SENTENZA N.27
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Riccardo CHIEPPA Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 3, 4, 5, 6, 7 e 8 della legge della Regione Lombardia 3 aprile 2000, n. 21 (Riordino della normativa sugli orari di apertura e sui turni di servizio delle farmacie della Regione Lombardia e delega alle aziende sanitarie locali delle competenze amministrative in materia di commercio all’ingrosso di medicinali ad uso umano), promossi con due ordinanze del 22 febbraio 2002 dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, iscritte ai nn. 270 e 271 del registro ordinanze 2002 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 2002.
Visti gli atti di costituzione della Farmacia Corvetto sas ed altre e della Farmacia Rovani sas, della Regione Lombardia, dell’Associazione chimica farmaceutica lombarda tra titolari di farmacia e dell’Ordine dei farmacisti delle Province di Milano e di Lodi;
udito nell’udienza pubblica del 5 novembre 2002 il Giudice relatore Paolo Maddalena;
uditi gli avvocati Federico Sorrentino per la Farmacia Corvetto sas ed altre e per la farmacia Rovani sas, Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Lombardia, Massimo Luciani per l’Associazione chimica farmaceutica lombarda fra titolari di farmacia, Giovanni Pellegrino e Bruno Riccardo Nicoloso per l’Ordine dei farmacisti delle Province di Milano e di Lodi.
Ritenuto in fatto
1. ¾ Il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, con due distinte ordinanze di identico contenuto (r.o. nn. 270 e 271 del 2002), emesse in data 22 febbraio 2002, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, 4, 5, 6, 7 ed 8 della legge della Regione Lombardia 3 aprile 2000, n. 21 (Riordino della normativa sugli orari di apertura e sui turni di servizio delle farmacie della Regione Lombardia e delega alle aziende sanitarie locali delle competenze amministrative in materia di commercio all’ingrosso di medicinali ad uso umano), per ritenuto contrasto degli stessi con gli artt. 41, 32 e 97 della Costituzione, nonché con l’art. 3 Cost., implicitamente evocato in motivazione.
2. ¾ In fatto, il giudice remittente espone, nell’ordinanza n. 270 del 2002, di essere stato investito dell’anzidetta questione nel corso di un giudizio introdotto da alcuni farmacisti nei confronti della ASL - città di Milano, e, nell’ordinanza 271 del 2002, di essere stato investito della stessa questione nel corso di altro giudizio introdotto da un farmacista nei confronti della ASL – Provincia di Milano 3. Entrambi i giudizi erano diretti ad ottenere l’annullamento del calendario 2001, emesso in attuazione della legge reg. Lombardia n. 21 del 2000, nella parte relativa alla previsione di limitazioni di orario, turni e ferie.
3. ¾ In diritto, lo stesso giudice ritiene la questione rilevante ai fini della decisione del ricorso e non manifestamente infondata nel merito.
In sostanza, dopo aver affermato la natura pubblica del servizio svolto dalle farmacie, egli sostiene che il contingentamento e la pianta organica delle farmacie sono posti dal legislatore proprio nella prospettiva del servizio pubblico, nell’interesse, sia degli utenti, che dei farmacisti, in quanto per un verso assicurano una distribuzione delle sedi farmaceutiche sul territorio che avvantaggia gli utenti, e, per altro verso, assicurano un bacino d’utenza ai farmacisti.
Peraltro lo stesso giudice remittente afferma poi che i limiti di orario non hanno alcun effetto sullo sviamento della clientela e che la loro liberalizzazione non porrebbe a rischio le cosiddette sedi disagiate. Indurrebbero a ritenere ciò l’evoluzione degli stili di vita e la stessa legislazione successiva sulle farmacie: il fatto che le farmacie vendono non solo farmaci, ma anche altri prodotti, che vi è stata una liberalizzazione degli orari e dei turni delle attività commerciali, un’accentuazione della concorrenza in conformità alle direttive comunitarie – decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’art. 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59) e legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato) -, una nuova disciplina dei turni di lavoro e di riposo, una diversa organizzazione interna delle farmacie e così via dicendo. In questa mutata prospettiva, secondo il giudice remittente, non costituirebbe più un ostacolo quanto dispone in materia del tutto analoga la sentenza di questa Corte n. 446 del 1988.
