Sentenza n. 221 del 2003

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SENTENZA N. 221

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

-      Riccardo                       CHIEPPA                                   Presidente

-      Gustavo                        ZAGREBELSKY                         Giudice

-      Valerio                          ONIDA                                              "

-      Carlo                             MEZZANOTTE                                "

-      Fernanda                       CONTRI                                            "

-      Guido                            NEPPI MODONA                            "

-      Piero Alberto                CAPOTOSTI                                     "

-      Annibale                       MARINI                                            "

-      Franco                           BILE                                                  "

-      Giovanni Maria             FLICK                                               "

-      Ugo                               DE SIERVO                                      "    

-      Romano                        VACCARELLA                               "

-      Alfio                             FINOCCHIARO                              "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3, 14 e 15 della legge 30 marzo 2001, n. 152, recante «Nuova disciplina per gli istituti di patronato e di assistenza sociale», promosso con ricorso della Regione Valle d’Aosta, notificato il 25 maggio 2001, depositato in Cancelleria il 30 successivo ed iscritto al n. 32 del registro ricorsi 2001.

     Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

     udito nell’udienza pubblica dell’8 aprile 2003 il Giudice relatore Fernanda Contri;

     uditi l’avvocato Gustavo Romanelli per la Regione Valle d’Aosta e l’avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.

1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Regione Valle d’Aosta ha sollevato questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3, 97 e 116 della Costituzione, nonché degli artt. 3, 4 e 38 dello statuto regionale, della legge 30 marzo 2001, n. 152, recante «Nuova disciplina per gli istituti di patronato e di assistenza sociale», nella sua interezza e con particolare riguardo agli artt. 2, 3, 14 e 15.

La ricorrente premette che lo statuto valdostano attribuisce alla Regione competenza legislativa integrativa e di attuazione in materia di “previdenza e assicurazioni sociali” (art. 3, comma 1, lettera h della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 – Statuto speciale per la Valle d’Aosta) e che alla Regione spetta la competenza amministrativa su tutte le materie sulle quali abbia competenza legislativa (art. 4 dello statuto speciale). Nel dettare le norme di attuazione del suddetto statuto in materia di previdenza e assicurazioni sociali, il d. lgs. 28 dicembre 1989, n. 430 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Valle d’Aosta in materia di previdenza e assicurazioni sociali) ha previsto, all’art. 5, comma 1, che nei casi in cui per la formazione degli organi locali degli enti nazionali operanti nella predetta materia sia prevista la rappresentanza di lavoratori designati dalle associazioni sindacali più rappresentative, “il riferimento a detta rappresentatività deve essere inteso con riguardo alle organizzazioni sindacali esistenti in Valle d’Aosta”. Il successivo comma 2 dello stesso art. 5 del d. lgs. n. 430 del 1989 ha precisato che “i diritti riconosciuti da norme di legge alle associazioni sindacali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale nella materia di cui al comma 1, e in particolare, in ordine all’esercizio delle attività di patronato e di assistenza sociale di cui alla legge 29 luglio 1947, n. 804, e successive modificazioni, sono estesi alle associazioni sindacali maggiormente rappresentative operanti nel territorio della Regione per la tutela dei lavoratori dipendenti”. Infine, il terzo comma ha rimesso al Consiglio regionale l’accertamento circa la “maggiore rappresentatività” delle associazioni predette.

Così ricostruito il quadro delle competenze normative e delle attribuzioni amministrative della Valle d’Aosta in materia di assistenza sociale, la ricorrente ritiene che la legge 30 marzo 2001, n. 152, nel disciplinare le attività degli istituti di patronato e di assistenza sociale, ignori del tutto la posizione della Valle d’Aosta, privandola integralmente delle proprie competenze. La legge impugnata sarebbe “così venuta ad abrogare - secondo la ricorrente – una disciplina recata da una fonte sovraordinata, qual è quella che reca attuazione di uno statuto di autonomia speciale, senza che vi sia stata alcuna intesa o coordinamento preventivo con la Regione interessata”.

