ORDINANZA N.12
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Riccardo CHIEPPA, Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY Giud
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
- Ugo DE SIERVO
- Romano VACCARELLA
- Paolo MADDALENA
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), promosso con ordinanza dell’11 giugno 2001 dalla Commissione tributaria provinciale di Cagliari sul ricorso proposto dalla Società Villaggio S. Andrea c/ Agenzia delle Entrate Ufficio di Cagliari 1, iscritta al n. 395 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell’anno 2002.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 4 dicembre 2002 il Giudice relatore Romano Vaccarella.
Ritenuto che, nel corso di un processo tributario promosso davanti alla Commissione tributaria di primo grado (ora Commissione tributaria provinciale) di Cagliari, dalla società Villaggio S. Andrea nei confronti dell’Agenzia delle entrate – ufficio di Cagliari 1, con ricorso depositato in data 8 novembre 1987, per ottenere l’annullamento dell’ingiunzione Invim, notificata in data 24 settembre 1987, il giudice singolo (designato ai sensi dell’art. 72 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, recante "Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413") di detta Commissione, con ordinanza dell’11 giugno 2001 (pervenuta alla Corte costituzionale il 6 agosto 2002), ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3, 24 e 53 della Costituzione, dell’articolo 17 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 ("Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413"), nella parte in cui non prevede, con riguardo alle comunicazioni e notificazioni da farsi alle parti del processo tributario, che, "in caso di irreperibilità delle parti agli indirizzi conosciuti, o comunque di mancata notifica, si compiano ricerche anagrafiche e raccolta di notizie sulla reperibilità dei destinatari";
che, fissata per la trattazione del ricorso la data dell’11 giugno 2001, la segreteria della Commissione tributaria aveva inviato l’avviso dell’udienza alla parte ricorrente, a norma dell’art. 31 del d. lgs. n. 546 del 1992, a mezzo raccomandata, presso lo studio del difensore domiciliatario, ma che, restituito il piego alla segreteria con la sola annotazione a timbro "al mittente", l’avviso era stato comunicato presso la medesima segreteria, tramite il messo notificatore interno, a norma dell’art. 17, comma 3, del d. lgs. n. 546 del 1992, a tenore del quale, "se mancano l'elezione di domicilio o la dichiarazione della residenza o della sede nel territorio dello Stato o se per la loro assoluta incertezza la notificazione o la comunicazione degli atti non è possibile, questi sono comunicati o notificati presso la segreteria della commissione";
che all’udienza fissata, non essendo comparsa la parte ricorrente, il giudice aveva sollevato d’ufficio l’incidente di costituzionalità, osservando, quanto alla non manifesta infondatezza, che la norma, prevedendo che le comunicazioni e le notificazioni sono fatte presso la segreteria della Commissione tributaria in caso di irreperibilità della parte, è irragionevole, perché "smisuratamente punitiva in una serie di casi", fra i quali: a) quello dell’udienza fissata a distanza di molti anni dalla presentazione del ricorso (come nel caso di specie), quando il difensore domiciliatario potrebbe aver cessato l’attività professionale; b) quello del ricorrente deceduto; c) quello del ricorrente che, dopo molti anni, non ha più ricordo dei ricorsi presentati;
che, in tali ed altri consimili casi, si pretenderebbe dal ricorrente o dai suoi eredi una diligenza, "se non sovrumana, certamente fuori dal comune", a fronte dei notevoli ritardi della pubblica amministrazione, e che, conseguentemente in nome dell’interesse del processo a non subire ritardi si sacrifica l’interesse del ricorrente a non essere costretto ad una "sovrumana efficienza";
che, peraltro, osserva il rimettente, il legislatore, in tema di notificazioni degli avvisi di accertamento, degli avvisi di irrogazione delle sanzioni, nonché di inviti e richieste degli uffici, è venuto incontro al contribuente e ha previsto l’obbligo per il notificante di compiere ricerche anagrafiche, imponendo l’applicazione delle norme stabilite dal codice di procedura civile per le notificazioni (art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, recante "Disposizioni in materia di accertamento delle imposte sui redditi"), laddove la norma denunciata violerebbe sia l’art. 3 Cost. per la disparità di trattamento in confronto alle notificazioni degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente, sia l’art. 24 Cost., per la compromissione del diritto di difesa, sia, ancora, l’art. 53 Cost., per il maggior onere contributivo gravante su chi trova ingiustificati ostacoli nel difendersi;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale conclude per l’inammissibilità o, comunque, per la manifesta infondatezza della questione, deducendo, in primo luogo, il difetto di rilevanza, in quanto, essendo stato restituito il piego raccomandato senza alcuna indicazione delle ragioni della mancata consegna al destinatario, il giudice rimettente avrebbe dovuto disporre la rinnovazione della comunicazione dell’avviso dell’udienza di trattazione e, solo in caso di esito ancora una volta negativo, scrutinare l’applicabilità del comma 3 dell’art. 17 del d. lgs. n. 546 del 1992, che prevede la comunicazione presso la segreteria della Commissione tributaria;
che l’Avvocatura erariale, inoltre, deduce l’infondatezza della questione, giacché: a) il parametro dell’art. 53 Cost. non è pertinente; b) la violazione del principio di uguaglianza è insussistente, essendo le situazioni poste a raffronto del tutto diverse; c) la norma impugnata pone a carico del ricorrente un onere di diligenza, non certo eccezionale, che non è irrazionale, né ostacola l’esercizio della difesa in giudizio.
Considerato che il rimettente dubita della legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 3, del d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nella parte in cui non prevede che per le comunicazioni e notificazioni alle parti del processo tributario debbano compiersi, in caso di irreperibilità agli indirizzi conosciuti e comunque in caso di mancata notifica, ricerche anagrafiche e raccolta di notizie sulla reperibilità dei destinatari;
che la questione sollevata è del tutto priva di rilevanza, in quanto, poiché non risultava dal piego raccomandato restituito la ragione della mancata consegna al destinatario nel domicilio eletto, il giudice era tenuto a disporre che la comunicazione della fissazione dell’udienza fosse rinnovata secondo il principio emergente (artt. 161 e 291) dal codice di procedura civile (principio applicabile ex art. 1, comma 2, del d. lgs. n. 546 del 1992), prima di valutare se la fattispecie fosse disciplinata dall’art. 17, comma 3, del d. lgs. n. 546 del 1992;
che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 24 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria di primo grado di Cagliari con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 gennaio 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Romano VACCARELLA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 15 gennaio 2003.