SENTENZA N.275
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Riccardo CHIEPPA Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 1, lett. a), della legge 8 novembre 1991, n. 362 (Norme di riordino del settore farmaceutico), in relazione all’art. 9 della stessa legge [recte: della legge 2 aprile 1968, n. 475 (Norme concernenti il servizio farmaceutico)], promosso con ordinanza del 26 luglio 2002 dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia sul ricorso proposto da Federfarma ed altri contro il Comune di Milano, iscritta al n. 461 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 2002.
Visti gli atti di costituzione della Federfarma ed altri, del Comune di Milano e della GEHE Italia s.p.a., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica dell’ 11 febbraio 2003 il Giudice relatore Paolo Maddalena;
uditi gli avvocati Lorenzo Acquarone, Agostino Gambino e Massimo Luciani per la Federfarma ed altri, Luca Radicati di Brozolo ed Elisabetta D’Auria per il Comune di Milano, Nicola Alessandri e Costantino Tessarolo per la GEHE Italia s.p.a., nonché l’Avvocato dello Stato Ignazio F. Caramazza per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. ¾ Il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, con ordinanza depositata il 26 luglio 2002, ha sollevato, con riferimento agli artt. 3 e 32 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 1, lett. a), della legge 8 novembre 1991, n. 362 (Norme di riordino del settore farmaceutico), in relazione all’art. 9 della medesima legge [recte: della legge 2 aprile 1968, n. 475 (Norme concernenti il servizio farmaceutico)], nella parte in cui non estende alle società che prendono parte alla gestione delle farmacie comunali il divieto, previsto per i farmacisti privati, di partecipare all’attività di produzione, distribuzione, intermediazione e informazione scientifica del farmaco.
2. ¾ Il remittente espone, in fatto, che alcune organizzazioni rappresentative di farmacisti e consumatori, e altri ricorrenti, hanno impugnato gli atti della sequenza procedimentale con la quale il Comune di Milano: 1) ha trasformato l’azienda municipale che gestiva le farmacie di proprietà comunale prima in azienda speciale e poi in società per azioni; 2) ha approvato lo statuto, il contratto di servizio e il piano di fattibilità dell’azienda speciale e della società per azioni; 3) ha fissato le modalità di cessione del pacchetto azionario della società per azioni; 4) ha approvato il bando di gara per la cessione dell’80% del pacchetto azionario della predetta società; 5) ha ceduto alla GEHE Italia s.p.a., società operante nel settore della distribuzione del farmaco, la suddetta quota del pacchetto azionario.
In particolare, il giudice a quo rappresenta che i ricorrenti hanno contestato la partecipazione alla predetta gara delle società distributrici di farmaci, eccependo l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 1, della legge n. 362 del 1991.
3. ¾ In diritto, il remittente, ritenuta la rilevanza della questione, afferma potersi desumere dalla norma denunciata un principio fondamentale che vieta il contemporaneo esercizio dell’attività di gestione della farmacia privata e dell’attività di produzione, distribuzione, intermediazione e informazione scientifica del farmaco.
Analogo divieto non sussisterebbe, secondo il giudice a quo, per le società che prendono parte alla gestione delle farmacie comunali, le quali potrebbero, pertanto, contemporaneamente operare nel settore della produzione e della commercializzazione del farmaco.
Poiché, tuttavia, il divieto sancito dalla norma censurata è posto, ad avviso del remittente, a tutela dell’interesse generale alla salute, in quanto diretto ad evitare la commistione tra gli interessi correlati alla produzione ed alla commercializzazione del farmaco e quelli relativi alla gestione delle farmacie, la limitazione di esso alle sole farmacie private sarebbe irragionevole, onde il giudice a quo ne invoca l’estensione alle società che partecipano alla gestione delle farmacie comunali.
