ORDINANZA N.273
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Riccardo CHIEPPA, Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
- Romano VACCARELLA
- Paolo MADDALENA
- Alfio FINOCCHIARO
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 458, comma 2, del codice di procedura penale, promossi, nell’ambito di diversi procedimenti penali, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno con ordinanza del 19 giugno 2000 e dal Tribunale di Vercelli con ordinanza del 3 ottobre 2002, rispettivamente iscritte al n. 491 del registro ordinanze 2002 ed al n. 27 del registro ordinanze 2003 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell’anno 2002 e n. 6, prima serie speciale, dell’anno 2003.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 18 giugno 2003 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.
Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 458, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui - qualora il giudice per le indagini preliminari abbia rigettato la richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria e siano ormai decorsi i termini stabiliti dall'art. 458, comma 1, dello stesso codice - non consente all'imputato di chiedere che il processo sia definito con giudizio abbreviato "allo stato degli atti" a norma dell'art. 438, comma 1, cod. proc. pen.;
che il giudice a quo premette che l'imputato, nei cui confronti è stato disposto il giudizio immediato, aveva formulato richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria, respinta per mancanza dei presupposti del rito, ed aveva riproposto richiesta di giudizio abbreviato "semplice" dopo la scadenza del termine di cui all’art. 458, comma 1, cod. proc. pen., eccependo, qualora la richiesta fosse stata ritenuta inammissibile, l'illegittimità costituzionale dell'art. 458, comma 2, in relazione all'art. 438, comma 5, cod. proc. pen.;
che il rimettente rileva che la richiesta dovrebbe essere respinta, non potendo trovare applicazione l'istituto della restituzione nel termine disciplinato dall'art. 175, comma 1, dello stesso codice, e che, in ogni caso, la possibilità di riproporre richiesta di giudizio abbreviato "semplice" sarebbe esclusa dallo stesso art. 458, comma 2, cod. proc. pen., che richiama il solo comma 5 dell'art. 438 e non anche il comma 6, in forza del quale l’imputato può invece riproporre nell’udienza preliminare la richiesta fino al termine previsto dal comma 2 ovvero fino a che non siano formulate le conclusioni ai sensi degli artt. 421 e 422 cod. proc. pen.;
che ad avviso del rimettente la disciplina censurata determina una lesione del diritto di difesa dell'imputato e una irragionevole disparità di trattamento in danno di chi viene tratto a giudizio nelle forme del rito immediato rispetto all'imputato nei cui confronti sia stato chiesto il rinvio a giudizio ex art. 416 cod. proc. pen., poiché solo quest'ultimo può esercitare, a norma del comma 6 dell'art. 438 cod. proc. pen., la facoltà di riproporre richiesta di giudizio abbreviato;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata, rilevando, in particolare, che non sarebbe precluso all'imputato presentare, entro il termine previsto a pena di decadenza, una richiesta in via subordinata, ovvero di reiterarla dopo la decisione negativa del giudice;
che analoga questione è stata sollevata, su eccezione della difesa, dal Tribunale di Vercelli;
che il rimettente premette:
- che due imputati avevano presentato al giudice per le indagini preliminari richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria e che nell’udienza fissata a norma dell’art. 458, comma 2, cod. proc. pen. entrambi avevano proposto in via gradata richiesta di giudizio abbreviato "semplice";
- che il giudice, rigettate le richieste principali, aveva dichiarato inammissibili anche quelle presentate in via gradata perché intempestive, essendo già decorso il termine fissato a pena di decadenza dall'art. 458, comma 1, cod. proc. pen.;
- che nella fase preliminare al dibattimento gli imputati hanno chiesto la restituzione degli atti al giudice per le indagini preliminari sul presupposto della ""inammissibilità" del giudizio immediato", eccependo in subordine l'illegittimità costituzionale dell'art. 458, comma 2, cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, "nella parte in cui non prevede che, qualora venga rigettata la richiesta di giudizio abbreviato condizionato, l'imputato possa riproporre la richiesta di giudizio abbreviato a norma dell'art. 438, comma 6, cod. proc. pen.";
che il giudice a quo rileva che ai sensi dell'art. 458 cod. proc. pen. non è consentito presentare richiesta di giudizio abbreviato "semplice" dopo che sia stata rigettata la richiesta di giudizio abbreviato "condizionata", sia perché i termini previsti dall'art. 458, comma 1, cod. proc. pen. sono stabiliti a pena di decadenza (e sono generalmente già decorsi quando interviene il rigetto da parte del giudice), sia perché la norma censurata non richiama il comma 6 dell'art. 438 cod. proc. pen., che abilita l'imputato a riproporre la richiesta di giudizio abbreviato fino a che non siano formulate le conclusioni ai sensi degli artt. 421 e 422 dello stesso codice;
che ad avviso del rimettente tale disciplina determina una irragionevole disparità di trattamento rispetto alla posizione dell'imputato tratto a giudizio nelle forme ordinarie, per il quale viene fissata l'udienza preliminare, a cui fa appunto riferimento l’art. 438, comma 6, cod. proc. pen.;
che, quanto all'art. 24 Cost., il rimettente rileva che la mancata previsione della facoltà di riproporre una richiesta di giudizio abbreviato "semplice" "nell'ambito dell'udienza fissata ex art. 458, comma 2, cod. proc. pen." dopo il rigetto della iniziale richiesta "condizionata" lede il diritto di difesa, perché determina effetti sostanziali pregiudizievoli per l'imputato, precludendogli di fruire della riduzione di pena in caso di condanna;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque non fondata.
