ORDINANZA N.164
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Riccardo CHIEPPA Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Alfio FINOCCHIARO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 512 del codice di procedura penale, promosso, nell’ambito di un procedimento penale, dal Tribunale di Palermo con ordinanza del 17 ottobre 2001, iscritta al n. 302 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 2002.
Udito nella camera di consiglio del 12 marzo 2003 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.
Ritenuto che con ordinanza del 17 ottobre 2001 il Tribunale di Palermo ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 512 del codice di procedura penale, «nella parte in cui non consente la lettura per impossibilità sopravvenuta delle dichiarazioni rese al giudice nel corso delle indagini preliminari da soggetto che nel corso del dibattimento ha assunto la veste di "testimone assistito" ex art. 197-bis cod. proc. pen.»;
che il Tribunale premette di avere proceduto nel gennaio del 2001 all'esame di un imputato di reato connesso che si era avvalso della facoltà di non rispondere e che nel maggio dello stesso anno, risultando che tale soggetto in relazione ai medesimi fatti era già stato giudicato ex art. 444 cod. proc. pen. con sentenza divenuta irrevocabile sin dal 1998, ne aveva disposto nuovo esame nella veste di testimone "assistito";
che, essendosi appurato nella successiva udienza che nel frattempo il teste era deceduto, il pubblico ministero aveva chiesto darsi lettura ex art. 512 cod. proc. pen. delle dichiarazioni rese da tale soggetto nel luglio del 1994, nel corso di un interrogatorio ex art. 294 cod. proc. pen., mentre la difesa si era opposta in quanto l'art. 512 cod. proc. pen. non include tra gli atti dei quali può essere data lettura il verbale delle dichiarazioni rese al giudice delle indagini preliminari;
che ad avviso del Tribunale la questione è rilevante poiché nell'interrogatorio condotto dal giudice il dichiarante «si era assunto la responsabilità degli addebiti mossigli e aveva altresì reso dichiarazioni utili alla ricostruzione dei fatti»;
che il Tribunale ritiene che, in caso di irripetibilità dell’esame, la lettura delle dichiarazioni precedentemente rese dai soggetti di cui all'art. 197-bis cod. proc. pen. potrebbe aver luogo soltanto a norma dell'art. 512 cod. proc. pen., in quanto non sarebbe applicabile ai testimoni assistiti la disciplina dettata dall'art. 513, comma 2, cod. proc. pen., riferibile, in virtù delle modifiche recate dalla legge 1° marzo 2001, n. 63, esclusivamente alle ipotesi concernenti gli imputati in un procedimento connesso a norma dell'art. 12, comma 1, lettera a), cod. proc. pen., titolari del diritto al silenzio;
che tuttavia nel caso di specie, in cui le dichiarazioni erano state rese in sede di interrogatorio assunto dal giudice per le indagini preliminari, non potrebbe applicarsi neppure l'art. 512 cod. proc. pen., atteso che tale disposizione fa riferimento soltanto agli "atti assunti dalla polizia giudiziaria, dal pubblico ministero, dai difensori delle parti private e dal giudice nel corso dell'udienza preliminare";
che l'evidente lacuna normativa non sarebbe colmabile mediante interpretazione analogica o estensiva, considerando, da un lato, la natura eccezionale dell'art. 512 cod. proc. pen., dall'altro che nell'art. 513, comma 1, cod. proc. pen. il legislatore ha, invece, espressamente previsto anche la lettura delle dichiarazioni rese al giudice nel corso delle indagini preliminari;
che, ad avviso del rimettente, nei casi di sopravvenuta impossibilità di ripetizione dell'esame la scelta del legislatore di escludere la lettura delle dichiarazioni rese al giudice nel corso delle indagini preliminari da colui che a dibattimento ha assunto la veste di testimone assistito - nell'ambito di un sistema che consente invece sia la lettura delle dichiarazioni rese, fuori del contraddittorio «ed in assenza di un giudice terzo», alla polizia giudiziaria o al pubblico ministero dai medesimi soggetti, sia la lettura delle dichiarazioni rese al giudice delle indagini preliminari dagli imputati di reato connesso di cui all'art. 210 cod. proc. pen. - sarebbe «irrazionale e lesiva dei principi di uguaglianza (art. 3 Cost.), del giusto processo e della non dispersione dei mezzi di prova acquisiti per l'accertamento della verità processuale (art. 111 Cost.)».