In particolare, l’art. 2, comma 1, della legge impugnata, nell’individuare i soggetti che possono costituire e gestire gli istituti di patronato e di assistenza sociale, su iniziativa singola o associata, fa riferimento alle confederazioni e alle associazioni nazionali di lavoratori che, tra l’altro, “abbiano sedi proprie in almeno un terzo delle regioni e in un terzo delle province del territorio nazionale”, facendo venire meno in Valle d’Aosta la possibilità per le organizzazioni maggiormente rappresentative sul piano regionale di costituire e gestire gli istituti di patronato e di assistenza sociale. Per di più, secondo la ricorrente, la Valle d’Aosta risulterebbe discriminata rispetto alle Province autonome di Trento e Bolzano, per le quali il comma 2 dello stesso art. 2 prevede una deroga espressa dai summenzionati requisiti territoriali. La discriminazione sarebbe confermata e aggravata dall’art. 3 della legge impugnata che riconosce in capo al Ministro del lavoro e della previdenza sociale competenze in ordine al riconoscimento degli istituti di patronato e di assistenza sociale, esonerando le associazioni operanti nelle province autonome di Trento e Bolzano dalla presentazione del progetto, che deve essere allegato alla domanda di costituzione e riconoscimento di detti istituti, nel quale devono essere contenute tutte le indicazioni finanziarie, tecniche e organizzative per l’apertura di sedi in almeno un terzo delle Regioni e in un terzo delle province del territorio nazionale. La suddetta discriminazione non troverebbe alcuna giustificazione, dovendosi anche tenere conto del fatto che in Valle d’Aosta, al contrario di quanto accade in altre Regioni a statuto speciale o province autonome, si ha un bilinguismo perfetto che deve essere garantito anche rispetto ad attività che, pur svolte da soggetti di diritto privato, hanno indubbiamente un grande rilievo pubblicistico, quali sono quelle svolte dagli istituti di patronato.

In ordine alle competenze amministrative di cui all’art. 4 dello statuto speciale, la Regione Valle d’Aosta sostiene che la funzione statale di indirizzo e coordinamento, riconosciuta anche nei confronti delle Regioni a statuto speciale, non può estendersi fino al punto da esautorare completamente la Regione dall’esercizio del potere che le è attribuito da una norma di rango costituzionale. Ad ogni modo, non potrebbero essere qualificate come di “indirizzo e coordinamento” le norme che escludono la possibilità, precedentemente ammessa, del riconoscimento di istituti di patronato che possano operare nell’ambito esclusivo della Regione Valle d’Aosta, tenuto conto delle particolarità del territorio e della popolazione regionale, e che, per di più, attribuiscono al Ministro i poteri di riconoscimento, vigilanza e di commissariamento. Il venire meno del riconoscimento delle prerogative regionali sul territorio della Valle d’Aosta, oltre che evidenziare una violazione del principio di eguaglianza rispetto alle Province autonome, finirebbe per riflettersi in maniera negativa sullo stesso andamento della pubblica amministrazione, con la quale gli istituti di patronato, pur soggetti di diritto privato, sono chiamati a collaborare, tanto da essere chiamati dall’art. 1 della legge impugnata a svolgere “un servizio di pubblica utilità”. Tenuto conto di quelle che sono le peculiarità della Valle d’Aosta, perché tali funzioni di interesse pubblico possano essere svolte in maniera soddisfacente, conforme alle finalità di cui all’art. 97 della Costituzione, sarebbe necessario, secondo la ricorrente, che gli istituti di patronato abbiano un adeguato radicamento sul territorio, condizione che potrebbe essere garantita solo da un riconoscimento su base regionale.

2. - Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, per chiedere il rigetto del ricorso.