4. ¾ Con due memorie, di identico contenuto, del luglio 2002 si sono costituite, quali parti ricorrenti nel giudizio a quo, le farmacie Corvetto, Scevola, San Siro, Castoldi, Carlo Erba e Rovani, sostenendo le ragioni espresse nell’ordinanza di remissione.
In dette memorie si evidenzia innanzitutto che la questione in esame è diversa da quella decisa da questa Corte con sentenza n. 446 del 1988, perché in quel caso si discuteva della legittimità costituzionale delle sole norme che stabiliscono la chiusura per ferie ed il riposo settimanale, in questo caso invece viene censurata anche la disposizione che stabilisce gli orari di apertura e chiusura delle farmacie, aspetto, questo, sul quale la Corte dovrà pronunciarsi per la prima volta.
Proseguendo nel discorso, le memorie contestano che la previsione dei limiti di apertura e chiusura delle farmacie serva ad assicurare la capillarità del sistema farmaceutico, in quanto tale capillarità è garantita dalla programmazione della pianta organica, strutturata in modo tale che a ciascuna farmacia sia comunque assicurato un certo bacino di utenza. Ciò che invece è da tener presente è che quei limiti contraddicono il processo di progressiva evoluzione dei diversi settori dell’economia e si pongono in violazione degli artt. 32, 97 e 41 della Costituzione. In realtà la legge della Regione Lombardia, che impone orari e periodi obbligatori di chiusura delle farmacie, costituisce una restrizione dell’accesso degli utenti al servizio farmaceutico, una limitazione dell’efficacia del medesimo ed una compressione della libertà imprenditoriale dei farmacisti. Essa, dunque, appare irragionevole ed ingiustificatamente lesiva del diritto alla salute, impedendo alle farmacie di offrire volontariamente un servizio superiore al minimo legislativamente fissato.
5. ¾ Con memoria del maggio 2002 si è costituita l’Associazione chimica farmaceutica lombarda fra titolari di farmacia, eccependo, preliminarmente, la manifesta inammissibilità della sollevata questione di legittimità costituzionale per omessa congrua motivazione dell’ordinanza di remissione. Nel merito, la memoria sostiene che il giudice a quo non ha considerato il servizio farmaceutico come un vero e proprio servizio pubblico, ma come un comune esercizio commerciale, contraddicendo, tra l’altro, la citata sentenza di questa Corte n. 446 del 1988.
6. ¾ Con memoria dell’aprile 2002 si è costituito, quale controinteressato, l’Ordine dei farmacisti delle province di Milano e di Lodi, sostenendo, in via preliminare, la manifesta infondatezza della questione, in quanto la stessa sarebbe già stata esaminata da questa Corte, con la sentenza n. 446 del 1988. Nel merito, la memoria pone in evidenza che proprio la citata sentenza di questa Corte ha affermato che la materia in esame inerisce ad un servizio di pubblica necessità, le cui finalità non possono essere condizionate o snaturate con il richiamo all’aspetto privato ed imprenditoriale dell’esercizio farmaceutico, laddove ragioni di utilità sociale legittimano invece la compressione dell’iniziativa economica privata. La legislazione successiva, nonché la relativa giurisprudenza, si sarebbero pienamente uniformate a questo principio.
7. ¾ Con memoria del luglio 2002 si è infine costituita la Regione Lombardia, sostenendo, sia l’inammissibilità della questione, sia la sua infondatezza nel merito.
Quanto al profilo dell’inammissibilità, la memoria sostiene innanzitutto che l’ordinanza di remissione è carente di motivazione circa la rilevanza: il Tar Lombardia descriverebbe infatti in maniera generica ed apodittica i presupposti di fatto da cui trae origine il giudizio di costituzionalità. Altro profilo di inammissibilità è costituito dalla carenza di motivazione circa la non manifesta infondatezza. Infatti, mancherebbero nell’ordinanza, da un lato la descrizione delle norme della legge regionale impugnate, e dall’altro la puntuale denuncia di ogni singola norma e la correlativa motivazione. A questo proposito la memoria pone in evidenza che, qualora venissero dichiarate incostituzionali in toto le norme dettate dagli artt. 3, 4, 5, 6, 7 e 8 della legge reg. Lombardia n. 21 del 2000, si avrebbe l’effetto di creare un vuoto normativo nella disciplina di un servizio pubblico essenziale per la salute dei cittadini.
