. 14 del d.l. n. 269 del 2003, riservava non solo il compito di dare esecuzione ed attuazione al medesimo art. 35, ma anche quello di individuare i servizi pubblici locali allora definiti di “rilevanza industriale”;
che, pertanto, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara cessata la materia del contendere in ordine alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 5, 114, 117, 118, 119 della Costituzione nonché ai “principi costituzionali attinenti al rapporto tra Stato e Regioni” ed al principio di ragionevolezza, dalle Regioni Toscana, Basilicata, Campania, Emilia-Romagna ed Umbria con i ricorsi indicati in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 13 luglio 2004.
Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente
Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 27 luglio 2004.