La difesa erariale osserva, anzitutto, che malgrado le conclusioni del ricorso riguardino in generale l’intera legge n. 152 del 2001, i motivi dedotti a sostegno dell’impugnazione mostrano che questa è rivolta contro le disposizioni degli articoli 2 e 3 della legge statale, apparendo soltanto consequenziale l’impugnazione dei successivi articoli 14 e 15.

Il ricorso e le censure in esso contenute sarebbero privi di giuridico fondamento. L’art. 2, comma 1, della legge impugnata individua chiaramente i soggetti promotori degli istituti di patronato e di assistenza sociale nelle confederazioni e nelle associazioni nazionali di lavoratori, che possiedano certi requisiti. Ne consegue che la legge impugnata introduce una nuova disciplina degli istituti di patronato e di assistenza sociale “operanti a livello nazionale”.

Ciò comporta, secondo la difesa erariale, che la legge impugnata non intacchi in nessun modo le funzioni amministrative che, in materia, la Regione autonoma ricorrente esercita al fine “… di integrare gli interventi generali dello Stato per adattarli alle specifiche esigenze della popolazione e delle attività produttive della Valle d’Aosta” (art. 1, primo comma, del d. lgs. n. 430 del 1989). Funzioni che sono e restano disciplinate dagli articoli 2 e seguenti del citato decreto legislativo, ivi compresa la norma che assegna al Consiglio regionale l’accertamento della maggiore rappresentatività delle associazioni (art. 5, terzo comma). Ne consegue anche che gli articoli 14 e 15 della legge impugnata, applicabili agli istituti di patronato e di assistenza sociale operanti a livello nazionale, non possano trovare applicazione per gli analoghi istituti operanti a livello regionale.

Le disposizioni della legge statale impugnata non si applicherebbero, dunque, per la costituzione e la gestione degli istituti di patronato e di assistenza sociale operanti a livello della Regione autonoma ricorrente, che restano disciplinate dal d. lgs. n. 430 del 1989, con la conseguenza che sarebbe inammissibile, per difetto di interesse, la censura di disparità di trattamento con le Province di Trento e Bolzano, riferita all’art. 2, comma 2, e 3, comma 7, della legge n. 152 del 2001.

In prossimità dell’udienza, la Regione Valle d’Aosta ha depositato memoria nella quale prende atto della interpretazione data dalla Presidenza del Consiglio alla legge impugnata, affermandone la piena compatibilità con le disposizioni dello statuto regionale e delle relative norme di attuazione richiamate nel ricorso. Secondo la ricorrente la interpretazione data dalla Presidenza del Consiglio appare in effetti ispirarsi al principio di salvaguardia della legge speciale di fronte alla legge generale successiva.

Qualora questa Corte condividesse la suddetta interpretazione, la ricorrente ritiene che venga a mancare ogni contrasto tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e la Regione autonoma Valle d’Aosta, venendo quindi meno l’interesse della Regione a coltivare il ricorso.

Ove questa Corte non ritenesse di condividere (in tutto o in parte) l’interpretazione offerta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, la ricorrente insiste nelle censure che sono state formulate nel ricorso.

Considerato in diritto

1. - La Regione Valle d’Aosta solleva questione di legittimità costituzionale della legge 30 marzo 2001, n. 152, recante “Nuova disciplina per gli istituti di patronato e di assistenza sociale”, nella sua interezza e con particolare riguardo agli artt. 2, 3, 14 e 15. Secondo la ricorrente la normativa impugnata sarebbe in contrasto con gli artt. 3, 97 e 116 della Costituzione, nonché 3, 4 e 38 dello statuto speciale per la Valle d’Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), in quanto, nel disciplinare le attività degli istituti di patronato e di assistenza sociale, ignorerebbe del tutto la posizione della Valle d’Aosta, privandola integralmente delle proprie competenze e facendo venire meno, in particolare, la possibilità per le organizzazioni maggiormente rappresentative sul piano regionale di costituire e gestire gli istituti di patronato e di assistenza sociale, con un trattamento peraltro discriminatorio rispetto alle province di Trento e Bolzano che finirebbe per riflettersi in maniera negativa sullo stesso andamento della pubblica amministrazione, con la quale gli istituti di patronato, pur soggetti di diritto privato, sono chiamati a collaborare nello svolgimento di “un servizio di pubblica utilità” (art. 1 della legge impugnata).

