Sentenza n. 363/2003

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SENTENZA N.363

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Riccardo                     CHIEPPA                  Presidente

- Gustavo                      ZAGREBELSKY      Giudice

- Valerio                        ONIDA                      "

- Carlo                           MEZZANOTTE        "

- Fernanda                    CONTRI                    "

- Guido                         NEPPI MODONA    "

- Piero Alberto              CAPOTOSTI             "

- Annibale                     MARINI                    "

- Franco                         BILE                          "

- Giovanni Maria          FLICK                                   "

- Francesco                   AMIRANTE              "

- Ugo                            DE SIERVO              "

- Romano                      VACCARELLA        "

- Alfio                           FINOCCHIARO       "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 30 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), promossi con ricorsi delle Regioni Marche, Toscana ed Emilia-Romagna, notificati il 22 e il 27 febbraio 2002, depositati in cancelleria il 28 febbraio e il 1° e l’8 marzo successivi ed iscritti ai nn. 10, 12 e 23 del registro ricorsi 2002.

  Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nell’udienza pubblica del 17 giugno 2003 il Giudice relatore Ugo De Siervo;

  uditi gli avvocati Stefano Grassi per la Regione Marche, Fabio Lorenzoni per la Regione Toscana, Giandomenico Falcon per la Regione Emilia-Romagna e l’avvocato dello Stato Paolo Cosentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorsi iscritti rispettivamente al n. 10 del 2002 (notificato il 22 febbraio 2002 e depositato il 28 febbraio 2002), al n. 12 del 2002 (notificato il 22 febbraio 2002 e depositato il 1° marzo 2002) e al n. 23 del 2002 (notificato il 27 febbraio 2002 e depositato l’8 marzo 2002) del registro ricorsi, le Regioni Marche, Toscana ed Emilia-Romagna hanno sollevato, tra le altre, questione di legittimità costituzionale dell’art. 30 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002), il quale prevede che il Ministro del lavoro si avvalga di una specifica società – Italia Lavoro s.p.a. – "per la promozione e la gestione di azioni nel campo delle politiche attive del lavoro e dell’assistenza tecnica ai servizi per l’impiego", e che a tale società siano assegnate, "con provvedimento amministrativo, funzioni servizi e risorse" relativi ai compiti conferiti. Secondo la prospettazione delle ricorrenti, la disposizione impugnata determinerebbe la violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione.

2. – In particolare, la Regione Marche ritiene l’art. 30 della legge n. 448 del 2001 contrastante con gli artt. 117, commi terzo e quarto, e 118 della Costituzione. La ricorrente osserva anzitutto che la disciplina di natura promozionale volta a favorire la crescita del mercato del lavoro sarebbe distinta dalla disciplina protettiva dei lavoratori, attinente alle condizioni di lavoro ed alla sicurezza nei luoghi di lavoro; se la seconda risulta affidata alla potestà legislativa concorrente, la prima dovrebbe ritenersi materia di competenza legislativa residuale regionale. Anche ammettendo, del resto, che l’art. 30 possa collocarsi nella materia "tutela e sicurezza del lavoro", la disciplina dettata dallo Stato violerebbe il limite della determinazione dei principi fondamentali, dal momento che la disposizione impugnata stabilirebbe "una particolare modalità di organizzazione e di esercizio di funzioni amministrative attribuite al Ministero del lavoro e delle politiche sociali", peraltro senza il carattere della cedevolezza rispetto alle successive scelte del legislatore regionale.

La ricorrente osserva altresì che la violazione del nuovo sistema di competenze introdotto con la riforma del Titolo V della Costituzione, risulterebbe evidente anche ammettendo che lo Stato possa ritenersi abilitato, in forza del principio di sussidiarietà di cui all’art. 118 Cost., a riservarsi funzioni amministrative che richiedano l’esercizio unitario a livello centrale, contestualmente dettandone la relativa disciplina, anche in materie che l’art. 117 attribuisce alla potestà normativa regionale, sulla base del combinato disposto degli artt. 118, primo comma, 117, secondo comma, lettera g), e sesto comma, della Costituzione. In questi casi, infatti, lo Stato potrebbe legittimamente dettare norme per lo svolgimento di una funzione amministrativa solo "nell’ambito di un intervento che contempli la complessiva riallocazione delle funzioni amministrative relative ad un determinato ambito materiale, distinguendo rigorosamente le funzioni da riservare a livello centrale (…) e solo per tali funzioni provvedendo a dettare la relativa disciplina".

