Ordinanza n. 210 del 2004

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ORDINANZA N.210

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-  Gustavo                     ZAGREBELSKY      Presidente

-  Valerio                       ONIDA                        Giudice

-  Fernanda                   CONTRI                            “

-  Guido                        NEPPI MODONA            “

-  Piero Alberto             CAPOTOSTI                     “

-  Annibale                    MARINI                            “

-  Franco                       BILE                                  “

-  Giovanni Maria         FLICK                               “

-  Francesco                  AMIRANTE                      “

-  Ugo                           DE SIERVO                      “

-  Romano                     VACCARELLA                “

-  Paolo                         MADDALENA                 “

-  Alfonso                     QUARANTA                    “

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 142, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promosso con ordinanza del 23 maggio 2003 dal Giudice di pace di Grumello del Monte nel procedimento civile vertente tra Rasizza Rosario e il Ministero dell’interno-Polizia stradale, sezione di Bergamo-Seriate, iscritta al n. 844 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 2003.

  Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 7 aprile 2004 il Giudice relatore Romano Vaccarella.

  Ritenuto che il Giudice di pace di Grumello del Monte, con ordinanza del 23 maggio 2003, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 142, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), «nella parte in cui non prevede che le risultanze dei rilevamenti effettuati con apparecchi misuratori della velocità dei veicoli possano costituire fonti di prova solo se dette risultanze consistano in rilievi fotografici o di altro genere, idonei a fornire dati certi sia in relazione alla velocità tenuta sia ai dati identificativi del veicolo osservato»;

  che, in punto di fatto, il giudice rimettente riferisce che «l’applicazione della sanzione amministrativa di cui al provvedimento opposto si basa sulla rilevazione della velocità del veicolo del trasgressore effettuata mediante uno strumento (il cosiddetto “telelaser”), il cui impiego … consente all’agente accertatore di inquadrare il veicolo stesso in un mirino e di seguirlo per qualche secondo durante il suo spostamento, effettuando nel contempo la misurazione della relativa velocità», senza che, tuttavia, la rilevazione venga obiettivata mediante una riproduzione fotografica od equivalente, come, invece, avviene per altri apparecchi misuratori quale il cosiddetto “autovelox”, in grado di fotografare il veicolo del quale viene rilevata la velocità e le cui risultanze sono messe a disposizione del presunto trasgressore;

  che, in punto di non manifesta infondatezza, il giudice a quo considera che, nel caso del “telelaser”, l’identificazione del veicolo è rimessa direttamente all'agente addetto alla sorveglianza, il quale verbalizza le relative attestazioni in un documento avente natura pubblica, senza alcuna possibilità per il presunto trasgressore, ancorché fermato dalla pattuglia nell’immediatezza del fatto, di svolgere adeguatamente le proprie difese, non potendo prendere visione degli elementi probatori a suo carico e trovandosi, nell’eventuale successivo giudizio di opposizione, a dover contrastare un accertamento formato in assenza di riscontri oggettivi;

  che, pertanto, la norma di cui all’art. 142, comma 6, cod. strada (d.lgs. n. 285 del 1992) si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., là dove genericamente indica, tra le fonti di prova rilevanti per la determinazione dei limiti di velocità, «le risultanze delle apparecchiature debitamente omologate», senza limitare, invece, la previsione ai soli apparecchi misuratori della velocità, quali il cosiddetto “autovelox”, le cui «risultanze consistano in rilievi fotografici o di altro genere, idonei a fornire dati certi sia in relazione alla velocità tenuta sia ai dati identificativi del veicolo osservato»;

  che risulterebbe evidente la disparità di trattamento esistente, sul piano della difesa azionabile, ed in particolare nel caso di errori imputabili all’autorità amministrativa, tra coloro le cui infrazioni siano state rilevate, rispettivamente, con “telelaser” e con “autovelox”;

  che, inoltre, anche a voler aderire all’opinione di quei giudici di merito i quali considerano tout court illegittime le sanzioni irrogate per violazioni di limiti di velocità rilevate mediante strumenti non dotati di apparecchi di riproduzione fotografica, secondo il rimettente emergerebbe, comunque, a rovescio, una irragionevole disparità di trattamento tra coloro che, giovandosi di questo orientamento, conseguirebbero l’automatico accoglimento nel merito delle opposizioni proposte e coloro che, invece, individuati tramite “autovelox”, «si trovano ad avere minori chance di sfuggire all’azione punitiva della P.A. interessata»;

  che è intervenuto nel giudizio, a mezzo dell’Avvocatura generale dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri, il quale ha, in primo luogo, eccepito la inammissibilità della questione per non avere il rimettente identificato l’oggetto e i termini del giudizio a quo, né argomentato in ordine alla rilevanza della censura, tenuto anche conto che la disposizione sospettata di incostituzionalità non esprime alcuna preferenza per un particolare tipo di apparecchiatura di rilevazione della velocità dei veicoli, limitandosi a considerare fonti di prova le risultanze di apparecchiature omologate, «come precisato dal regolamento»;

  che la questione sarebbe, comunque, infondata, in quanto l’art. 13 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), si limiterebbe a consentire, agli organi addetti al controllo sull’osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, semplicemente di effettuare, in aggiunta all’accertamento diretto e quale mero elemento ulteriore e non indispensabile per l’attendibilità della prova, il rilievo fotografico;

  che, inoltre, ad avviso del deducente, la fede privilegiata, che assiste l’atto redatto dal pubblico ufficiale nell’esercizio delle proprie funzioni, concernerebbe, secondo canoni di ragionevolezza, la percezione diretta di fatti che, essendo commisurata ad una rilevazione chiara e precisa, vale pressoché ad escludere ogni possibilità di errore dell’operatore.

  Considerato che il Giudice di pace di Grumello del Monte dubita, in relazione agli articoli 3 e 24 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 142, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), «nella parte in cui non prevede che le risultanze dei rilevamenti effettuati con apparecchi misuratori della velocità dei veicoli possano costituire fonti di prova solo se dette risultanze consistano in rilievi fotografici o di altro genere, idonei a fornire dati certi sia in relazione alla velocità tenuta sia ai dati identificativi del veicolo osservato», e, pertanto, determina una ingiustificata disparità di trattamento tra chi si vede contestare il superamento dei limiti di velocità sulla base di un accertamento documentato da una fotografia (ad esempio, “autovelox”) e chi se la vede contestare con apparecchi (ad esempio, “telelaser”) che non consentono un riscontro oggettivo dell’identità del trasgressore, ed una conseguente menomata tutela giurisdizionale per tale ultima categoria di cittadini;

  che l’ordinanza di rimessione omette totalmente di descrivere la fattispecie oggetto del giudizio a quo (e, in particolare, le ragioni sulle quali si fonda l’opposizione alla sanzione amministrativa), in tal modo impedendo ogni valutazione della rilevanza della questione sollevata, e ciò anche con riferimento all’applicabilità al caso di specie del censurato art. 142, comma 6, del decreto legislativo n. 285 del 1992 ovvero del decreto-legge 20 giugno 2002 n. 121 (Disposizioni urgenti per garantire la sicurezza nella circolazione stradale), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2002, n. 168;

  che, conseguentemente, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

  Visti gli artt. 26, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

  dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 142, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dal Giudice di pace di Grumello del Monte con l’ordinanza in epigrafe.

  Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2004.

Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente

Romano VACCARELLA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2004.