SENTENZA N. 372
ANNO 2003
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Riccardo CHIEPPA, Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
- Ugo DE SIERVO
- Romano VACCARELLA
- Paolo MADDALENA
- Alfio FINOCCHIARO
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 20, comma 3, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), promosso con ricorso della Regione Siciliana, notificato il 27 febbraio 2002, depositato in cancelleria il 5 marzo successivo ed iscritto al n. 16 del registro ricorsi 2002.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 25 novembre 2003 il Giudice relatore Annibale Marini;
uditi gli avvocati Michele Arcadipane e Paolo Chiapparrone per la Regione Siciliana e l'avvocato dello Stato Massimo Mari per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso ritualmente notificato e depositato, la Regione Siciliana ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 20, comma 3, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), per contrasto con gli artt. 81, quarto comma, 116 e 119 della Costituzione, in relazione, quanto alle ultime due disposizioni, all'art. 19 dello statuto Regione Siciliana.
Secondo quanto premesso dalla ricorrente, i primi due commi del precitato art. 20 dispongono che la Regione e gli enti locali provvedono, sulla base di apposite procedure selettive, nell'ambito della programmazione triennale del fabbisogno del personale e nei limiti delle dotazioni organiche, alla trasformazione in rapporti a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro a tempo determinato instaurati – ai sensi dell'art. 21, comma 2, dell'ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile del 3 febbraio 1992, come sostituito dall'art. 13 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 settembre 1995, nonché degli artt. 14, comma 14, e 23-quater del decreto legge 30 gennaio 1998, n. 6, convertito, con modificazioni, in legge 30 marzo 1998, n. 61, e successive modificazioni – a seguito degli eventi sismici che colpirono nel dicembre del 1990 le province di Siracusa, Catania e Ragusa (comma 1), e che i rapporti di lavoro a tempo determinato in atto sono prorogati sino alla definizione delle dette procedure di selezione e comunque fino al 31 dicembre 2002 (comma 2).
Il successivo comma 3, prosegue la Regione ricorrente, dispone che il personale tecnico di cui al comma 1, conseguiti gli obiettivi indicati alle lettere b), e) ed i-bis) del comma 2 dell'art. 1 della legge 31 dicembre 1991, n. 433 (Disposizioni per la ricostruzione e la rinascita delle zone colpite dagli eventi sismici del dicembre 1990 nelle province di Siracusa, Catania e Ragusa), possa essere utilizzato presso tutte le amministrazioni dei comuni capoluogo di provincia, nonché di quelli con particolari carenze di organico, per la soddisfazione delle esigenze connesse alle loro attività.
Tanto premesso, la Regione ricorrente osserva che «la disposizione di cui al terzo comma (..dell'art. 20..) si appalesa costituzionalmente illegittima».
Essa, infatti, violerebbe l'art. 81, quarto comma, della Costituzione in quanto, avendo il legislatore disposto, con norma avente portata temporalmente limitata, che alla spesa conseguente alla trasformazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato in rapporti a tempo indeterminato «si provvede a valere sulle disponibilità dei fondi assegnati alla regione Sicilia ai sensi dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 1991, n. 433, e successive modificazioni», le nuove e maggiori spese derivanti dall'attuazione della disposizione censurata risulterebbero prive di copertura finanziaria, non essendo indicati i mezzi per farvi fronte dopo il raggiungimento degli obiettivi previsti dalla legge da ultimo citata.
La norma impugnata violerebbe, altresì, gli artt. 116 e 119 della Costituzione, in relazione all'art. 19 dello statuto Regione Siciliana, in quanto la mancanza di copertura finanziaria per i maggiori oneri derivanti dalla disposizione impugnata li farebbe gravare sul bilancio regionale, alterando l'equilibrio dei mezzi finanziari della Regione e condizionandone il potere di scegliere la destinazione delle proprie risorse.
2.– Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la inammissibilità o, comunque, per la infondatezza della questione.
Secondo l'Avvocatura, la ricorrente non avrebbe considerato che la norma impugnata non prevede un puntuale obbligo di utilizzazione del personale tecnico il cui rapporto di lavoro si è stabilizzato, ma una semplice facoltà, come si desume dal tenore della norma stessa.
L'asserita violazione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione sarebbe, perciò, solo ipotetica essendo lasciata alla determinazione della Regione la scelta, da operarsi compatibilmente con la disponibilità di risorse finanziarie, se utilizzare o meno il personale in questione.
