ORDINANZA N.41
ANNO 2004
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Riccardo CHIEPPA, Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
- Ugo DE SIERVO
- Romano VACCARELLA
- Paolo MADDALENA
- Alfio FINOCCHIARO
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3, commi 211, 211-bis, 211-ter, 212 e 213 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, come modificato dall'art. 2 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito nella legge 28 maggio 1997, n. 140, promosso con ordinanza del 27 ottobre 2000 dalla Commissione tributaria provinciale di Bergamo sul ricorso proposto da M.I.B. Manifattura italiana del Brembo s.r.l. contro la Direzione Regionale delle Entrate per la Lombardia, sezione di Bergamo, iscritta al n. 499 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 32, prima serie speciale, dell'anno 2003.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 10 dicembre 2003 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.
Ritenuto che nel corso di un giudizio – relativo al silenzio-rifiuto formatosi in ordine alla richiesta di rimborso del versamento di ritenute effettuato, quale sostituto d’imposta, dalla Società M.I.B. Manifattura Italiana del Brembo s.r.l. sugli accantonamenti per il trattamento di fine rapporto (in seguito t.f.r.) dei propri dipendenti – promosso dalla suddetta società, la Commissione tributaria provinciale di Bergamo, con ordinanza del 13 dicembre 2000 (r.o. n. 499 del 2003), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 211, 211-bis, 211-ter, 212 e 213 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), come sostituito dall’art. 2, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79 (Misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica) convertito, con modificazioni, nella legge 28 maggio 1997, n. 140;
che le predette norme impongono ai sostituti d’imposta per redditi di lavoro dipendente l’obbligo di versare al fisco un acconto delle imposte dovute dai dipendenti sui trattamenti di fine rapporto;
che il prelievo previsto da tali norme non potrebbe "essere giustificato a livello costituzionale" – secondo il giudice rimettente – considerandolo, alternativamente, alla stregua di "una imposta patrimoniale" (atteso che "gli accantonamenti su cui esso è commisurato costituiscono nell’economia del bilancio solo una posta al passivo", come tale priva di significato quale "manifestazione di capacità contributiva") ovvero di "un prestito forzoso" (mancando nella norma che lo contempla "la previsione di un interesse sulle pretese somme incassate");
che – secondo il giudice a quo – le disposizioni suddette, facendo "ricadere su di una particolare categoria di soggetti (taluni imprenditori)", piuttosto che "sull’intera collettività", la "parziale copertura di un costo pubblico" e dando inoltre vita ad "un prelievo coattivo di ricchezza non correlato ad alcuna manifestazione di capacità contributiva", concretizzerebbero altrettante violazioni "dei principi costituzionali dell’eguaglianza tributaria e della capacità contributiva postulati dagli artt. 3 e 53 della Costituzione";
che è intervenuto in giudizio avanti a questa Corte il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso perché venga dichiarata la manifesta infondatezza della questione essendo la stessa stata già decisa con sentenza n. 155 del 2001.
Considerato che l’ordinanza della Commissione tributaria provinciale di Bergamo solleva – quanto ai commi 211 e 213 dell'art. 3 della legge n. 662 del 1996 – la medesima questione già dichiarata da questa Corte infondata, in riferimento ai medesimi parametri costituzionali (artt. 3 e 53 della Costituzione), con la sentenza n. 155 del 2001 che ha esaminato gli stessi profili ed argomentazioni;
che le censure relative ai commi 211-bis, 211-ter e 212 del medesimo articolo di legge debbano ritenersi assorbite da quella avente ad oggetto i commi 211 e 213;
che, quanto ai commi da ultimo menzionati, non sono stati addotti motivi nuovi e diversi che possano indurre la Corte a modificare il proprio convincimento.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 211, 211-bis, 211-ter, 212 e 213 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), come sostituito dall’art. 2, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79 (Misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 28 maggio 1997, n. 140, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 gennaio 2004.
Riccardo CHIEPPA, Presidente e Redattore
Depositata in Cancelleria il 26 gennaio 2004.