3. – La Regione Toscana, nel proprio ricorso, si limita ad evidenziare come, ai sensi dell’art. 117 della Costituzione, allo Stato competerebbe esclusivamente "la sola definizione di principi e standard in materia di lavoro, con la conseguenza che la legislazione e la gestione in materia (sarebbero) riservate alle Regioni (…) e agli enti locali". La norma impugnata, dunque, attribuendo al "Ministero, e per esso ad Italia Lavoro s.p.a." compiti di politiche attive del lavoro, contrasterebbe con la disposizione costituzionale citata.

4. – La Regione Emilia-Romagna ritiene l’art. 30 della legge n. 448 del 2001 in contrasto con gli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione. La ricorrente, con argomentazioni non dissimili da quelle della Regione Marche, evidenzia come la materia nella quale ricade l’intervento legislativo statale sarebbe ricompresa "in via residuale nella competenza delle sole Regioni". Conseguentemente, dovrebbe ritenersi "esclusa in merito qualunque potestà legislativa statale". Qualora invece la materia fosse ritenuta di competenza concorrente, l’intervento statale andrebbe comunque oltre i confini ad esso imposti dalle norme costituzionali, dal momento che la disposizione impugnata non si limita a porre i principi fondamentali della materia stessa.

Inoltre, nel ricorso si evidenzia come la attribuzione ad una struttura ministeriale, "e per essa alla società Italia Lavoro s.p.a.", di funzioni amministrative concernenti la promozione delle politiche attive del lavoro, determinerebbe una violazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza di cui all’art. 118 della Costituzione. La normativa censurata, infatti, nel configurare Italia Lavoro s.p.a. come strumento del Ministero del lavoro, mostra di ritenere che allo stesso Ministero spettino funzioni amministrative in materia di politiche attive del lavoro, mentre l’efficacia dell’azione amministrativa richiederebbe che la gestione di tali funzioni fosse affidata alle Regioni perché capaci di sviluppare politiche del lavoro adeguate alle realtà locali.

Da ultimo, l’attribuzione alla società Italia Lavoro, anziché alle Regioni, di risorse finanziarie per l’esercizio di dette funzioni, comporterebbe la violazione dell’autonomia finanziaria regionale.

5. – L’Avvocatura generale dello Stato, per conto della Presidenza del Consiglio dei ministri, si è costituita nei giudizi indicati in epigrafe, sostenendo l’infondatezza della questione. La disposizione impugnata sarebbe stata dettata nell’esercizio della competenza prevista dall’art. 117, comma secondo, lettera g), della Costituzione, che sarebbe rilevante nel caso di specie, in quanto la società Italia Lavoro s.p.a. "rientra lato sensu nel novero degli enti pubblici nazionali, che la riforma ha confermato appartenere alla legislazione esclusiva dello Stato".

6. – In prossimità dell’udienza le Regioni Marche ed Emilia-Romagna hanno depositato memorie integrative.

La Regione Marche, ribadendo gli argomenti già prospettati nel ricorso introduttivo del giudizio, sottolinea come il contrasto della disposizione impugnata con il nuovo sistema di competenze introdotto con la riforma costituzionale di cui alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), sarebbe evidente anche con riferimento alla disciplina dell’allocazione delle funzioni amministrative delineata dall’art. 118 della Costituzione. Ciò in quanto l’art. 30 della legge n. 448 del 2001 presupporrebbe necessariamente che le attività da affidare a tale soggetto si ritenessero di competenza dello stesso Ministero. L’art. 118 della Costituzione, tuttavia, stabilendo che il conferimento delle funzioni amministrative sia operato con "legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze", farebbe sì che il legislatore statale potrebbe provvedere ad intestare funzioni amministrative solamente nelle materie in cui abbia competenza legislativa esclusiva. Da ciò deriverebbe la incostituzionalità della norma oggetto del presente giudizio, sia che la si volesse collocare nell’ambito della potestà legislativa concorrente, sia – a maggior ragione – ove invece si ritenesse che essa insista in un ambito affidato alla competenza residuale delle Regioni.