Venendo al merito, la memoria si sofferma sul quadro generale della disciplina statale vigente in materia sottolineando l’importanza del servizio pubblico svolto dalle farmacie per soddisfare il diritto alla salute di tutti i cittadini. A questo fine, precisa la memoria, concorrono, da un lato le disposizioni statali che dispongono in ordine al contingentamento ed alle piante organiche, e dall’altro la disciplina legislativa regionale in materia di orari, turni, chiusura infrasettimanale. Insomma, il “sistema farmacia” costituisce un unicum, nel quale sono saggiamente bilanciati i valori espressi dagli artt. 32, 97, 41 e 36 della Costituzione.
8. ¾ In prossimità della pubblica udienza del 5 novembre 2002, le parti interessate hanno provveduto a depositare memorie scritte con cui hanno reciprocamente dedotto in ordine agli argomenti esposti negli atti di costituzione.
8.1. ¾ In particolare, le farmacie Ravani, Corvetto, Scevola, San Siro e Castoldi, con due atti di identico contenuto, hanno controdedotto alle eccezioni di inammissibilità sostenendo che la questione proposta è rilevante ai fini della soluzione dei giudizi a quo e che le disposizioni della legge regionale sono state censurate non in toto, ma soltanto nella parte in cui stabiliscono obblighi di chiusura giornaliera, infrasettimanale, festiva e per ferie degli esercizi farmaceutici.
Nel merito, le parti interessate hanno evidenziato come non sia in contestazione la natura pubblica del servizio farmaceutico, ma il fatto che a tale servizio siano imposti limiti di orario, non solo minimi, ma anche massimi. Esse sostengono che l’eliminazione dei limiti massimi di orario sia di maggiore utilità per gli utenti ed aumenti l’efficienza del sistema farmaceutico. Tale liberalizzazione degli orari, inoltre, non danneggerebbe le piccole farmacie e non sarebbe di pregiudizio per la capillarità del servizio.
8.2. ¾ L’Associazione chimica farmaceutica lombarda tra titolari di farmacie ha ulteriormente dedotto in ordine alla eccepita inammissibilità della questione per essere l’ordinanza di remissione carente, oltre che in ordine alla descrizione dei fatti di causa, anche in punto di rilevanza.
Nel merito, ha apportato ulteriori argomenti a sostegno della tesi della natura pubblicistica del servizio farmaceutico, assolutamente prevalente nei confronti degli invocati aspetti privatistici della gestione del servizio.
8.3. ¾ La Regione Lombardia, ha presentato una memoria d’udienza, nella quale, nel riconfermare tutte le eccezioni precedentemente svolte, ha evidenziato che l’attività delle farmacie, essendo volta a fornire un servizio pubblico destinato alla tutela dei cittadini, non può essere ricondotta alla materia del “commercio”, nella quale sussiste la competenza esclusiva delle Regioni, bensì alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni, con la conseguenza che spetta a queste ultime la legislazione di dettaglio ed allo Stato la determinazione dei principi fondamentali.
Considerato in diritto
1. ¾ Le due ordinanze di remissione hanno identico contenuto e pertanto i due giudizi vanno riuniti per essere decisi con un’unica sentenza.
2. ¾ Vanno respinte, innanzitutto, le eccezioni di inammissibilità sollevate da alcune delle parti in causa.
2.1. ¾ Quanto all’eccezione di carenza di motivazione in ordine alla rilevanza della questione, è da ritenere che i richiami ai presupposti di fatto ed all’oggetto della controversia, benché sintetici, siano sufficienti tuttavia a dimostrare l’influenza diretta che il presente giudizio di costituzionalità ha nel giudizio a quo.
2.2. ¾ Quanto poi all’eccezione di carenza di motivazione circa la non manifesta infondatezza, poiché mancherebbero da un lato la descrizione delle norme della legge regionale impugnata, e dall’altro la puntuale denuncia di ogni singola norma e la correlativa motivazione, è agevole replicare che le disposizioni della legge regionale non sono state affatto censurate in toto, ma soltanto nella parte in cui stabiliscono obblighi di chiusura giornaliera, infrasettimanale, festiva e per ferie degli esercizi farmaceutici.