4. ¾ Con unica memoria dell’11 novembre 2002, si sono costituite, quali parti ricorrenti nel giudizio a quo, la Federfarma nazionale, la Federfarma Lombardia, l’Associazione chimica e farmaceutica lombarda fra titolari di farmacie, l’Unione nazionale consumatori, una farmacista libera professionista e una cittadina milanese.
Nella memoria, le parti costituite osservano, in primo luogo, richiamando una sentenza del TAR Lombardia, che la norma censurata è diretta ad impedire, in via generale, il conflitto di interessi derivante dalla sovrapposizione dell’attività di distribuzione del farmaco all’ingrosso all’attività di gestione della farmacia. Essa detta, pertanto, un principio di incompatibilità cui non può sfuggire, per i suoi rilevanti e prevalenti aspetti pubblicistici, neppure la privatizzazione del servizio delle farmacie comunali.
Ne consegue che la norma denunciata, ove interpretata nel senso anzidetto, dovrebbe ritenersi legittima.
Viceversa, qualora dovesse condividersi l’interpretazione del giudice remittente, nel senso che la disposizione censurata non vieta la partecipazione alla gestione delle farmacie comunali alle società di grande distribuzione del farmaco, essa sarebbe in contrasto, in primo luogo, con l’art. 3 della Costituzione, in quanto irragionevolmente consentirebbe di far gestire le predette farmacie da soggetti cui è precluso l’esercizio delle farmacie private, nonostante la ratio dell’incompatibilità prevista in ordine alle farmacie private sia quella di impedire il conflitto di interessi.
Essa violerebbe, inoltre, l’art. 32 della Costituzione, in quanto il conflitto di interessi tra attività di produzione e commercializzazione del farmaco e di gestione delle farmacie si risolverebbe in una minor tutela del bene salute.
5. ¾ Con memoria del novembre 2002 si è costituito il Comune di Milano che ha chiesto dichiararsi l’improcedibilità, l’inammissibilità o comunque l’infondatezza della sollevata questione, con riserva di integrare e sviluppare la propria difesa in sede di memoria illustrativa.
6. ¾ Con memoria del novembre 2002 si è altresì costituita la GEHE Italia s.p.a. la quale, in via preliminare, ha eccepito l’inammissibilità della questione per carenza di motivazione e per irrilevanza. Nel merito, la predetta società ha concluso per la manifesta infondatezza.
In particolare, ha osservato, quanto alla asserita violazione dell’art. 3 Cost., che il divieto posto dalla norma denunciata riguarda esclusivamente i farmacisti che siano soci di società di persone e che, pertanto, non sussisterebbe alcuna incompatibilità fra la titolarità individuale di una farmacia privata e l’attività di distribuzione del farmaco.
La disposizione denunciata, secondo la predetta società, si limita a prevedere una deroga alla titolarità individuale delle farmacie private, consentendo la creazione di società di persone di cui possono far parte solo soci farmacisti e il cui oggetto sociale riguardi esclusivamente l’attività di gestione della farmacia.
In ordine alla asserita lesione dell’art. 32 Cost., la società costituita ha osservato che la censura si risolverebbe in una apodittica e indimostrata petizione di principio.
7. ¾ E’ intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, deducendo, preliminarmente, l’inammissibilità della sollevata questione per difetto o perplessità della motivazione sulla rilevanza e, nel merito, l’infondatezza della stessa in ragione della non assimilabilità delle situazioni poste a confronto.
8. ¾ In prossimità della pubblica udienza le parti interessate hanno provveduto a depositare memorie scritte con le quali hanno dedotto in ordine agli argomenti esposti negli atti di costituzione e di intervento.
In particolare, la Federfarma e gli altri ricorrenti nel giudizio a quo hanno evidenziato come le farmacie comunali debbano essere soggette alla stessa disciplina dettata per le farmacie private, stante l’identità dell’attività svolta.
Il Comune di Milano ha insistito per l’inammissibilità ed irrilevanza della questione e, nel merito, ha evidenziato come il divieto posto dalla norma denunciata non possa estendersi alle farmacie comunali in ragione della diversità obiettiva delle stesse rispetto a quelle private.
