Sentenza n. 98/2003

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SENTENZA N.98

ANNO 2003

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Riccardo CHIEPPA, Presidente

- Gustavo ZAGREBELSKY  

- Valerio ONIDA        

- Carlo MEZZANOTTE         

- Fernanda CONTRI   

- Guido NEPPI MODONA    

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI    

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK        

- Francesco AMIRANTE        

- Ugo DE SIERVO     

- Romano VACCARELLA    

- Paolo MADDALENA                     

- Alfio FINOCCHIARO        

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 6, settimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643 (Istituzione dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili), promosso con ordinanza del 10 luglio 2001 dalla Commissione tributaria provinciale di Milano sul ricorso proposto dalla Ge Power Controls Holding Italia s.p.a. contro l’Agenzia delle Entrate Ufficio del Registro di Milano 1 - Atti Privati, iscritta al n. 210 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell’anno 2002.

  Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 15 gennaio 2003 il Giudice relatore Annibale Marini.

Ritenuto in fatto

1.- Con ordinanza del 10 luglio 2001, depositata il 27 novembre 2001, la Commissione tributaria provinciale di Milano ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, settimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643 (Istituzione dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili).

Nel giudizio a quo, avente ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento INVIM, la società ricorrente lamenta che taluni immobili, esenti dall’INVIM decennale ai sensi dell’art. 25, lettera d), del d.P.R. n. 643 del 1972, in considerazione della loro natura di beni strumentali, siano stati assoggettati all’INVIM da trasferimento, in quanto oggetto di un atto di conferimento di azienda, assumendo come valore iniziale, ai fini della determinazione della base imponibile, quello della data dell’acquisto invece di quello riferibile alla scadenza dell’ultimo decennio di possesso ininterrotto dei beni stessi con conseguente vanificazione, in tal modo, sempre ad avviso della medesima ricorrente, del beneficio dell’esenzione dei beni strumentali dall’INVIM decennale e la sua trasformazione in una mera sospensione dell’imposizione.

Il rimettente – pur condividendo nella sostanza le argomentazioni della società ricorrente – osserva che la normativa vigente non contempla "alcuna diversità nella determinazione della base imponibile applicabile con riferimento agli immobili che beneficiavano dell’esenzione d’imposta" di cui si tratta, cosicché correttamente l’ente impositore avrebbe assunto come valore iniziale quello riferibile alla data di acquisto dei beni.

Ne risulterebbe tuttavia violato - ad avviso del medesimo rimettente - il principio di eguaglianza tributaria di cui agli artt. 3 e 53 della Costituzione, in quanto posizioni contributive sostanzialmente disomogenee, come "quella del contribuente che perda il beneficio dell’esenzione dall’INVIM decennale di cui godeva e quella del contribuente che di tale beneficio non ha mai goduto", verrebbero ad essere disciplinate in modo analogo, oltretutto con un ingiustificato aggravio fiscale per il contribuente già beneficiario dell’esenzione.

2.- E’ intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di inammissibilità o infondatezza della questione.

Ad avviso della parte pubblica, l’ordinanza di rimessione sarebbe contraddittoria – così da rendere la questione inammissibile per difetto di rilevanza – in quanto il giudice a quo mostrerebbe chiaramente di condividere l’assunto della società ricorrente secondo la quale il plusvalore dell’immobile strumentale, al compimento del decennio, sarebbe comunque da considerare "tassato", pur mancando la percezione del tributo. Muovendo da tale premessa lo stesso giudice, secondo l’Avvocatura, avrebbe dovuto coerentemente accogliere il ricorso e non già sollevare una questione di legittimità costituzionale.

Si tratterebbe, peraltro, di una premessa ermeneutica del tutto implausibile, non potendo dubitarsi – ad avviso ancora dell’Avvocatura – che la "precedente tassazione", cui fa riferimento l’art. 6, primo comma, del d.P.R. n. 643 del 1972 ai fini dell’individuazione del valore iniziale dell’immobile, debba essere "una tassazione effettiva e non meramente eventuale". Con la conseguenza che, in caso di alienazione di immobile esente, in quanto strumentale, dall’INVIM decennale, il valore iniziale da prendere in considerazione per determinare la base imponibile dell’INVIM da trasferimento dovrebbe essere quello riferibile alla data di acquisto.

Nel merito, la questione sarebbe comunque infondata, risultando la disciplina censurata del tutto ragionevole, ove si tenga presente il carattere unitario del tributo, a prescindere dalle distinte modalità applicative previste dagli artt. 2 e 3 del d.P.R. n. 643 del 1972, ed il principio di continuità ad esso inerente.

La soluzione prospettata dal rimettente – oltre a richiedere un intervento inammissibilmente manipolativo – introdurrebbe, d’altro canto, ad avviso ancora dell’Avvocatura, una disciplina di ingiustificato favore per gli immobili strumentali appartenenti a società rispetto a quelli appartenenti ad imprenditori individuali, rimanendo questi ultimi, diversamente dai primi, assoggettati all’INVIM da trasferimento secondo le regole generali.

