SENTENZA N.285
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Riccardo CHIEPPA Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223 (Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro), promosso con ordinanza del 17 aprile 2002 emessa dal Tribunale di Rossano nel procedimento civile vertente tra Luigi Curia e l’Istituto nazionale per la previdenza sociale (INPS), iscritta al n. 481 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 2002.
Visti l’atto di costituzione dell’INPS nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 20 maggio 2003 il Giudice relatore Franco Bile;
uditi l’avvocato Giuseppe Fabiani per l’INPS e l’avvocato dello Stato Massimo Mari per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza emessa il 17 aprile 2002, nel giudizio promosso da Curia Luigi nei confronti dell'INPS ed avente ad oggetto il riconoscimento del diritto al trattamento speciale di disoccupazione per i lavoratori edili, il Tribunale di Rossano ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223 (Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro); disposizione questa che, nel prevedere un particolare trattamento speciale di disoccupazione in favore dei lavoratori licenziati da imprese edili, non include però nel computo del periodo di diciotto mesi di lavoro effettivo, prescritto quale presupposto per il conseguimento della prestazione, anche i periodi di astensione dal lavoro per infortunio sul lavoro o malattia.
In particolare, il Tribunale rimettente ha verificato che, dalla documentazione depositata dalle parti nel giudizio a quo, era emerso un rapporto di lavoro protrattosi dal 1° agosto 1996 al 27 aprile 1998, quindi per una durata complessiva superiore ai diciotto mesi di lavoro richiesti dalla disposizione censurata; in tale periodo però cadevano anche plurimi periodi di assenza del lavoratore per malattia ed un solo breve periodo (di meno di due settimane) di assenza per infortunio sul lavoro.
Secondo il Tribunale rimettente, al fine dell'insorgenza del diritto all'indennità di mobilità si devono considerare solo le giornate di lavoro effettivamente prestate (ed i giorni festivi) con esclusione delle giornate in cui il rapporto è stato sospeso vuoi per malattia, vuoi per infortunio sul lavoro.
Però la disposizione censurata, così interpretata, viola - secondo il Tribunale rimettente - l'art. 38 della Costituzione, poiché non considera come periodi di lavoro utili al fine del conseguimento della provvidenza richiesta anche quelli di assenza per infortunio sul lavoro o per malattia, eventi questi che ricadono nell'ambito della tutela approntata dall'evocato parametro costituzionale.
Inoltre - ritiene ancora il Tribunale rimettente - appare vulnerato altresì l'art. 3 della Costituzione, in quanto la disposizione censurata disciplina in maniera ingiustificatamente diversa il suddetto trattamento speciale di disoccupazione rispetto all'analoga prestazione previdenziale (l'indennità di mobilità) prevista dal combinato disposto di cui agli artt. 7, comma 1, e 16, comma 1, della citata legge n. 223 del 1991, per il conseguimento della quale sono necessari e sufficienti dodici mesi di lavoro, di cui sei di effettiva prestazione di attività lavorativa, ivi compresi i periodi di sospensione del lavoro derivanti da ferie festività ed infortuni.
2. Si è costituito l'INPS, rilevando preliminarmente l'irrilevanza - e quindi l'inammissibilità - della sollevata questione di costituzionalità quanto alla mancata computabilità dell’assenza per infortunio sul lavoro in considerazione della sua breve durata, giacché una sua inclusione nel computo del lavoro effettivamente prestato non consentirebbe comunque al lavoratore ricorrente di raggiungere il periodo minimo di legge per beneficiare del richiesto trattamento speciale di disoccupazione, di cui alla disposizione censurata.
Nel merito poi l'Istituto ha sostenuto l'infondatezza della questione, quanto alla mancata computabilità delle assenze per malattia. Ha osservato in particolare che tutti i trattamenti speciali di disoccupazione sono caratterizzati, secondo le rispettive normative specifiche, dalla previsione del requisito che il lavoratore possa far valere un'anzianità lavorativa minima. Peraltro l'assenza dal lavoro per malattia, sebbene – secondo l’Istituto - non concorra al raggiungimento del requisito occupazionale previsto per il riconoscimento della prestazione dedotta in giudizio, non preclude tuttavia qualsiasi tutela contro la disoccupazione involontaria, poiché viene normalmente valutata per il conferimento dell'indennità ordinaria di disoccupazione, di minor importo ma pur sempre adeguata alle esigenze di vita del lavoratore rimasto disoccupato e, perciò, rispondente al precetto costituzionale dell'art. 38 della Costituzione.