2.3. ¾ Quanto infine all’eccezione di manifesta infondatezza per essere la questione già stata decisa da questa Corte con sentenza n. 446 del 1988, appare dirimente la considerazione che in quel caso si discuteva della legittimità costituzionale delle sole norme che stabiliscono la chiusura per ferie ed il riposo settimanale, in questo caso, invece, viene censurata anche la disposizione che stabilisce gli orari di apertura e chiusura delle farmacie, aspetto, quest’ultimo, del tutto nuovo, sul quale la Corte deve pronunciarsi per la prima volta.
3. ¾ Nel merito, è da sottolineare che il giudice remittente afferma che le limitazioni di orario, turni e ferie, per le farmacie, previste dalla legge della Regione Lombardia 3 aprile 2000, n. 21 (Riordino della normativa sugli orari di apertura e sui turni di servizio delle farmacie della Regione Lombardia e delega alle aziende sanitarie locali delle competenze amministrative in materia di commercio all’ingrosso di medicinali ad uso umano), sono costituzionalmente illegittime, perché in contrasto con gli artt. 3, 41, 32 e 97 della Costituzione.
La questione non è fondata.
3.1. ¾ In sostanza, le mutate condizioni di fatto e di diritto consentirebbero oggi un cambiamento dei convincimenti fatti propri, in proposito, dalla stessa Corte costituzionale (v. sentenza n. 446 del 1988), ed imporrebbero uno sganciamento della disciplina degli orari e dei turni delle farmacie da quella riguardante la pianta organica ed il contingentamento delle farmacie stesse, con la conseguente liberalizzazione della prima (permanendo la natura vincolistica della seconda) nell’interesse non solo degli esercizi commerciali delle farmacie, ma anche dell’efficienza del servizio ed in ultima analisi della migliore soddisfazione del diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost.
3.2. ¾ Sennonché appare evidente che una simile operazione di rimodulazione del dettato legislativo fuoriesce dai compiti di questa Corte, la quale deve limitarsi ad uno scrutinio di legittimità costituzionale delle norme in questione. Ed in proposito non si può non notare che il legislatore, seguendo criteri non irragionevoli, ha in realtà dettato una disciplina organica ed unitaria della materia.
Infatti, le finalità concrete che la legge vuol raggiungere con il contingentamento delle farmacie (assicurare ai cittadini la continuità territoriale e temporale del servizio ed agli esercenti un determinato bacino d’utenza) vanno nello stesso senso di quelle che si vogliono conseguire con la limitazione dei turni e degli orari, in quanto, come è stato più volte osservato, l’accentuazione di una forma di concorrenza tra le farmacie basata sul prolungamento degli orari di chiusura potrebbe contribuire alla scomparsa degli esercizi minori e così alterare quella che viene comunemente chiamata la rete capillare delle farmacie. Esiste in altri termini, nella non irragionevole valutazione del legislatore, un nesso tra il contingentamento delle farmacie e la limitazione degli orari delle stesse, concorrendo entrambi gli strumenti alla migliore realizzazione del servizio pubblico considerato nel suo complesso.
3.3. ¾ Si tratta di un profilo che è già stato posto nel dovuto rilievo da questa Corte, la quale, con la citata sentenza n. 446 del 1988, ha avuto modo di chiarire che “il quadro normativo ribadisce l’intento di realizzare … l’ottimale funzionamento del servizio nel suo complesso”, mentre “la ratio della legge ed il principio che ne va ricavato sono quelli della continuità dell’assistenza farmaceutica prestata, in un adeguato ambito territoriale, dal servizio nel suo insieme e non già dalla singola farmacia”.
3.4. ¾ La previsione legislativa di orari e di turni non contrasta dunque con gli artt. 32, 41 e 97 della Costituzione, in quanto, inserendosi nel predetto quadro normativo, tende ad assicurare il diritto alla salute, il diritto degli esercenti le farmacie (condizionatamente al limite dell’utilità sociale) e l’efficienza del servizio pubblico farmaceutico, secondo scelte discrezionali del legislatore, prive di profili di irragionevolezza e, quindi, conformi anche all’art. 3 della Costituzione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, 4, 5, 6, 7 ed 8 della legge della Regione Lombardia 3 aprile 2000, n. 21 (Riordino della normativa sugli orari di apertura e sui turni di servizio delle farmacie della Regione Lombardia e delega alle aziende sanitarie locali delle competenze amministrative in materia di commercio all’ingrosso di medicinali ad uso umano), sollevata, in relazione agli artt. 3, 41, 32 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 2003.
F.to:
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Paolo MADDALENA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 4 febbraio 2003.