Considerato in diritto

1.- La Commissione tributaria provinciale di Milano dubita, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 6, settimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643 (Istituzione dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili), nella parte in cui – in applicazione del principio generale espresso dal primo comma dello stesso art. 6 – individua come valore iniziale, ai fini della determinazione della base imponile dell’INVIM, per gli immobili esenti dall’INVIM decennale ai sensi dell’art. 25, secondo comma, lettera d), del medesimo d.P.R., quello della data di acquisto piuttosto che quello della data di scadenza dell’ultimo decennio di possesso.

Tale disposizione si porrebbe in contrasto – ad avviso del rimettente – con il principio di eguaglianza tributaria, in quanto sottoporrebbe ad un analogo trattamento fiscale posizioni contributive sostanzialmente disomogenee, quali sarebbero quella del contribuente che perde il beneficio dell’esenzione dall’INVIM decennale di cui in precedenza godeva e quella del contribuente che di tale beneficio non ha, invece, mai goduto.

2.- Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità sollevata dall’Avvocatura in ragione della asserita contraddittorietà della motivazione dell’ordinanza di rimessione.

Il rimettente aderisce, infatti, in modo inequivoco all’orientamento ermeneutico – non implausibile e del resto ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità – secondo il quale la norma impugnata non può che essere interpretata nel senso prospettato dall’ente impositore e, laddove afferma la "condivisibilità" delle argomentazioni della società ricorrente, intende evidentemente riferirsi non alla possibilità di una diversa interpretazione – che appunto esclude - bensì alla sostanza delle critiche mosse dalla medesima ricorrente riguardo alla pretesa iniquità delle conseguenze che dalla disposizione censurata discenderebbero.

3.- Nel merito, la questione non è fondata.

Premesso il carattere unitario dell’imposta sull’incremento di valore degli immobili, pur se applicabile con due distinte modalità, va rilevato che la modalità applicativa prevista dall’art. 3 del decreto istitutivo dell’INVIM per gli immobili appartenenti alle società (la cosiddetta INVIM decennale) si aggiunge, senza sostituirla, a quella prevista dal precedente art. 2, come risulta palese dal tenore letterale della norma, secondo cui l’imposta si applica ai suddetti immobili "oltre che nei casi previsti dall’articolo precedente, al compimento di ciascun decennio dalla data dell’acquisto".

Va altresì evidenziata, in conformità alla giurisprudenza di legittimità, la finalità sostanzialmente antielusiva dell’INVIM decennale, il cui fondamento risiede nella circostanza che, nel caso di immobili intestati a società, gli stessi effetti pratici della cessione dell’immobile possono essere raggiunti mediante il trasferimento di quote o azioni societarie, così sfuggendo alla modalità applicativa basata sul trasferimento dell’immobile.

Deve perciò ritenersi che l’esenzione dall’imposta (rectius: dalla modalità applicativa) di cui all’art. 3 (ma non anche da quella di cui all’art. 2) degli incrementi di valore dei beni strumentali, disposta dall’art. 25, secondo comma, lettera d), del d.P.R. n. 643 del 1972, trovi la sua principale giustificazione in una non irragionevole valutazione del legislatore circa l’insussistenza, riguardo a tali immobili, di un effettivo rischio di elusione, così da rendere sufficiente il loro assoggettamento – al pari di quelli appartenenti alle persone fisiche – alla sola modalità applicativa di cui all’art. 2.

Se tale è la ratio della esenzione di cui si tratta, non può allora dubitarsi della coerenza sistematica della norma censurata, là dove prevede che, in caso di trasferimento degli immobili strumentali, ai fini della determinazione della base imponibile debba assumersi come valore iniziale quello della data di acquisto. E’ questa, infatti, una logica conseguenza della scelta, operata dal legislatore, di assoggettare i suddetti immobili al solo prelievo all’atto del loro trasferimento, e non anche al prelievo periodico.

La tesi del rimettente – secondo cui sarebbero in tal modo sottoposte ad un trattamento fiscale sostanzialmente analogo situazioni non omogenee, quali sarebbero quella del contribuente che perde il beneficio dell’esenzione dall’INVIM decennale di cui in precedenza godeva e quella del contribuente che di tale beneficio non ha invece mai goduto – si rivela perciò destituita, in fatto, di qualsiasi fondamento, nel senso che il trattamento fiscale resta, nei due casi, diverso. Mentre, infatti, per gli immobili non strumentali appartenenti alle società, l’imposta è applicata, oltre che in caso di trasferimento, anche allo scadere di ciascun decennio, per quelli strumentali l’obbligo di pagamento sorge – come per le persone fisiche – solamente in occasione di un atto volontario di trasferimento, in ciò solo sostanziandosi l’esenzione riconosciuta dall’art. 25, secondo comma, lettera d).

Che l’ammontare dell’imposta applicata con le modalità di cui all’art. 2 del decreto istitutivo possa poi risultare – a parità di ogni altra condizione - uguale o superiore alla somma dei prelievi decennali ex art. 3 è circostanza di mero fatto, irrilevante ai fini del giudizio di legittimità costituzionale e comunque tutt’altro che incompatibile con la ratio di una disciplina che – diversamente da quanto il rimettente ritiene – non è sicuramente finalizzata, per quanto sin qui osservato, a sottrarre a qualsiasi imposizione gli incrementi di valore riferibili agli immobili strumentali.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, settimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643 (Istituzione dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Milano con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 marzo 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Annibale MARINI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 28 marzo 2003.