La Regione Marche aggiunge, infine, che le funzioni attribuite dalla norma impugnata ad Italia Lavoro s.p.a. dovrebbero ritenersi inserite nel quadro dei compiti amministrativi spettanti, in base alla legislazione vigente, alle Regioni. In questo senso deporrebbero sia l’art. 45, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59), sia l’art. 2, comma 2, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 (Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell’articolo 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59), dai quali si ricaverebbe che le funzioni e i compiti in materia di politica attiva del lavoro (enumerati in un elenco che, secondo la Regione ricorrente, non avrebbe carattere tassativo) non spettano al livello statale. Né potrebbe argomentarsi in contrario dall’art. 46, comma 1, lettera c) (rectius: d), del d.lgs. n. 300 del 1999, ai sensi del quale il Ministero del lavoro e delle politiche sociali svolge le funzioni di spettanza statale nelle aree funzionali concernenti "politiche del lavoro e dell'occupazione e tutela dei lavoratori: indirizzo, programmazione, sviluppo, coordinamento e valutazione delle politiche del lavoro e dell'occupazione; gestione degli incentivi alle persone a sostegno dell'occupabilità e della nuova occupazione; politiche della formazione professionale come strumento delle politiche attive del lavoro; indirizzo, promozione e coordinamento in materia di collocamento e politiche attive del lavoro; vigilanza dei flussi di entrata dei lavoratori esteri non comunitari; raccordo con organismi internazionali; conciliazione delle controversie di lavoro individuali e plurime e risoluzione delle controversie collettive di rilevanza pluriregionale; conduzione del sistema informativo del lavoro; condizioni di sicurezza nei posti di lavoro; profili di sicurezza dell'impiego sul lavoro di macchine, impianti e prodotti industriali, con esclusione di quelli destinati ad attività sanitarie e ospedaliere e dei mezzi di circolazione stradale; ispezioni sul lavoro e controllo sulla disciplina del rapporto di lavoro subordinato ed autonomo; assistenza e accertamento delle condizioni di lavoro degli italiani all'estero".

Tale disposizione, secondo la Regione, si limiterebbe infatti ad individuare le "aree funzionali" all’interno delle quali il Ministero è chiamato a svolgere le funzioni di spettanza statale, ossia gli "ambiti materiali in cui l’amministrazione centrale deve comunque limitarsi ad agire al fine di programmare, coordinare, indirizzare e promuovere".

7. – La Regione Emilia-Romagna, oltre a ribadire gli argomenti già prospettati, mira a confutare l’eccezione prospettata dall’Avvocatura dello Stato, secondo la quale la disciplina dettata dalla disposizione impugnata dovrebbe ritenersi compresa nella lettera g) dell’art. 117, secondo comma, della Costituzione, come tale, pienamente rientrante nella competenza del legislatore statale sotto il profilo del potere dello Stato di organizzarsi per lo svolgimento dei propri compiti.

Al riguardo la Regione osserva che, in realtà, il Ministero del lavoro "si organizza (…) per lo svolgimento di funzioni di competenza regionale, alla stregua dell’art. 117": per cui il riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera g), sarebbe del tutto improprio. Né il fatto che la norma impugnata preveda funzioni di "promozione e gestione generica" potrebbe valere a giustificarla sul piano delle competenze, costituendo, anzi, un elemento che aggraverebbe la lesività per le attribuzioni della Regione, in quanto riconoscerebbe al Ministero una quota indeterminata di funzioni.

8. – L’Avvocatura dello Stato ha presentato una memoria integrativa nel solo giudizio introdotto dal ricorso della Regione Marche, confermando che la società Italia Lavoro dovrebbe essere ritenuta "ente pubblico" al di là della formale veste privatistica, in quanto "ciò che rileva è solo la proprietà pubblica del capitale sociale". Pertanto la disciplina rientrerebbe pienamente nella legislazione esclusiva dello Stato riconosciuta dall’art. 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione.