La GEHE Italia s.p.a., a sua volta, ha osservato come l’incompatibilità posta dalla norma denunciata riguardi solo un ristretto novero di farmacisti (soci di società in nome collettivo titolari di farmacia privata) e come, essendo la somministrazione di farmaci normalmente conseguente a prescrizioni mediche, nessun concreto pericolo per la salute pubblica possa derivare dalla circostanza che società di distribuzione all’ingrosso di prodotti farmaceutici si occupino della gestione delle farmacie comunali, peraltro costituenti in Italia solo una minima parte delle farmacie aperte al pubblico.
L’Avvocatura generale dello Stato ha insistito per l’inammissibilità della questione, evidenziando come l’ordinanza di remissione non contenga alcuna spiegazione dei motivi che hanno indotto il remittente a ritenere la norma denunciata non applicabile in via interpretativa anche alle farmacie comunali.
Considerato in diritto
1. ¾ Il TAR della Lombardia ha sollevato, con riferimento agli artt. 3 e 32 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 1, lett. a), della legge 8 novembre 1991, n. 362 (Norme di riordino del settore farmaceutico), in relazione all’art. 9 della medesima legge [recte: della legge 2 aprile 1968, n. 475 (Norme concernenti il servizio farmaceutico)].
2. ¾ Ad avviso del remittente, la norma denunciata, al fine di evitare un conflitto di interessi, vieta a chi ha la gestione di una farmacia privata qualsiasi attività nel settore della produzione, distribuzione, intermediazione e informazione scientifica del farmaco, mentre non prevede analogo divieto per le farmacie comunali, alla cui gestione possono partecipare anche società operanti nel settore della produzione e commercializzazione del farmaco. Il giudice a quo assume il contrasto della disposizione censurata con i parametri invocati, in quanto del tutto irragionevole sarebbe la mancata estensione del suddetto divieto, posto a tutela dell’interesse generale alla salute, alla gestione delle farmacie comunali.
3. ¾ In via preliminare, vanno esaminate le eccezioni di inammissibilità sollevate da alcune delle parti in causa.
3.1 ¾ Va in primo luogo disattesa l’eccezione, sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato, circa l’oscurità del dispositivo dell’ordinanza di remissione, che, nel censurare l’art. 8, comma 1, lett. a), della legge n. 362 del 1991, “a sproposito” fa riferimento all’art. 9 della legge n. 362 del 1991. A ben vedere, infatti, è proprio la palese inconferenza della disposizione da ultimo citata a rendere evidente che il remittente è caduto in un mero errore materiale, in quanto dal contesto complessivo dell’ordinanza si evince chiaramente che il giudice a quo intendeva fare riferimento all’art. 9 della legge n. 475 del 1968.
D’altra parte, è da sottolineare che l’indicazione di quest’ultimo articolo non appare affatto necessaria ai fini della prospettazione della questione di legittimità costituzionale, che, nella sostanza, si incentra esclusivamente sull’art. 8 della legge 362 del 1991.
3.2 ¾ Da respingere è altresì l’eccezione, anch’essa sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato, oltre che dalla GEHE Italia s.p.a., secondo la quale il remittente avrebbe prospettato la questione in termini ambigui e perplessi.
Infatti, il giudice a quo, mira ad ottenere, attraverso la dichiarazione di incostituzionalità della norma censurata, l’estensione alle società che prendono parte alla gestione delle farmacie comunali del divieto previsto per i farmacisti privati di partecipare all’attività di produzione, distribuzione, intermediazione e informazione scientifica del farmaco.
3.3 ¾ Sono da disattendere anche le ulteriori eccezioni sollevate dall’Avvocatura generale dello Stato e dalla GEHE Italia s.p.a., circa la insussistenza dei presupposti per una pronuncia della Corte di tipo additivo.
La Corte, infatti, ben può estendere l’ambito di applicazione di una norma quando, in relazione al valore costituzionale tutelato, lo esiga, secondo il criterio della ragionevolezza, la ratio della norma stessa.