3.– Nell'imminenza della udienza pubblica la ricorrente ha depositato una memoria nella quale, richiamate la proprie difese e conclusioni, osserva che la lesione delle sue prerogative e dell'autonomia finanziaria regionale sarebbe non già eventuale ma certa, ancorché differita.
4.– Anche il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato una memoria illustrativa insistendo per la declaratoria di inammissibilità o, comunque, di infondatezza del ricorso.
Ribadite le difese già svolte, l'Avvocatura afferma, in punto di ammissibilità del ricorso, che il comma 3 dell'art. 20 della legge n. 448 del 2001, oggetto esclusivo di impugnazione, disciplinerebbe solo le modalità di utilizzazione del personale di cui si tratta, mentre la trasformazione dei rapporti di lavoro da rapporti a tempo determinato in rapporti a tempo indeterminato discenderebbe dalla diversa disposizione di cui al comma 1, non censurata; sicché, la norma impugnata, singolarmente considerata, non sarebbe lesiva né dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione, né dell'autonomia finanziaria della Regione.
Considerato in diritto
1.– Il ricorso proposto dalla Regione Siciliana ha ad oggetto l'art. 20, comma 3, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), ritenuto in contrasto con gli artt. 81, quarto comma, 116 e 119 della Costituzione, in relazione, quanto alle ultime due disposizioni, all'art. 19 dello statuto Regione Siciliana.
2.– La questione è inammissibile.
L'art. 20 della legge n. 448 del 2001 dispone, al comma 1, che «la regione Sicilia e gli enti locali della regione medesima provvedono alla trasformazione in rapporti a tempo indeterminato dei rapporti di lavoro a tempo determinato instaurati (...) dalla regione medesima e dagli enti locali delle province di Siracusa, Catania e Ragusa, colpiti dagli eventi sismici del dicembre 1990, sulla base di apposite procedure selettive, nell'ambito della programmazione triennale del fabbisogno di personale, nei limiti delle dotazioni organiche».
Lo stesso comma 1 del citato art. 20 prevede poi che alla relativa spesa si provveda «a valere sulle disponibilità dei fondi assegnati alla regione Sicilia ai sensi dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 1991, n. 433, e successive modificazioni».
Il successivo comma 3 dello stesso art. 20 – oggetto dell'impugnazione – dispone che, conseguiti gli obiettivi indicati alle lettere b), e) ed i-bis) dell'art. 1, comma 2, della legge n. 433 del 1991, il personale tecnico di cui al comma 1 (quello, cioè, il cui rapporto di lavoro a tempo determinato è stato trasformato in rapporto a tempo indeterminato) può essere utilizzato presso tutte le amministrazioni dei comuni capoluogo di provincia nonché di quelli con particolari carenze di organico, per la soddisfazione delle esigenze connesse alla loro attività.
Tale ultima previsione, ad avviso della ricorrente, si porrebbe in contrasto con l'art. 81, quarto comma, della Costituzione, in quanto priva di copertura finanziaria, non essendo indicate le risorse alla quali attingere successivamente al conseguimento degli obiettivi di cui alla legge n. 433 del 1991 ed all'esaurimento dei relativi fondi.
Per la medesima ragione, essa violerebbe, altresì, l'autonomia finanziaria regionale, atteso che le relative spese non potrebbero che gravare sul bilancio regionale, alterando l'equilibrio dei mezzi finanziari della Regione e condizionandone il potere di scelta in ordine alla destinazione dei medesimi.
Ora, a prescindere dal merito di tali censure, è agevole rilevare che la prospettata lesione dei parametri costituzionali evocati nel ricorso non è in alcun modo ricollegabile alla disposizione impugnata, che si limita a disciplinare il regime di utilizzazione del personale, oramai assunto a tempo indeterminato una volta raggiunti gli obiettivi in relazione ai quali ne era stato disposto il reclutamento temporaneo.
Gli effetti di spesa connessi alla utilizzazione di detto personale – e della cui mancata copertura la Regione ricorrente si duole – discendono, infatti, direttamente ed esclusivamente, dalla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto a tempo indeterminato, trasformazione derivante dalla disposizione – non impugnata – di cui al comma 1 dello stesso art. 20 della legge.
La ricorrente nell'individuare la disposizione censurata è, dunque, incorsa in una aberratio rendendo la questione sollevata inammissibile.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 20, comma 3, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), sollevata dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 81, quarto comma, 116 e 119 della Costituzione, in relazione, quanto alle ultime due disposizioni, all'art. 19 dello statuto Regione Siciliana, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 dicembre 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Annibale MARINI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 23 dicembre 2003.