Considerato in diritto

1. – Le Regioni Marche, Toscana ed Emilia-Romagna, nell’impugnare numerose disposizioni della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002), censurano, tra l’altro, l’art. 30 di tale legge (Attività di supporto al Ministero del lavoro e delle politiche sociali). Per ragioni di omogeneità di materia, la trattazione della questione di costituzionalità indicata viene separata da quella delle altre, sollevate con i medesimi ricorsi, oggetto di distinte decisioni.

La norma censurata dispone la possibilità, per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di avvalersi di Italia Lavoro s.p.a. "per la promozione e la gestione di azioni nel campo delle politiche attive del lavoro e dell’assistenza tecnica ai servizi per l’impiego". L’art. 30 impugnato dispone altresì che "il Ministero del lavoro e delle politiche sociali assegna direttamente a Italia Lavoro s.p.a., con provvedimento amministrativo, funzioni, servizi e risorse relativi a tali compiti". Secondo le ricorrenti, tale disposizione violerebbe la competenza regionale in quanto inciderebbe su una materia che l’art. 117 della Costituzione affida alla potestà legislativa residuale delle Regioni; peraltro, anche ove si volesse ritenere che la norma impugnata si collochi nell’ambito della materia "tutela e sicurezza del lavoro", per la quale la Costituzione dispone la competenza concorrente di Stato e Regioni, la norma in questione sarebbe comunque lesiva della sfera di competenza regionale, in quanto esorbiterebbe dal limite dei "principi fondamentali" affidati alla legislazione statale.

La disposizione impugnata violerebbe altresì l’articolo 118 della Costituzione, dal momento che l’attribuzione di funzioni amministrative concernenti la promozione di politiche attive del lavoro ad una struttura ministeriale, "e per essa alla società Italia Lavoro s.p.a.", determinerebbe una violazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.

Da ultimo, l’attribuzione alla società Italia Lavoro, anziché alle Regioni, di risorse finanziarie per l’esercizio di dette funzioni, violerebbe l’autonomia finanziaria regionale.

In considerazione dell’identità della materia, nonché della connessione dei profili di incostituzionalità fatti valere, i ricorsi indicati in epigrafe, per la parte relativa all’art. 30 della legge n. 448 del 2001, possono essere riuniti per essere decisi con un’unica pronuncia.

2. – La decisione sulla questione di legittimità costituzionale all’esame deve muovere dalla ricostruzione della natura giuridica di Italia Lavoro s.p.a. e dei compiti ad essa assegnati.

Questa società trova origine nella direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 13 maggio 1997, la quale ha disposto che il Ministro del tesoro, nell’esercizio dei diritti dell’azionista – assunti a seguito del processo di privatizzazione e di riordino degli enti pubblici detentori delle partecipazioni in GEPI s.p.a. – opera affinché quest’ultima "attribuisca ad apposita società, costituita o costituenda, e della quale detenga l’intero capitale la stessa GEPI s.p.a." lo svolgimento dei compiti già affidati alla GEPI in particolare dall’art. 3 del decreto legge 1°ottobre 1996, n. 510 (Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 28 novembre 1996, n. 608, nonché le funzioni così individuate dall’art. 2 della citata direttiva: "l’orientamento e la formazione professionale già svolti dalla GEPI s.p.a.; la progettazione e la gestione di progetti di lavori socialmente utili, finalizzati a stabili occasioni di impiego e con particolare riferimento alle società miste, alle cooperative sociali, ai servizi alla persona, all’autoimpiego, alle attività non profit, al lavoro interinale e ad ogni altra forma di intervento che abbia come obiettivo la promozione dell’occupazione, con esclusione dell’assunzione di rapporti di lavoro in proprio".

In attuazione di questa direttiva del Presidente del Consiglio è stata istituita Italia Lavoro s.p.a., la quale, ai sensi dell’art. 4 dello statuto, ha come oggetto "la promozione, la progettazione, la realizzazione e la gestione, sia direttamente che indirettamente, di ogni attività di intervento finalizzati alla promozione dell’occupazione sull’intero territorio nazionale, con riguardo particolare alle aree territoriali depresse ed ai soggetti svantaggiati del mercato del lavoro, con esclusione dell’assunzione di rapporti di lavoro in proprio".