3.4 ¾ Del pari sono infondate le eccezioni, anch’esse formulate dall’Avvocatura generale dello Stato e dalla GEHE Italia s.p.a., secondo cui il remittente si sarebbe immotivatamente discostato nell’interpretazione della disposizione denunciata dai discordanti precedenti del TAR della Lombardia e del Consiglio di Stato.
E’ evidente, infatti, che il remittente non è necessariamente tenuto ad esplicitare le ragioni per le quali abbia ritenuto di discostarsi da isolati precedenti giurisprudenziali riguardanti fattispecie analoghe.
3.5 ¾ Va infine disattesa la eccezione sollevata dal Comune di Milano secondo la quale la questione sarebbe inammissibile per irrilevanza.
Infatti è fuor di dubbio che l’eventuale dichiarazione di incostituzionalità della norma in questione determinerebbe riflessi diretti sui requisiti soggettivi dei partecipanti alla gara indetta dal Comune di Milano, influendo, per questa via, sull’esito della stessa.
4. ¾ Nel merito la questione è fondata.
Al riguardo appare opportuno accennare preliminarmente al quadro normativo di riferimento ed al correlato regime delle incompatibilità.
Nell’attuale sistema normativo, il servizio farmaceutico risulta fondamentalmente assicurato mediante la gestione delle farmacie private e comunali.
La legge prevede che ogni Comune debba avere una pianta organica delle farmacie, nella quale deve essere indicato il numero, le singole sedi farmaceutiche e la zona di ciascuna di esse (art. 2 della legge n. 475 del 1968).
Sulla base della pianta organica si realizza l’affidamento delle farmacie ai privati cittadini iscritti all’albo professionale dei farmacisti (art. 4 della legge n. 362 del 1991) o ai Comuni (art. 9, primo comma, della legge n. 475 del 1968).
In particolare, l’art. 9 della legge n. 475 del 1968 prevede che la titolarità delle farmacie che si rendano vacanti e di quelle di nuova istituzione a seguito della revisione della pianta organica può essere assunta per metà dal Comune.
5. ¾ Per quanto riguarda le modalità di gestione delle farmacie private, l’art. 7 della legge n. 362 del 1991 prevede che la titolarità dell’esercizio della farmacia privata sia riservata a persone fisiche o a società di persone, nonché alle società cooperative a responsabilità limitata che gestivano farmacie anteriormente alla data di entrata in vigore della legge. Nel caso di gestione societaria, il medesimo art. 7 stabilisce che la direzione della farmacia sia affidata ad uno dei soci che ne è responsabile.
6. ¾ Quanto alle modalità di gestione delle farmacie comunali, la normativa ha avuto nel corso del tempo una serie di modificazioni. In origine si è fatto ricorso allo strumento delle aziende speciali e delle gestioni in economia (come prevedeva il r.d. n. 2578 del 1925) ed in un secondo momento è stato introdotto lo strumento delle società di capitali a prevalente capitale pubblico (legge n. 142 del 1990). Al riguardo, il legislatore, dapprima ha previsto la possibilità di costituire società per azioni tra il Comune ed i farmacisti che prestassero servizio presso la farmacia di cui il Comune avesse acquisito la titolarità (art. 9 della legge n. 475 del 1968, come modificato dall’art. 10 della legge n. 362 del 1991) e successivamente, come sottolineato dal remittente, ha previsto la costituzione di società per azioni anche con prevalente capitale privato e senza predeterminazione legale dei soci (art. 116 del decreto legislativo n. 267 del 2000).
7. ¾ Quanto al regime delle incompatibilità per l’attività del singolo farmacista privato, deve anzitutto rilevarsi che queste sono state poste dal legislatore al fine di salvaguardare l’interesse pubblico al corretto svolgimento del servizio farmaceutico ed in ultima analisi alla salvaguardia del bene salute.