Considerato che il Tribunale di Palermo dubita della legittimità costituzionale dell’art. 512 del codice di procedura penale nella parte in cui non consente di dare lettura delle dichiarazioni rese al giudice per le indagini preliminari da persona che nel corso del dibattimento ha assunto la veste di testimone "assistito", nel caso in cui ne sia divenuta impossibile la ripetizione per fatti o circostanze imprevedibili;
che nel caso di specie le dichiarazioni erano state rese in sede di interrogatorio ex art. 294 cod. proc. pen. da persona imputata dei medesimi fatti, nei cui confronti era stata poi pronunciata sentenza di applicazione della pena divenuta irrevocabile, e che, sottoposta in dibattimento ad esame in qualità di imputato di reato connesso, si era avvalsa della facoltà di non rispondere;
che, a seguito della riforma introdotta dalla legge 1° marzo 2001, n. 63, era stato disposto nuovo esame di tale soggetto in qualità di testimone ex art. 197-bis, comma 1, cod. proc. pen.;
che l'esame non aveva però potuto avere luogo perché nel frattempo si accertava che il testimone era deceduto;
che ad avviso del giudice a quo l'art. 512 cod. proc. pen., facendo riferimento ai soli atti assunti dalla polizia giudiziaria, dal pubblico ministero e dal giudice dell'udienza preliminare, non consente la lettura del verbale dell'interrogatorio condotto dal giudice per le indagini preliminari;
che tale omessa previsione si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 111 della Costituzione, in quanto sarebbe irrazionale e lesiva dei principi di eguaglianza e del giusto processo una disciplina che non prevede la lettura delle dichiarazioni rese al giudice per le indagini preliminari da coloro che, essendo definitivamente giudicati, assumono la veste di testimone "assistito", a fronte di un sistema che consente invece sia la lettura, ex art. 512 cod. proc. pen., delle dichiarazioni rese dai medesimi soggetti nel corso delle indagini preliminari alla polizia giudiziaria e al pubblico ministero, sia, a norma del combinato disposto degli artt. 513, comma 2, e 210, comma 1, cod. proc. pen., la lettura delle dichiarazioni rese al giudice per le indagini preliminari dagli imputati di reato connesso ex art. 12, comma 1, lettera a), cod. proc. pen., nei cui confronti non sia intervenuta sentenza irrevocabile;
che il rimettente afferma che la lettura delle dichiarazioni dei soggetti che hanno assunto la veste di cui all'art. 197-bis cod. proc. pen. trova la sua disciplina, nell'ipotesi di irripetibilità dell'esame, soltanto nell'art. 512 cod. proc. pen., escludendo che nella situazione sottoposta al suo esame sia applicabile la previsione dell’art. 513, comma 2, cod. proc. pen. per il caso di impossibilità di ottenere la presenza del dichiarante;
che il giudice a quo omette peraltro di precisare quale fosse la posizione processuale del soggetto che è stato giudicato separatamente nel momento in cui aveva reso le dichiarazioni di cui è successivamente divenuta impossibile la ripetizione e non chiarisce, in particolare, se tali dichiarazioni erano state raccolte nell'ambito di un procedimento cumulativo a carico anche dell'attuale imputato o in un procedimento diverso;
che tali omissioni non consentono di valutare se nel caso in esame avrebbe potuto trovare applicazione l’art. 238, comma 3, cod. proc. pen., che prevede l'acquisizione della documentazione di atti di altri procedimenti di cui è divenuta impossibile la ripetizione per fatti o circostanze imprevedibili;
che la questione va pertanto dichiarata manifestamente inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 512 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Palermo, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 maggio 2003.
F.to:
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Guido NEPPI MODONA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 9 maggio 2003.