L’art. 1, comma 5, del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468 (Revisione della disciplina sui lavori socialmente utili, a norma dell’articolo 22 della legge 24 giugno 1997, n. 196), prevede che il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e le Regioni, "negli ambiti di rispettiva competenza, promuovono l’utilizzazione dei lavori socialmente utili come strumento di politica attiva del lavoro, di qualificazione professionale e di creazione di nuovi posti di lavoro e di nuova imprenditorialità, anche sotto forma di lavoro autonomo o cooperativo". A ciò si aggiunge poi l’art. 6 del decreto interministeriale del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica del 21 maggio 1998, il quale stabilisce che, per il perseguimento degli obiettivi contemplati da quest’ultima disposizione, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale "si avvale dell’attività della società Italia Lavoro s.p.a. (…) che a tal fine svolge una sistematica azione di assistenza tecnica alle Regioni, alle Province e agli Enti promotori di progetti di lavori socialmente utili".

In questo quadro rileva, inoltre, il decreto del Ministro del lavoro 24 febbraio 1998 (Individuazione delle Agenzie di promozione di lavoro e di impresa ai fini dello svolgimento delle attività dell’art. 2 del d.lgs n. 468 del 1997), con il quale vengono affidate ad Italia Lavoro s.p.a. i compiti concernenti le attività contemplate dall’art. 2 del citato d.lgs. n. 468 del 1997, riguardanti "lavori di pubblica utilità".

Successivamente, in base all’art. 1, comma 3, del decreto legislativo 9 gennaio 1999, n. 1 (Riordino degli enti e delle società di promozione e istituzione della società "Sviluppo Italia", a norma degli articoli 11 e 14 della legge 15 marzo 1997, n. 59), la partecipazione azionaria di ITAINVEST s.p.a. (già GEPI s.p.a.) in Italia Lavoro viene conferita al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, stabilendosi altresì che quest’ultimo "esercita i diritti dell’azionista su direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri e d’intesa con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale".

In relazione all’attività di Italia Lavoro, sono inoltre rilevanti le direttive 20 luglio 2000 e il decreto 12 marzo 2001 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Con la prima si dispone che le azioni di Italia Lavoro siano volte a risolvere i problemi connessi alla disoccupazione di lungo periodo, in particolar modo in relazione ai lavoratori socialmente utili, alle fasce deboli del mercato del lavoro ed ai territori ad elevata disoccupazione. Con la seconda si prevede che Italia Lavoro collabori nell’ambito del Piano nazionale per l’occupazione relativo agli anni 2001 – 2006.

3. – Da questo quadro risulta evidente che Italia Lavoro è una speciale società per azioni a capitale interamente pubblico. Come evidenziato, infatti, la partecipazione azionaria nella suddetta società è interamente detenuta dal Ministro del tesoro, il quale esercita i diritti dell’azionista su direttiva del Presidente del Consiglio e d’intesa con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

I compiti svolti da tale società – non liberamente determinabili da quest’ultima – sono individuati in base alla normativa precedentemente citata, e consistono, essenzialmente, nella prestazione di servizi finalizzati alla promozione dell’occupazione – e specialmente dei lavori socialmente utili come strumento di politica attiva del lavoro – sull’intero territorio nazionale, con particolare riguardo alle situazioni più svantaggiate.

4. – A questo punto è possibile affrontare specificamente le censure proposte dalle Regioni ricorrenti.

La questione di legittimità costituzionale dell’art. 30 della legge n. 448 del 2001, per contrasto con l’art. 117 della Costituzione, non è fondata.

L’articolo 30 censurato si limita a regolare i rapporti tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed Italia Lavoro s.p.a., della quale il primo è autorizzato ad avvalersi, anche mediante la assegnazione diretta di funzioni, servizi e risorse, al fine della promozione e della gestione di azioni nel campo delle politiche attive del lavoro e dell’assistenza tecnica ai servizi per l’impiego.

