Ordinanza n. 340 del 2003

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N.340

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai Signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

- Francesco AMIRANTE

- Ugo DE SIERVO

- Romano VACCARELLA

- Paolo MADDALENA

- Alfio FINOCCHIARO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 16 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2003), promosso con ordinanza del 21 gennaio 2003 dalla Corte di cassazione – sezione tributaria, sul ricorso proposto da Cervello Salvatore contro il Ministero delle finanze, iscritta al n. 166 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell’anno 2003.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 settembre 2003 il Giudice relatore Paolo Maddalena.

Ritenuto che con ordinanza del 21 gennaio 2003, la Corte di cassazione – sezione tributaria, ha sollevato, con riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 16 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2003), “nella parte in cui esclude la possibilità per il contribuente di avvalersi della relativa disciplina di chiusura delle liti fiscali ove queste pendano innanzi alla Corte di cassazione”;

che la norma censurata prevede che le liti fiscali pendenti dinanzi alle commissioni tributarie in ogni grado del giudizio, anche a seguito di rinvio, nonché quelle già di competenza del giudice ordinario, ancora pendenti dinanzi al tribunale o alla corte d’appello, possano essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio, con il pagamento di una somma rapportata al valore della lite (art. 16, comma 1, della legge n. 289 del 2002, nel testo precedente le modifiche introdotte dall’art. 5-bis del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, recante “Disposizioni urgenti in materia di adempimenti comunitari e fiscali, di riscossione e di procedure di contabilità”, aggiunto dalla legge di conversione 21 febbraio 2003, n. 27);

che, in punto di fatto, il giudice a quo espone che l’Ufficio delle imposte dirette di Catania e l’Ufficio IVA della stessa città notificavano distinti avvisi di accertamento, relativi agli anni 1983 e 1984, all’esercente una attività di autotrasporti, che li impugnava innanzi al giudice tributario;

che i ricorsi proposti dal contribuente venivano accolti dalla commissione tributaria di primo grado;

che la commissione tributaria di secondo grado, adita dall’amministrazione finanziaria, riconosceva la legittimità della pretesa erariale relativa al recupero dell’IVA e, successivamente, la Commissione tributaria centrale accoglieva solo parzialmente il ricorso proposto dal contribuente;

che, avverso tale ultima decisione, il suddetto contribuente ricorreva per cassazione, formulando, nel corso del giudizio, istanza di differimento della udienza di discussione del ricorso, in relazione alle disposizioni in materia di condono fiscale introdotte dalla citata legge n. 289 del 2002;

che il remittente, ritenuta la rilevanza della questione, evidenzia che la norma denunciata non consente una interpretazione estensiva, in quanto nega al contribuente, la cui lite sia pendente davanti alla Corte di cassazione, di usufruire della definizione agevolata della controversia fiscale;

che, a tal fine, neppure potrebbe trovare applicazione la disciplina prevista dall’art. 7 della legge n. 289 del 2002 in tema di definizione automatica dei redditi di impresa e di lavoro autonomo per gli anni pregressi mediante autoliquidazione, né quella stabilita dall’art. 8 della stessa legge (integrazione degli imponibili per gli anni pregressi), né, infine, quella di cui all’art. 9 della citata legge (definizione automatica per gli anni pregressi);

che l’esclusione della definizione agevolata delle controversie fiscali pendenti innanzi alla Corte di cassazione contrasta, ad avviso del remittente, con l’art. 3 della Costituzione, in quanto carente di ragionevole giustificazione e tale da comportare un regime giuridico deteriore rispetto a quello stabilito per la definizione dei tributi locali dall’art. 13 della legge n. 289 del 2002, il quale prevede la sospensione, su istanza di parte, del procedimento giurisdizionale in qualunque stato e grado del giudizio;

che la predetta esclusione viola, inoltre, l’art. 24 della Costituzione, in quanto discrimina l’esercizio del diritto di difesa;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale, rilevato che in sede di conversione del decreto-legge n. 282 del 2002, è stata estesa anche ai giudizi in corso davanti alla Corte di cassazione la possibilità di chiusura delle liti fiscali pendenti, ha chiesto la restituzione degli atti al giudice a quo per ius superveniens.

Considerato che, successivamente all’ordinanza di remissione, la disposizione censurata è stata modificata dall’art. 5-bis del decreto-legge n. 282 del 2002, aggiunto dalla legge di conversione n. 27 del 2003;

che, per effetto di tale modifica, l’art. 16, comma 1, della legge n. 289 del 2002 stabilisce che le liti fiscali pendenti dinanzi alle commissioni tributarie o al giudice ordinario in ogni grado del giudizio e anche a seguito di rinvio possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio, con il pagamento di una somma rapportata al valore della lite (per la cui disciplina temporale vedi ora il decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143, recante “Disposizioni urgenti in tema di versamento e riscossione di tributi, di Fondazioni bancarie e di gare indette dalla Consip S.p.a. nonché di alienazione di aree appartenenti al patrimonio e al demanio dello Stato”, convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 1° agosto 2003, n. 212);

che, pertanto, il legislatore ha introdotto la possibilità di definizione agevolata anche per le liti fiscali pendenti innanzi alla Corte di cassazione;

che la sopravvenuta modificazione della norma censurata impone la restituzione degli atti al giudice a quo affinché verifichi la perdurante rilevanza della questione.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti alla Corte di cassazione – sezione tributaria.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 novembre 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Paolo MADDALENA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 14 novembre 2003.