Considerato che, pur nella diversità delle situazioni processuali, entrambi i rimettenti lamentano che l’art. 458, comma 2, del codice di procedura penale non consenta all’imputato, qualora venga rigettata la richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria, di riproporre richiesta di giudizio abbreviato "allo stato degli atti" ai sensi dell’art. 438, comma 1, cod. proc. pen. una volta che sia decorso il termine di quindici giorni dalla notifica del decreto che dispone il giudizio immediato, stabilito a pena di decadenza dall’art. 458, comma 1, cod. proc. pen.;
che, stante la sostanziale identità delle questioni sollevate dai rimettenti, va disposta la riunione dei relativi giudizi;
che secondo i rimettenti la norma censurata si pone in contrasto: con l’art. 3 Cost. per la disparità di trattamento riservata all’imputato nei cui confronti sia disposto il giudizio immediato, al quale non è consentito, nel caso in cui sia stata respinta la richiesta di giudizio abbreviato "condizionata", di riproporre richiesta di giudizio abbreviato "semplice" dopo la scadenza del termine stabilito dall’art. 458, comma 1, cod. proc. pen., rispetto all’imputato nei cui confronti sia stato chiesto il rinvio a giudizio ex art. 416 cod. proc. pen., a cui è invece consentito, in base all’art. 438, comma 6, cod. proc. pen., di riproporre la richiesta nel corso dell’udienza preliminare fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli artt. 421 e 422 cod. proc. pen.; con l’art. 24, secondo comma, Cost., in quanto l’imputato si vede privato in caso di condanna della possibilità di usufruire della diminuzione di un terzo della pena;
che la formulazione dell’art. 458, comma 2, cod. proc. pen. non pone ostacoli a che l’imputato proponga una richiesta gradata di giudizio abbreviato "semplice" contestualmente a quella di giudizio abbreviato "condizionata", ovvero presenti la richiesta successivamente, prima della scadenza del termine stabilito a pena di decadenza dal comma 1;
che, in particolare, quest’ultima soluzione non è contraddetta dal mancato richiamo, nell’art. 458, comma 2, cod. proc. pen., al comma 6 dell’art. 438 cod. proc. pen. (che a sua volta stabilisce che la richiesta di giudizio abbreviato può essere proposta nell’udienza preliminare sino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli artt. 421 e 422 cod. proc. pen.), posto che il riferimento all’udienza preliminare sarebbe stato del tutto improprio nell’ambito della disciplina del giudizio immediato;
che la possibilità di proporre in via gradata, contestualmente alla richiesta di giudizio abbreviato "condizionata", richiesta di giudizio abbreviato "semplice", così da garantirsi comunque l’ammissione al rito speciale, non esclude la facoltà dell’imputato, che ritenga imprescindibile l’integrazione probatoria richiesta, di operare la diversa scelta, riconosciuta dalla sentenza n. 169 del 2003, di rinnovare al giudice del dibattimento la richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria;
che non può quindi ravvisarsi alcuna violazione degli artt. 3 e 24 Cost. in un sistema normativo che offre all’imputato nei confronti del quale sia stato disposto il giudizio immediato la facoltà di scegliere, ai fini dell’accesso al giudizio abbreviato, la strategia processuale più consona ai propri interessi, avvalendosi dell’assistenza della difesa tecnica (sentenza n. 120 del 2002) e della possibilità di ottenere il riesame nel merito del provvedimento che gli ha negato l’accesso al giudizio abbreviato con integrazione probatoria (sentenza n. 169 del 2003);
che le questioni vanno pertanto dichiarate manifestamente infondate in riferimento ad entrambi i parametri richiamati dai rimettenti.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 458, comma 2, del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno e dal Tribunale di Vercelli, con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 luglio 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Guido NEPPI MODONA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 22 luglio 2003.