ORDINANZA N.35
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Riccardo CHIEPPA Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
- Valerio ONIDA “
- Carlo MEZZANOTTE “
- Fernanda CONTRI “
- Guido NEPPI MODONA “
- Piero Alberto CAPOTOSTI “
- Annibale MARINI “
- Franco BILE “
- Giovanni Maria FLICK “
- Francesco AMIRANTE “
- Ugo DE SIERVO “
- Romano VACCARELLA “
- Paolo MADDALENA “
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio per ammissibilità di conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera del 10 novembre 1999 della Camera dei deputati con la quale si afferma che i fatti relativi al procedimento instaurato contro l’on. Sgarbi Vittorio per il reato di diffamazione a mezzo stampa ai danni del Procuratore della Repubblica dott. Agostino Cordova, concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’articolo 68, primo comma, della Costituzione, promosso dal Tribunale di Roma, sezione nona penale, con ricorso depositato il 25 febbraio 2002 ed iscritto al n. 212 del registro ammissibilità conflitti.
Udito nella camera di consiglio del 4 dicembre 2002 il Giudice relatore Ugo De Siervo.
Ritenuto che con atto del 10 dicembre 2001 depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 25 febbraio 2002, il Tribunale di Roma, sezione nona penale – nel corso di un procedimento penale a carico del deputato Vittorio Sgarbi per il reato di diffamazione a mezzo stampa – ha sollevato conflitto di attribuzioni contro la deliberazione del 10 novembre 1999 con cui la Camera dei deputati ha ritenuto insindacabili le dichiarazioni riguardo alle quali è stata formulata la suddetta imputazione;
che il rimettente osserva che il procedimento penale trae origine da esposto-querela depositato il 29 aprile 1997 dal dottor Agostino Cordova;
che il capo di imputazione formulato a carico del deputato Vittorio Sgarbi concerne le dichiarazioni dallo stesso rese in relazione al dottor Cordova, in occasione dell’espletamento di atti di esecuzione mobiliare avvenuti presso la dimora del suddetto deputato e concernenti la presunta illegittimità di tali atti;
che tale esecuzione mobiliare – come peraltro è possibile desumere dalla citata delibera della Camera dei deputati – traeva origine da una sentenza con la quale il deputato Vittorio Sgarbi era stato condannato al pagamento della somma di L. 20.000.000 nei confronti del dott. Agostino Cordova;
che il ricorrente rileva che la Camera dei deputati, con deliberazione resa in data 10 novembre 1999, ha ritenuto che le dichiarazioni suddette siano riconducibili alla previsione del primo comma, dell’art. 68 della Costituzione, in quanto opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni;
che secondo il ricorrente erroneamente la Camera dei deputati avrebbe ritenuto le dichiarazioni connesse alla funzione parlamentare, dal momento che nei comportamenti in questione non sarebbe possibile “rintracciare una connessione con atti tipici” della suddetta funzione né “individuare un intento divulgativo di una scelta o un’attività politico-parlamentare”;
che pertanto la deliberazione di insindacabilità adottata dalla Camera avrebbe illegittimamente interferito sulla sfera di attribuzioni, costituzionalmente garantita, dell’autorità giudiziaria.
Considerato che in questa fase la Corte è chiamata, ai sensi dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a delibare esclusivamente se il ricorso sia ammissibile, valutando, senza contraddittorio tra le parti, se sussistano i requisiti soggettivo e oggettivo di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato;
che, quanto al requisito soggettivo, il Tribunale di Roma, sezione nona penale, è legittimato a sollevare il conflitto in quanto competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene, in considerazione della posizione di indipendenza, costituzionalmente garantita, di cui godono i singoli organi giurisdizionali;
che anche la Camera dei deputati, in relazione alla definizione dell’ambito di insindacabilità di cui all’art. 68, primo comma, della Costituzione, è legittimata ad essere parte del conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere che rappresenta;
che, per quel che concerne l’aspetto oggettivo del conflitto, il ricorrente Tribunale di Roma lamenta la lesione delle proprie attribuzioni costituzionalmente garantite in relazione alla adozione, da parte della Camera di appartenenza del parlamentare, di una deliberazione ove si afferma, in modo asseritamene arbitrario, l’insindacabilità delle opinioni espresse da quest’ultimo, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione;
che, pertanto, esiste la materia di un conflitto, la cui soluzione è affidata alla competenza della Corte costituzionale, restando impregiudicata ogni ulteriore decisione definitiva – da assumersi a contraddittorio integro – anche in ordine alla ammissibilità del ricorso.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservato ogni definitivo giudizio,
dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzioni proposto dal Tribunale di Roma, sezione nona penale, nei confronti della Camera dei deputati con il ricorso in epigrafe;
dispone:
a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza al Tribunale di Roma, sezione nona penale, ricorrente;
b) che, a cura del ricorrente, il ricorso e la presente ordinanza siano notificati alla Camera dei deputati, in persona del suo Presidente, entro il termine di 60 giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere poi depositati nella cancelleria di questa Corte entro il termine di venti giorni dalla notificazione, a norma dell’art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Ugo DE SIERVO, Redattore
Depositata in Cancelleria il 4 febbraio 2003.