Si tratta di norme che riguardano i settori della produzione, distribuzione ed intermediazione dei farmaci.
Carattere di divieto generale ha l’art. 102 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie), secondo il quale “L’esercizio della farmacia non può essere cumulato con quello di altre professioni o arti sanitarie”.
Si riferisce invece più propriamente al settore della produzione l’art. 144 del medesimo testo unico, nel quale si legge che “è vietato il cumulo della direzione di una farmacia con la direzione di una officina, a meno che non si tratti di una officina già autorizzata di proprietà del farmacista e in diretta comunicazione con la farmacia”.
Riguarda poi il settore della distribuzione un’altra norma dello stesso testo unico, quella di cui all’art. 171, secondo il quale “il farmacista che riceva per sé o per altri danaro o altra utilità ovvero ne accetti la promessa allo scopo di agevolare in qualsiasi modo la diffusione di specialità medicinali…a danno di altri prodotti dei quali abbia pure accettato la vendita è punito con l’arresto fino ad un anno e con l’ammenda da € 206,58 a € 516,46”.
Ed occorre in proposito ricordare che per il singolo farmacista dipendente delle farmacie comunali, l’art. 372 del citato r.d. n. 1265 del 1934 prevede che ai farmacisti addetti a tali farmacie si applica quanto previsto per i sanitari condotti dal predetto testo unico delle leggi sanitarie, il quale, all’art. 78, stabilisce l’incompatibilità dell’ufficio di sanitario condotto con la professione di commerciante.
Concerne infine il settore dell’intermediazione l’art. 13 della legge n. 475 del 1968, secondo il quale “il titolare di una farmacia ed il direttore responsabile…non possono…esercitare la professione di propagandista di prodotti medicinali”.
8. ¾ Illuminante, nel descritto quadro normativo, appare il divieto di cui al citato art. 8 della legge n. 362 del 1991, secondo il quale la partecipazione a società di persone ed a società cooperative a responsabilità limitata, che siano titolari dell’esercizio di una farmacia privata, è incompatibile “con qualsiasi altra attività esplicata nel settore della produzione, distribuzione, intermediazione e informazione scientifica del farmaco”. La formulazione usata, come è agevole osservare, risulta indicativa e comprensiva delle varie incompatibilità che sopra si sono enumerate e che riguardano i singoli farmacisti.
Di qui scaturisce chiara la ratio della norma: quella di rendere applicabile anche nei confronti dei partecipanti alle società di persone o alle società cooperative a responsabilità limitata le incompatibilità previste per i farmacisti persone fisiche titolari o gestori di farmacie, incompatibilità che, come si è visto, sono disseminate in numerose disposizioni di legge.
In questa prospettiva, come si nota, l’utilizzo di una formula onnicomprensiva per le incompatibilità in questione, conferisce alla norma il valore di un principio generale applicabile a tutti i soggetti che, in forma singola o associata, siano titolari o gestori di farmacie.
9. ¾ E deve pertanto riconoscersi che la mancata previsione per le farmacie comunali di un tale tipo di incompatibilità appare del tutto irragionevole, specie ove si consideri che il divieto in questione è stato posto dal legislatore proprio al fine di evitare eventuali conflitti di interesse, che possano ripercuotersi negativamente sullo svolgimento del servizio farmaceutico e, quindi, sul diritto alla salute.
Per tali ragioni, la norma censurata va dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui non prevede che la partecipazione a società di gestione di farmacie comunali è incompatibile con qualsiasi altra attività nel settore della produzione, distribuzione, intermediazione ed informazione scientifica del farmaco.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 1, lett. a), della legge 8 novembre 1991, n. 362 (Norme di riordino del settore farmaceutico), nella parte in cui non prevede che la partecipazione a società di gestione di farmacie comunali è incompatibile con qualsiasi altra attività nel settore della produzione, distribuzione, intermediazione e informazione scientifica del farmaco.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Paolo MADDALENA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 24 luglio 2003.