ORDINANZA N. 163
ANNO 2004REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Gustavo ZAGREBELSKY Presidente
- Valerio ONIDA Giudice
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZAnel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 4, della legge 18 giugno 1998, n. 192 (Disciplina della subfornitura nelle attività produttive), promosso con ordinanza del 13 dicembre 2002 dal Tribunale di l’Aquila nel procedimento civile vertente tra IRTI LAVORI s.p.a. e NOVIPAV s.r.l., iscritta al n. 89 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell’anno 2003.
Visti l’atto di costituzione della NOVIPAV s.r.l., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 27 aprile 2004 il Giudice relatore Franco Bile;
udito l’avvocato dello Stato Gian Paolo Polizzi per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che il Tribunale di L’Aquila, con ordinanza del 13 dicembre 2002, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 4, della legge 18 giugno 1998, n. 192 (Disciplina della subfornitura nelle attività produttive), nella parte in cui – disponendo che la mancata corresponsione del prezzo della subfornitura nei termini pattuiti costituisce titolo per ottenere l’ingiunzione di pagamento provvisoriamente esecutiva di cui agli artt. 633 ss. del codice di procedura civile – non prevede che il subfornitore che intenda avvalersi del procedimento monitorio debba preventivamente esperire il tentativo di conciliazione, di cui all’art. 10 della legge;
che l’ordinanza è stata resa nel corso di un giudizio di opposizione proposto dalla Irti Lavori s.p.a. contro il decreto con cui il Tribunale le aveva ingiunto di pagare alla Novipav s.r.l. una somma di danaro dovuta in base ad un rapporto che il giudice rimettente definisce come di subfornitura, ai sensi della legge n. 192 del 1998;
che lo stesso rimettente ritiene poi infondata la tesi secondo cui – poiché l’art. 10, comma 1, della legge, relativo al tentativo di conciliazione, rinvia all’art. 5, comma 4, concernente le contestazioni sull’esecuzione della subfornitura – il tentativo medesimo dovrebbe ritenersi prescritto solo per le controversie attinenti a vizi dei beni o servizi forniti, ed all’uopo afferma che questa tesi contrasterebbe con la ratio dell’art. 10 che mira a favorire la conciliazione, e quindi la risoluzione amichevole, di tutte le controversie nascenti dalla subfornitura;
che peraltro, ad avviso del rimettente, dopo la sentenza di questa Corte n. 276 del 2000 – resa a proposito dell’art. 412-bis cod. proc. civ., in tema di inapplicabilità del tentativo di conciliazione al procedimento di ingiunzione per crediti di lavoro – si è formato un diritto vivente nel senso che tale tentativo, essendo strutturalmente legato ai processi fondati sul contraddittorio, non si applica quando, come nel procedimento monitorio, il contraddittorio è eventuale e differito;
che – interpretata nel senso che il subfornitore può ottenere un’ingiunzione di pagamento provvisoriamente esecutiva senza avere prima esperito il tentativo di conciliazione – la norma impugnata violerebbe l’art. 3 della Costituzione, per disparità di trattamento tra situazioni giuridiche soggettive sostanzialmente identiche, come quella del subfornitore che agisca a tutela del suo diritto di credito contro il committente con il rito monitorio e quella del subfornitore che agisca con l’ordinario giudizio di cognizione, nonché sotto il profilo dell’irragionevolezza di non favorire la soluzione transattiva delle controversie in tema di subfornitura “proprio nel momento di maggior emersione del contenzioso”, posto che i subfornitori, per ottenere il pagamento dei corrispettivi da parte del committente, utilizzano in via quasi esclusiva lo strumento monitorio;
che in conclusione il rimettente chiede a questa Corte una pronuncia additiva, che affermi l’obbligo del subfornitore di esperire il tentativo di conciliazione prima di depositare il ricorso per ingiunzione, “anche in considerazione dei tratti peculiari della disciplina in esame rispetto a quella prevista nel rito del lavoro”;
che la questione è ritenuta rilevante perché, se la Corte dovesse accoglierla, il decreto ingiuntivo sarebbe nullo e la domanda monitoria improcedibile;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, che ha depositato memoria, nella quale sostiene l’infondatezza della questione;
che si è costituita la Novipav s.r.l., depositando memoria, nella quale sostiene in via preliminare l’irrilevanza della questione e nel merito la sua infondatezza.
Considerato che l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla parte privata – secondo cui il rapporto contrattuale donde origina il credito oggetto del giudizio a quo non sarebbe qualificabile come subfornitura – è infondata, in quanto il giudice rimettente ha fornito, ai fini della rilevanza della questione, una motivazione non implausibile, sulla base degli elementi di fatto che indica acquisiti agli atti;
che nel merito la questione è manifestamente infondata;
che con la sentenza n. 276 del 2000, puntualmente citata dal rimettente, questa Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 412-bis cod. proc. civ., in tema di rito del lavoro, sollevata sul presupposto che la norma implicitamente assoggettasse il procedimento monitorio al tentativo di conciliazione;
che in particolare la Corte ha rilevato come fosse invece possibile (e ragionevole) interpretare la norma nel senso che in quel procedimento il tentativo non dovesse essere esperito;
che invece in questa occasione si discute della costituzionalità della norma censurata, sul presupposto che essa, per i crediti di subfornitura, non imponga nel procedimento monitorio il tentativo di conciliazione previsto per l’azione ordinaria;
che il rimettente – dopo aver interpretato la sentenza n. 276 del 2000 nel senso dell’incompatibilità tra procedimento monitorio per crediti di lavoro e tentativo di conciliazione – non specifica le ragioni per cui quest’ultimo dovrebbe invece ritenersi costituzionalmente dovuto nel processo monitorio per crediti di subfornitura, ed al riguardo si limita a segnalare che la diversa soluzione si impone “anche in considerazione dei tratti peculiari della disciplina in esame rispetto a quella prevista nel rito del lavoro”, senza motivare affatto un tale assunto;
che – per quanto concerne le ragioni dell’asserito contrasto della norma impugnata con l’art. 3 della Costituzione – il rimettente ravvisa anzitutto una disparità di trattamento tra due situazioni (l’esercizio dell’azione in via ordinaria e in via monitoria) che fanno capo allo stesso soggetto e riguardano due distinte forme di tutela giurisdizionale sperimentabili dal titolare secondo una sua libera scelta, onde non si vede come possa parlarsi di disparità;
che l’ulteriore profilo di violazione dell’art. 3 per difetto di ragionevolezza non tiene conto – da un lato – della discrezionalità legislativa nel configurare le discipline processuali e – dall’altro – del rilievo che il legislatore, apprestando una tutela particolarmente intensa ai crediti dei subfornitori, con la previsione dell’ingiunzione di pagamento provvisoriamente esecutiva, mostra all’evidenza di risolvere non irragionevolmente in favore di una sollecita realizzazione delle pretese di tali soggetti (alla quale è funzionale il processo monitorio) la valutazione di bilanciamento con l’esigenza di apprestare uno strumento di composizione transattiva delle relative controversie.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente Franco BILE, Redattore Depositata in Cancelleria l'1 giugno 2004.