ORDINANZA N.152
ANNO 2004
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Gustavo ZAGREBELSKY Presidente
- Valerio ONIDA Giudice
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Paolo MADDALENA "
- Alfonso QUARANTA "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 5, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16 (Disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di immobili di civile abitazione, di termini per la definizione agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione della ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti derivanti da depositi e conti correnti interbancari, nonché altre disposizioni tributarie), convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 1993, n. 75, promosso con ordinanza del 24 settembre 2003 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto dalla Fondazione di Religione Pio Lascito Spigno contro il Comune di Genova, iscritta al n. 1043 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell’anno 2003.
Udito nella camera di consiglio del 7 aprile 2004 il Giudice relatore Annibale Marini.
Ritenuto che la Corte di cassazione, con ordinanza depositata il 24 settembre 2003, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 5, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16 (Disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di immobili di civile abitazione, di termini per la definizione agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione della ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti derivanti da depositi e conti correnti interbancari, nonché altre disposizioni tributarie), convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 1993, n. 75, nella parte in cui limita l’agevolazione fiscale ai fini ICI ai soli «immobili di interesse storico o artistico ai sensi dell’art. 3, legge 1° giugno 1939, n. 1089, e successive modificazioni», con esclusione dunque di quelli appartenenti ad enti pubblici o persone giuridiche private senza fini di lucro, di cui all’art. 4 della stessa legge;
che, secondo la Corte rimettente, la discriminazione tra persone fisiche e società commerciali, da un lato, ed enti senza scopo di lucro, dall’altro, con attribuzione a questi ultimi di un deteriore trattamento fiscale, sarebbe lesiva del principio di eguaglianza, essendo nei due casi identico tanto il presupposto oggettivo dell’imposta quanto il complesso degli oneri e vincoli gravanti sui possessori di beni immobili di interesse storico o artistico;
che l’irragionevolezza della discriminazione si risolverebbe altresì in una lesione del principio di capacità contributiva, in quanto la norma impugnata verrebbe a negare «un’agevolazione fiscale a soggetti privi di finalità di lucro, sottoponendoli ad un trattamento fiscale deteriore in relazione a beni solitamente da essi posseduti per fini istituzionali, rispetto ai privati che possono ricavare da beni di analoghe caratteristiche redditi superiori».
Considerato che questa Corte, con sentenza n. 345 del 2003, successiva all’ordinanza di rimessione, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 5, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16 (Disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di immobili di civile abitazione, di termini per la definizione agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione della ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti derivanti da depositi e conti correnti interbancari, nonché altre disposizioni tributarie), convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 1993, n. 75, proprio «nella parte in cui non si applica agli immobili di interesse storico o artistico di cui all’art. 4 della legge 1° giugno 1939, n. 1089 (Tutela delle cose d’interesse artistico e storico), ora art. 5 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell’articolo 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352)», a sua volta sostituito, a decorrere dal 1° maggio 2004, dall’art. 10 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 41 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137);
che vanno pertanto restituiti gli atti al giudice a quo affinché verifichi la perdurante rilevanza della questione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti alla Corte di cassazione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 maggio 2004.
Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente
Annibale MARINI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 25 maggio 2004.