ORDINANZA N. 40
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Riccardo CHIEPPA Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 45, comma 6, della legge 17 maggio 1999, n. 144 (Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all’occupazione e della normativa che disciplina l’INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali), promosso dal Tribunale di Torino con ordinanza del 14 maggio 2002, nel procedimento civile vertente tra Artuffo Elsa ed altri e il Comune di Torino, iscritta al n. 375 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell’anno 2002.
Visto l’atto di costituzione di Artuffo Elsa ed altri nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 3 dicembre 2002 il Giudice relatore Francesco Amirante;
uditi l’avvocato Sergio Sonetto per Artuffo Elsa ed altri e l’avvocato dello Stato Massimo Mari per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che il Tribunale di Torino, con ordinanza del 14 maggio 2002, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 45, comma 6, della legge 17 maggio 1999, n. 144 (Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all’occupazione e della normativa che disciplina l’INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali), nella parte in cui limita la possibilità di proroga dei progetti di lavori socialmente utili ed il diritto ai benefici previsti dall’art. 12 del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, esclusivamente a coloro che, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 1998 e il 31 dicembre 1999, abbiano maturato o possano maturare dodici mesi in tale tipo di attività;
che il giudice a quo chiarisce come i ricorrenti nel giudizio in corso dinanzi a lui avessero partecipato ad uno dei progetti (di durata annuale) per lavori socialmente utili predisposti dal Comune di Torino ai sensi del citato d.lgs. n. 468 del 1997, ma che tali iniziative erano state attivate in momenti diversi, sulla base di accordi con gli enti convenzionati, con la conseguenza che i progetti avviati nel 1998 erano terminati entro il 1999, mentre quelli iniziati dopo il 15 gennaio 1999 (riguardanti, appunto, i ricorrenti) si erano conclusi in data successiva al 15 gennaio 2000;
che a questi ultimi lavoratori era stata pertanto negata la possibilità di proporre domanda di proroga e di fruire dei suddetti benefici, da essi richiesti nel giudizio a quo;
che, a parere del Tribunale remittente, la norma, nel considerare soltanto l’avvenuto compimento dell’attività lavorativa, anziché riguardare tutti i soggetti “inseriti” in progetti di lavori socialmente utili entro il 31 dicembre 1998, risulterebbe irragionevole in quanto creativa di una disparità di trattamento tra lavoratori impegnati nei progetti, in ragione di parametri del tutto casuali, relativi alla data di inizio dei corsi, anche per l’impossibilità di prevedere l’introduzione dell’anzidetto discrimine temporale al momento dell’avvio dei progetti stessi;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di non fondatezza della questione, in quanto la norma impugnata esprimerebbe una tendenza legislativa volta a superare il sistema del lavoro precario, riassorbendolo nel quadro di un’occupazione stabile, e tanto giustificherebbe (unitamente alle compatibilità di bilancio in un determinato esercizio finanziario) la ristrettezza dell’arco temporale entro cui sono state ammesse le proroghe;
che nel giudizio dinanzi a questa Corte si è costituita la parte privata, sostenendo solo subordinatamente la richiesta di declaratoria d’illegittimità costituzionale e riproponendo, anche in una memoria depositata nell’imminenza dell’udienza, l’interpretazione – già disattesa dal Tribunale in ragione della chiarezza del dato testuale – secondo la quale i beneficiari delle proroghe potrebbero comunque individuarsi con riferimento al progetto ed alla sua prevista durata, a prescindere dall’effettivo svolgimento dell’attività e dalla relativa scadenza, così argomentando sulla base di un’asserita fungibilità – nell’utilizzo legislativo – dei termini attività e progetti.
Considerato che il dubbio di legittimità costituzionale, per violazione dell’art. 3 della Costituzione, investe l’art. 45, comma 6, della legge 17 maggio 1999, n. 144, nella parte in cui limita la possibilità di proroga dei progetti di lavori socialmente utili ed il diritto ai benefici previsti dall’art. 12 del d.lgs. 1° dicembre 1997, n. 468, esclusivamente a coloro che, nel periodo tra il 1° gennaio 1998 e il 31 dicembre 1999, abbiano maturato o possano maturare dodici mesi in tale attività, anziché ricomprendere anche i soggetti che siano stati comunque inseriti in progetti di lavori socialmente utili entro il 31 dicembre 1998;
che la controversia di cui al giudizio a quo concerne i lavori socialmente utili di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 468 del 1997, attuativo della delega conferita con l’art. 22 della legge 24 giugno 1997, n. 196, nell’ottica di promuovere i percorsi formativi assistiti, quali strumenti attivi nel mercato del lavoro;
che il citato provvedimento delegato ha altresì fissato, all’art. 12, una disciplina transitoria applicabile ai lavoratori che avessero maturato al 31 dicembre 1997 dodici mesi di attività nei lavori socialmente utili, garantendo loro una serie di misure eterogenee, quali il mantenimento dell’iscrizione nelle liste di mobilità, ovvero la concessione di un contributo a fondo perduto per raggiungere il pensionamento;
che, successivamente, a seguito del trasferimento alle regioni di gran parte delle funzioni amministrative e della potestà legislativa in materia, si è reso necessario conferire, con il comma 2 dell’art. 45 citato, una nuova delega, volta ad adeguare al mutato assetto istituzionale la disciplina dei lavori socialmente utili, finalizzandoli altresì alla creazione di una stabile occupazione, nel più ampio quadro della riforma degli incentivi all’occupazione e degli ammortizzatori sociali prevista dal comma 1 dell’art. 45;
che fino all’attuazione di tale disegno riformatore, la censurata previsione, di cui al comma 6 dell’art. 45, consentiva l’approvazione di nuovi progetti per lavori socialmente utili, ovvero la proroga di quelli in corso, soltanto utilizzando chi avesse maturato dodici mesi di attività effettiva entro il 31 dicembre 1999 ed estendeva altresì a tale termine la durata della disciplina transitoria di cui al citato art. 12 del d.lgs. n. 468 del 1997;
che, peraltro, al momento dell’emissione dell’ordinanza di rimessione, era già intervenuto il decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81, recante proprio «integrazioni e modifiche della disciplina dei lavori socialmente utili, a norma dell’articolo 45, comma 2, della legge 17 maggio 1999, n. 144»;
che tale provvedimento limita definitivamente il bacino dei lavoratori utilizzabili in lavori socialmente utili ai soggetti originariamente previsti dall’impugnata disciplina, alla quale si sovrappone, abrogando altresì l’art. 1, comma 2, lett. a), b), e c), commi 3, 4 e 6, del d.lgs. n. 468 del 1997 e confermando la vigenza di tale decreto delegato nel suo complesso, ma solo in quanto compatibile con il medesimo d.lgs. n. 81 del 2000 (art. 10, comma 3);
che, pertanto, il giudice a quo, nel delineare il quadro normativo in cui si iscrive la fattispecie dedotta in giudizio, ha omesso di motivare in ordine agli effetti del citato d.lgs. n. 81 del 2000 sulle situazioni soggettive dedotte in tale controversia, così incorrendo in un evidente difetto argomentativo circa la rilevanza della questione stessa;
che la questione di legittimità costituzionale è pertanto manifestamente inammissibile.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 45, comma 6, della legge 17 maggio 1999, n. 144 (Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all’occupazione e della normativa che disciplina l’INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Torino con l’ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il il 16 gennaio 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Francesco AMIRANTE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 5 febbraio 2003.