Ordinanza n. 248/2003

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ORDINANZA N.248

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Valerio ONIDA                    

- Carlo MEZZANOTTE                     

- Fernanda CONTRI               

- Guido NEPPI MODONA                

- Annibale MARINI               

- Franco BILE             

- Giovanni Maria FLICK                    

- Francesco AMIRANTE                   

- Ugo DE SIERVO                 

- Paolo MADDALENA                     

- Alfio FINOCCHIARO                    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di ammissibilità del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 18 dicembre 2002 relativa alla insindacabilità, ai sensi dell’articolo 68, primo comma, della Costituzione, delle opinioni espresse dall’onorevole Benito Paolone nei confronti di Vincenzo Bianco, promosso dal Tribunale di Catania, in composizione monocratica (4ª sezione penale), con ricorso depositato il 28 gennaio 2003 ed iscritto al n. 235 del registro ammissibilità conflitti.

Udito nella camera di consiglio del 4 giugno 2003 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.

Ritenuto che il Tribunale di Catania, in composizione monocratica (4ª sezione penale), con ricorso depositato il 28 gennaio 2003 presso la cancelleria di questa Corte, ha promosso conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati in riferimento alla deliberazione dell’Assemblea in data 18 dicembre 2002, in base alla quale talune affermazioni pronunciate dal deputato Benito Paolone nei confronti di Vincenzo Bianco, per le quali pende dinanzi al medesimo giudice procedimento penale per il delitto di cui all’articolo 595 del codice penale, concernono opinioni espresse dal deputato nell’esercizio delle sue funzioni di parlamentare, con conseguente insindacabilità a norma dell’articolo 68, primo comma, della Costituzione;

che il giudice ricorrente espone, in punto di fatto, che l’on. Paolone veniva tratto a giudizio, con decreto di citazione del 29 ottobre 2001, per rispondere del delitto di diffamazione - aggravata dall’aver commesso il fatto contro un pubblico ufficiale a causa dell’adempimento delle proprie funzioni ed attribuendo allo stesso fatti determinati - per aver offeso l’onore e la reputazione di Vincenzo Bianco, nella qualità di Sindaco del Comune di Catania, proferendo al suo indirizzo talune espressioni (analiticamente riportate nell’atto introduttivo del presente giudizio per conflitto) nel corso di un comizio elettorale tenutosi nella piazza Cavour di Catania nell’ambito della campagna elettorale svoltasi, in epoca anteriore e prossima al 30 novembre 1997, per la elezione del sindaco di detto Comune "e più precisamente nel corso di una discussione afferente temi attinenti alla gestione amministrativa della città e alle scelte urbanistiche";

che nel ricorso si evidenzia ancora che, nel corso del giudizio penale instauratosi, il Presidente della Camera dei deputati, in data 24 dicembre 2002, trasmetteva al tribunale procedente la deliberazione assunta dall’Assemblea in data 18 dicembre 2002, la quale, in conformità alla richiesta della Giunta per le autorizzazioni, dichiarava che le affermazioni rese dall’on. Paolone nei confronti del Bianco erano da considerare espresse nell’esercizio delle proprie funzioni di membro del Parlamento ai sensi dell’art. 68 della Costituzione ed a seguito di ciò la parte civile costituitasi chiedeva che fosse appunto sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati avverso la menzionata deliberazione;

che, tanto premesso, il ricorrente sostiene che, "per le modalità del fatto, per il contesto politico delle espressioni pronunciate, per la campagna elettorale in atto", deve essere escluso qualsiasi collegamento funzionale tra le espressioni pronunciate dall’on. Paolone e la sua "attività parlamentare vera e propria", non potendosi ascrivere al novero degli atti tipici della funzione parlamentare "quelle attività che, se pur in senso lato connesse con l’esercizio delle funzioni parlamentari, ne risultano tuttavia estranee poiché concernenti attività extra parlamentare svolta all’interno dei partiti (manifestazioni di pensiero espresse in comizi, cortei, trasmissioni radio televisive o durante lo svolgimento di scioperi)";

che, pertanto, ad avviso del giudice ricorrente, nel caso di specie il solo collegamento astrattamente ipotizzabile tra espressioni pronunciate ed esercizio della funzione parlamentare è quello di carattere "soggettivo", per il fatto che le prime provengono "da una persona fisica che è anche membro del Parlamento";

che, argomenta ancora il Tribunale, neppure la circostanza per cui, a seguito della vicenda in questione, l’on. Paolone ebbe a richiedere, in sede parlamentare, una serie di atti di sindacato ispettivo proprio su pretese illegittimità dell’amministrazione comunale di Catania, consentirebbe di qualificare – sia pure in ragione della "identità di argomenti tra le opinioni incriminate e quelle riportate in sede parlamentare" – come svolta nell’esercizio delle funzioni proprie del membro del Parlamento qualsiasi attività posta in essere da quest’ultimo "e in qualunque sede tale sua qualità sia rilevante";

che, in conclusione, il ricorrente sostiene "che le opinioni siano state espresse nel corso di un comizio elettorale e perciò al di fuori dell’esercizio delle funzioni parlamentari", chiedendo dunque, in assenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 68 della Costituzione, l’annullamento della delibera di insindacabilità della Camera dei deputati.

Considerato che, in questa fase, la Corte è chiamata, a norma dell’articolo 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a delibare esclusivamente l’ammissibilità del ricorso, valutando, senza contraddittorio tra le parti, se sussistono i requisiti soggettivo e oggettivo di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato;

che, sotto il profilo soggettivo, va riconosciuta la legittimazione del Tribunale di Catania a sollevare conflitto, in quanto organo giurisdizionale, in posizione di indipendenza costituzionalmente garantita, competente a dichiarare definitivamente, per il procedimento di cui è investito, la volontà del potere cui appartiene;

che, parimenti, deve essere riconosciuta la legittimazione della Camera dei deputati ad essere parte del presente conflitto, quale organo competente a dichiarare in modo definitivo la propria volontà in ordine all’applicabilità dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;

che, per quanto attiene al profilo oggettivo, il giudice ricorrente lamenta la lesione della propria sfera di attribuzione, costituzionalmente garantita, in conseguenza dell’adozione, da parte della Camera dei deputati, della menzionata deliberazione di insindacabilità;

che, pertanto, esiste la materia di un conflitto, la cui risoluzione spetta alla competenza della Corte, restando impregiudicata ogni ulteriore decisione definitiva (a contraddittorio integro), anche in ordine all’ammissibilità del ricorso.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservato ogni definitivo giudizio,

1) dichiara ammissibile, ai sensi dell’articolo 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il ricorso per conflitto di attribuzione proposto dal Tribunale di Catania, in composizione monocratica (4ª sezione penale), nei confronti della Camera dei deputati;

2) dispone:

a) che la cancelleria della Corte costituzionale dia immediata comunicazione della presente ordinanza al Tribunale di Catania, ricorrente;

b) che, a cura del ricorrente, il ricorso e la presente ordinanza siano notificati alla Camera dei deputati, in persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione, per essere successivamente depositati, con la prova dell’avvenuta notifica, presso la cancelleria della Corte entro il termine di venti giorni, previsto dall’articolo 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 giugno 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Carlo MEZZANOTTE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 15 luglio 2003.