2. - In via preliminare occorre precisare che la censura sull’intero testo della legge va letta nel complessivo contesto del ricorso, poiché si limita a esporre in sintesi una doglianza che viene poi rivolta, nei successivi motivi di ricorso, contro disposizioni determinate: è perciò a queste che deve farsi riferimento per individuare l’oggetto della questione di costituzionalità (sentenza n. 317 del 2001). Le norme censurate sono pertanto chiaramente individuabili negli artt. 2, 3, 14 e 15 della legge impugnata.

3. - Nel merito, la questione non è fondata.

La ricorrente si duole, in sostanza, del fatto che la legge impugnata non abbia ribadito le previsioni contenute nelle specifiche norme di attuazione dello statuto (d.lgs. 28 dicembre 1989, n. 430) che disciplinano la costituzione e la gestione degli istituti di patronato e di assistenza sociale operanti a livello regionale, e lamenta altresì una discriminazione rispetto alle Province autonome di Trento e Bolzano, per le quali il comma 2 dell’art. 2 della legge n. 152 del 2001 detta una disciplina conforme alle norme attuative dello statuto del Trentino - Alto Adige.

In realtà, la legge n. 152 del 2001 reca, come sottolineato dall’Avvocatura dello Stato, una nuova disciplina degli enti di patronato e di assistenza sociale a livello nazionale senza incidere sugli analoghi istituti operanti a livello regionale, rispetto ai quali, con particolare riferimento alla Valle d’Aosta, continuano ad applicarsi le disposizioni contenute nel decreto attuativo dello statuto.

La legge impugnata non si propone, dunque, di disciplinare organicamente gli enti di patronato operanti a livello regionale, sicché non possono ritenersi nemmeno implicitamente abrogate le norme di attuazione dello statuto valdostano. D’altra parte, fuori dall’ipotesi di un intervento legislativo organico, specificamente rivolto ad armonizzare la disciplina degli enti di patronato a livello locale in tutte le Regioni, ordinarie e speciali, la legislazione statale ordinaria non è idonea ad abrogare le norme attuative di statuti speciali che, come è noto, si collocano in una posizione peculiare nel sistema delle fonti del diritto. Peraltro, con specifico riferimento alla Regione Valle d’Aosta, lo statuto speciale prevede che le relative “disposizioni di attuazione” e le “disposizioni per armonizzare la legislazione nazionale con l’ordinamento della regione” devono essere adottate tenendo conto delle particolari condizioni di autonomia attribuite alla Regione e che “gli schemi dei decreti legislativi sono elaborati da una commissione paritetica composta da sei membri nominati, rispettivamente, tre dal Governo e tre dal Consiglio regionale della Valle d’Aosta e sono sottoposti al parere del Consiglio stesso” (art. 48-bis dello statuto di autonomia, introdotto dall’art. 3 della legge costituzionale 23 settembre 1993, n. 2).

Le disposizioni impugnate, che non sono state adottate nella forma e con le procedure prescritte dallo statuto, non si propongono di introdurre una nuova organica disciplina degli enti di patronato a livello locale, per cui le specifiche censure rivolte alla legge n. 152 del 2001 sono da ritenere infondate in ragione della  esclusiva applicabilità di quest’ultima agli istituti di patronato e di assistenza sociale operanti a livello nazionale e non già agli analoghi istituti operanti a livello regionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3, 14 e 15 della legge 30 marzo 2001, n. 152 (Nuova disciplina per gli istituti di patronato e di assistenza sociale), sollevata dalla Regione Valle d’Aosta, in riferimento agli artt. 3, 97 e 116 della Costituzione, nonché agli artt. 3, 4 e 38 dello statuto regionale, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 giugno 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 24 giugno 2003.