In ordine poi alla sospettata violazione del principio di uguaglianza di cui all’ art. 3 Cost., l'INPS ha osservato che non è possibile assumere l'indennità di mobilità spettante ai lavoratori del settore dell'industria a tertium comparationis , non essendo comparabili le prestazioni di disoccupazione poste a confronto.
3. E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato ed ha concluso per l'infondatezza della questione di costituzionalità.
Osserva l'Avvocatura che il regime degli ammortizzatori sociali nell'edilizia si discosta da quello previsto per i lavoratori del settore industriale e commerciale, in quanto tiene conto delle particolari caratteristiche del settore delle costruzioni edili che presenta, a differenza di altri comparti merceologici, una fisiologica discontinuità delle attività produttive dovuta sia alla provvisorietà degli insediamenti, sia a ricorrenti fattori stagionali. Conseguentemente, il ricorso alla cassa integrazione guadagni e, in genere, agli altri strumenti di sostegno della retribuzione si presenta con maggiore frequenza e, per converso, necessita, al fine di prevenire abusi, di rigorosi requisiti.
E' quindi ragionevole il differente criterio di ammissibilità dei lavoratori edili al particolare trattamento speciale di disoccupazione di cui alla disposizione censurata (diciotto mesi di lavoro effettivo) rispetto a quello dei lavoratori dei settori dell’industria e del commercio (dodici mesi, di cui almeno sei di lavoro effettivamente prestato).
Considerato in diritto
1. La questione di costituzionalità, sollevata dal Tribunale rimettente in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, investe l'art. 11, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223 (Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro), nella parte in cui, al fine del riconoscimento del trattamento speciale di disoccupazione previsto per i lavoratori licenziati da imprese edili nelle particolari circostanze ivi indicate, non include nel computo del periodo di diciotto mesi di lavoro effettivo, previsto quale presupposto per il conseguimento della prestazione, i periodi di astensione dal lavoro per infortunio sul lavoro o per malattia.
Secondo il Giudice rimettente, la norma viola l'art. 38 della Costituzione perché - non considerando, tra i periodi di lavoro utili ad ottenere il trattamento speciale di disoccupazione, quelli di infortunio sul lavoro o di malattia, pur espressamente previsti dal parametro costituzionale evocato - non assicura al lavoratore licenziato da impresa edile i mezzi adeguati alle sue esigenze di vita; e viola altresì il principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione), perché i periodi di assenza per malattia o infortunio sul lavoro sono invece, dagli artt. 7 e 16 della stessa legge n. 223 del 1991, ritenuti rilevanti ad integrare l’analogo presupposto del periodo minimo di lavoro per ottenere una prestazione previdenziale similare, quale l'indennità di mobilità in favore di lavoratori assoggettati a procedura di mobilità o a licenziamento collettivo.
2. La difesa dell'INPS ha eccepito l’inammissibilità, per difetto di rilevanza, della questione di legittimità costituzionale nella parte relativa alla non computabilità dei periodi di assenza per infortunio sul lavoro, nell'anzianità di servizio necessaria per l’accesso del lavoratore al trattamento speciale di cui alla norma impugnata.
L’eccezione è fondata, in quanto – risultando dalla stessa ordinanza di rimessione la durata (del resto pacifica tra le parti) dei periodi di assenza per malattia e per infortunio sul lavoro – è di tutta evidenza come nel caso di specie l'esiguità di quest’ultimo periodo (protrattosi per pochi giorni) comporti l’ininfluenza del suo computo al fine di verificare il requisito dei diciotto mesi di lavoro effettivo.
La questione di costituzionalità, nella parte indicata, è pertanto manifestamente inammissibile.
3. Nella parte relativa alla computabilità dei periodi di assenza per malattia, la questione non è fondata.
4. In riferimento alla dedotta violazione del principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione), il Tribunale rimettente istituisce una comparazione fra termini non omogenei e quindi non utilmente raffrontabili al fine di estendere la disciplina del tertium comparationis alla fattispecie in esame.
