ORDINANZA N.344
ANNO 2003
repubblica italiana
In nome del Popolo italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Riccardo CHIEPPA, Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
- Ugo DE SIERVO
- Romano VACCARELLA
- Paolo MADDALENA
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 222 del codice penale (Ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario) promosso con ordinanza del 22 luglio 2002 dal GIP del Tribunale di Genova iscritta al n. 136 del registro delle ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell’anno 2003.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 29 ottobre 2003 il Giudice relatore Valerio Onida.
Ritenuto che, con ordinanza emessa il 22 luglio 2002, pervenuta a questa Corte il 25 febbraio 2003, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Genova ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3 e 32 della Costituzione, dell’articolo 222 del codice penale (Ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario);
che il remittente premette in fatto che la persona imputata di resistenza aggravata a pubblico ufficiale e tentata lesione personale grave è stata ritenuta in sede di perizia totalmente incapace di intendere e di volere e socialmente pericolosa, ma che una successiva relazione psichiatrica ha affermato che la stessa potrebbe considerarsi non più socialmente pericolosa nel caso in cui fosse inserita in una struttura di cura protetta, ove poter proseguire la terapia già in corso;
che, osserva il giudice a quo, l’art. 222 del codice penale, rendendo obbligatoria nel caso di specie l’applicazione della misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, non consente di accogliere l’istanza del difensore della persona imputata volta alla sostituzione della misura provvisoria in corso con quella, più idonea rispetto alle esigenze terapeutiche, della libertà vigilata con prescrizione di risiedere presso una struttura protetta e di proseguirvi la terapia;
che, tuttavia, il remittente dubita della conformità di detto art. 222 cod. pen., in primo luogo, all’articolo 3 della Costituzione, in quanto al maggiore di età non imputabile per vizio totale di mente e socialmente pericoloso verrebbe riservato un trattamento deteriore rispetto al minorenne incapace di intendere e di volere, al quale gli articoli 224 e 232, primo e secondo comma, cod. pen. consentono di applicare la misura non segregante della libertà vigilata, e ciò, nonostante in entrambi i casi ricorra la medesima necessità di tutelare la collettività dalle possibili azioni criminose di un soggetto al tempo stesso pericoloso e penalmente non responsabile, e, nonostante, in casi come quello in esame nel giudizio a quo, la tutela della collettività possa essere adeguatamente garantita attraverso la misura della libertà vigilata con risultati terapeutici prevedibilmente più soddisfacenti;
che, in secondo luogo, a parere del giudice a quo la norma impugnata contrasterebbe con l’art. 32 della Costituzione, perché comporterebbe una ingiustificata limitazione delle possibilità di cura, quando sia accertato che l’adozione di misure terapeuticamente idonee e meno afflittive non vanificherebbe in concreto le esigenze di difesa della collettività, così venendo a mancare un equilibrato bilanciamento degli interessi costituzionalmente protetti;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo per la infondatezza della questione.
Considerato che, successivamente alla pronuncia dell’ordinanza di rimessione, questa Corte, con la sentenza n. 253 del 18 luglio 2003, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 222 del codice penale "nella parte in cui non consente al giudice, nei casi ivi previsti, di adottare, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa misura di sicurezza, prevista dalla legge, idonea ad assicurare adeguate cure dell’infermo di mente e a far fronte alla sua pericolosità sociale";
che, pertanto, gli atti debbono essere restituiti al giudice a quo perché valuti nuovamente la rilevanza della questione alla luce della predetta sopravvenuta pronuncia.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Genova.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 novembre 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Valerio ONIDA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 25 novembre 2003.