Le premesse svolte evidenziano, contrariamente a quanto sostenuto dalle Regioni ricorrenti, che la disciplina introdotta dalla disposizione impugnata trova titolo di legittimazione nella competenza legislativa esclusiva affidata allo Stato dall’art. 117, comma secondo, lettera g), della Costituzione, là dove tale disposizione fa riferimento alla materia "ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali". La natura di società per azioni di Italia Lavoro, infatti, non può valere da sola ad escluderla dall’ambito di applicazione della citata norma costituzionale; d’altra parte, in tal senso milita la considerazione della totale partecipazione azionaria del Ministro del tesoro, dei poteri di indirizzo spettanti agli organi del Governo, ed in particolare al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, nonché della predeterminazione eteronoma dei compiti e delle funzioni pubbliche che la stessa società è chiamata a perseguire. In altri termini, una società di questo tipo, costituita in base alla legge, affidataria di compiti legislativamente previste e per essa obbligatorie, operante direttamente nell’ambito delle politiche di un Ministero come strumento organizzativo per il perseguimento di specifiche finalità, presenta tutti i caratteri propri dell’ente strumentale, salvo quello di rivestire – per espressa disposizione legislativa – la forma della società per azioni; e ciò, come detto, non può di per sé assumere rilievo per negare la sussistenza della potestà legislativa attribuita in via esclusiva allo Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione.

5. – La questione di legittimità costituzionale dell’art. 30 della legge n. 448 del 2001, per contrasto con l’art. 118 della Costituzione, non è fondata.

Va anzitutto osservato che nulla, nella formulazione testuale della disposizione impugnata, induce a ritenere che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali sia autorizzato ad avvalersi di Italia Lavoro s.p.a. per lo svolgimento di funzioni che non gli spettino in virtù del vigente riparto di competenze. In altri termini, appare evidente che il Ministro potrà attribuire ad Italia Lavoro esclusivamente compiti di competenza dello Stato, e non, viceversa, funzioni che, in forza del vigente ordinamento costituzionale, debbano spettare alla competenza regionale.

Inoltre, si deve considerare che la disposizione oggetto del presente giudizio non determina, di per sé, alcun ampliamento degli ambiti in cui Italia Lavoro s.p.a., già in base alla previgente disciplina, poteva svolgere la propria attività.

Se, in concreto, i provvedimenti ministeriali contemplati dall’art. 30 dovessero attribuire ad Italia Lavoro funzioni tali da esorbitare dall’ambito delle competenze amministrative riconosciute allo Stato in virtù dell’art. 118 della Costituzione, saranno tali provvedimenti a risultare concretamente lesivi delle attribuzioni delle Regioni, le quali, come è ovvio, potranno allora far valere le proprie ragioni con i rimedi previsti.

D’altra parte, merita di essere comunque evidenziato il carattere eminentemente "sussidiario" degli interventi affidati ad Italia Lavoro, dal momento che è sempre lasciata al soggetto fruitore di questi ultimi la scelta di avvalersene o meno.

6. – Anche la questione di legittimità costituzionale dell’art. 30 della legge n. 448 del 2001, per contrasto con l’art. 119 della Costituzione, non è fondata.

Il rigetto di tale censura appare direttamente conseguente alle argomentazioni appena svolte. Infatti, riconosciuta allo Stato la possibilità di operare nell’ambito delle politiche attive del lavoro, in conformità con le prescrizioni di cui all’art. 118 della Costituzione, non si può non ritenere che lo Stato possa destinare a tali funzioni le necessarie risorse finanziarie, senza che ciò costituisca una indebita sottrazione di tali risorse al sistema delle autonomie.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata ogni decisione sulle restanti questioni di legittimità costituzionale della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002), sollevate dalle Regioni Marche, Toscana ed Emilia-Romagna con i ricorsi indicati in epigrafe;

riuniti i giudizi, relativamente all’art. 30 della legge 28 dicembre 2001, n. 448,

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 30 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge finanziaria 2002), sollevata in riferimento agli articoli 117, 118 e 119 della Costituzione con i ricorsi indicati in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Ugo DE SIERVO, Redattore

Depositata in Cancelleria il 19 dicembre 2003.