4.1. La norma censurata - integrando e innovando la disciplina del trattamento speciale di disoccupazione per i lavoratori licenziati da imprese edili, istituito dalla legge 6 agosto 1975, n. 427 (Norme in materia di garanzia del salario e di disoccupazione speciale in favore dei lavoratori dell'edilizia ed affini), in alternativa al trattamento ordinario di disoccupazione, avente carattere generale - ha introdotto un nuovo ed ulteriore trattamento speciale di disoccupazione per casi del tutto particolari, in favore di dipendenti di imprese edili localizzate in determinate aree, in crisi all’atto del completamento della realizzazione di impianti industriali o di opere pubbliche di grandi dimensioni. All’uopo la norma ha stabilito un requisito di anzianità lavorativa di almeno diciotto mesi di <> (più rigoroso del simmetrico requisito contributivo previsto dall’art. 9 della citata legge n. 427 del 1975 per il generico trattamento speciale di disoccupazione in edilizia, pari a dieci contributi mensili nel biennio).
Dal canto suo la normativa di cui agli artt. 7 e 16 della legge n. 223 del 1991 (evocata dal rimettente a titolo di tertium comparationis) richiede, per ottenere le prestazioni previdenziali in favore dei lavoratori licenziati o collocati in mobilità, un'anzianità di dodici mesi, di cui almeno sei di <>, compresi i periodi di sospensione per <<ferie, festività ed infortuni>>.
4.2. E’ ben vero, come rileva il rimettente, che – pur nella simmetria tra il requisito di anzianità contributiva previsto per il trattamento speciale di disoccupazione spettante ai dipendenti delle particolari imprese edili prima indicate (riferito dalla disposizione censurata al <>) e l'analogo requisito previsto per l'indennità di mobilità (riferito dalla normativa assunta come tertium comparationis al <>) – la computabilità di taluni periodi di sospensione dal lavoro è testualmente contemplata solo per il secondo trattamento e non anche per il primo.
Ma la specificità della prestazione di cui alla norma censurata - riguardante solo i dipendenti di alcune imprese edili, in date circostanze di tempo e di luogo - la rende incomparabile con una prestazione a carattere generale, quale l’indennità di mobilità, per l’evidente disomogeneità dei termini del raffronto.
4.3. L’evocazione – ai fini della comparazione – della disciplina dell'indennità di mobilità è incongrua anche sotto un ulteriore profilo.
Il Tribunale rimettente interpreta l’art. 16, comma 1, della legge n. 223 del 1991 nel senso che esso – richiedendo per tale indennità dodici mesi di anzianità di servizio, fra i quali sei di lavoro effettivo (cui sono equiparati i periodi di ferie, festività e infortuni) - consentirebbe, <<espressamente, anche se implicitamente>>, di tener conto dei periodi di malattia per calcolare non i sei mesi di <>, ma gli ulteriori sei mesi dell’anno di <<anzianità aziendale>>.
Sollevando la presente questione di costituzionalità, lo stesso Tribunale mira invece a conseguire il diverso risultato della ben più ampia utilizzabilità dei periodi di malattia per calcolare l’intero periodo di diciotto mesi di <> previsto dalla norma impugnata, con l’effetto di attribuire a siffatta espressione un significato diverso da quello che, a suo avviso, essa avrebbe nella norma assunta a tertium comparationis.
5. Neppure è violato l'art. 38 della Costituzione, perché l'ordinamento previdenziale prevede, per la disoccupazione involontaria nel settore edilizio, sia il trattamento ordinario di disoccupazione previsto come istituto di carattere generale, sia quello speciale di cui al citato art. 9 della legge n. 427 del 1975. E pertanto l’eventuale mancanza dei requisiti previsti per l’ulteriore particolare trattamento di disoccupazione speciale, contemplato dalla norma impugnata in favore dei dipendenti di alcune imprese in situazioni ben determinate, non lascia il lavoratore sfornito della tutela generale contro la disoccupazione, la cui idoneità e adeguatezza non sono poste in dubbio dal Tribunale rimettente.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223 (Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro), sollevata - nella parte relativa alla computabilità dei periodi di assenza per infortunio sul lavoro - dal Tribunale di Rossano, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, con l’ordinanza indicata in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, sollevata - nella parte relativa alla computabilità dei periodi di assenza per malattia - dal medesimo Tribunale di Rossano, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, con l’ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Franco BILE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 30 luglio 2003.