SENTENZA N.523
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Cesare RUPERTO Presidente
- Riccardo CHIEPPA Giudice
- Gustavo ZAGREBELSKY "
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 2668 del codice civile, in relazione agli articoli 669-bis e seguenti e 700 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 9 marzo 2001 dal Giudice istruttore del Tribunale di Verona nel procedimento civile vertente tra Giancarlo Bianchi e la ICS s.r.l. ed altri, iscritta al n. 802 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 2001.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 25 settembre 2002 il Giudice relatore Franco Bile.
Ritenuto in fatto
Il Giudice istruttore del Tribunale di Verona, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, due distinte questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2668 del codice civile, nella parte in cui non consente che la cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale <<possa conseguire a specifico ricorso cautelare ex art. 700 cod. proc. civ. e all’applicazione della normativa sul procedimento cautelare uniforme in punto di conferma, revoca e modifica per tutto il corso del giudizio (e quindi anche in primo grado), pur quando appaia probabile l’infondatezza della domanda giudiziale trascritta>>.
L’ordinanza è stata resa nel corso di un giudizio civile promosso contro una società ed i suoi soci, per ottenere una sentenza che, ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., producesse gli effetti del contratto che i convenuti si erano obbligati a concludere, per trasferire all’attore un compendio immobiliare appartenente alla società.
Il Giudice rimettente riferisce che – essendo stata la domanda trascritta - la società convenuta, prima di costituirsi in giudizio, aveva chiesto ex art. 700 del codice di procedura civile, sul presupposto dell’infondatezza della domanda principale, un provvedimento di immediata cancellazione della trascrizione e subordinatamente un sequestro conservativo sui beni dell’attore, a garanzia del credito di risarcimento del danno, che intendeva far valere in via riconvenzionale nel giudizio di merito, ai sensi sia dell’art. 96 cod. proc. civ. che dell’art. 2043 cod. civ.; e che, convocate le parti, l’attore aveva eccepito l’irritualità della domanda cautelare, l’inammissibilità dell’ordine di cancellazione e l’insussistenza dei presupposti per la concessione del sequestro.
Il rimettente riferisce quindi le ragioni per le quali sussisterebbe il fumus boni iuris dell’istanza cautelare (apparendo probabile il rigetto delle domande di merito) ed anche il periculum in mora (in quanto la paralisi del bene per effetto della trascrizione della domanda giudiziale <<per un numero indefinito di anni, fino al passaggio in giudicato della sentenza>>, come previsto dalla norma impugnata, <<mina indiscutibilmente l’affidabilità della società, che ricorre al credito bancario per finanziare l’attività … esercitata>>, ed in quanto <<la società non versa … in condizioni floride, ditalchè la perdita della principale garanzia immobiliare ne comprime l’affidabilità per ampliamenti o rinnovi dei prestiti bancari, non essendo pareggiata dalla prospettiva, incerta nei tempi … di conseguire un congruo corrispettivo per l’alienazione>>).
Tuttavia, ad avviso del rimettente, l’accoglimento della domanda cautelare di cancellazione della trascrizione è impedito dall’art. 2668 cod. civ., secondo il quale la cancellazione della trascrizione delle domande giudiziali indicate negli artt. 2652 e 2653 cod. civ. è ordinata giudizialmente "con sentenza passata in giudicato".
Il Giudice rileva, quindi, l’infondatezza della tesi della società, secondo cui la trascrizione della domanda sarebbe avvenuta in ipotesi non riconducibile ai citati artt. 2652 e 2653 cod. civ., onde ricorrerebbero gli estremi per applicare il condivisibile orientamento giurisprudenziale che ammetterebbe in tal caso il provvedimento cautelare di cancellazione. E soggiunge poi le ragioni per le quali la domanda degli attori appare invece inaccoglibile nel merito.
Sulla base di tali argomenti, il rimettente ritiene rilevante la questione di legittimità costituzionale.
Quanto alla non manifesta infondatezza, egli osserva che - pur configurandosi la trascrizione della domanda giudiziale come cautela contro atti di disposizione giuridica dei beni immobili, onde essa ha funzione cautelare, conservativa e di salvaguardia contro il terzo avente causa dal convenuto che trascriva il suo titolo posteriormente - la disciplina dell’art. 2668 cod. civ. non risulta coordinata né con l’art. 669-novies cod. proc. civ. (che sancisce l’inefficacia del provvedimento cautelare per effetto della sentenza, anche non passata in giudicato, di rigetto della domanda), né con la restante normativa sul procedimento cautelare.
In particolare, la disciplina della trascrizione presenta, a suo avviso, una serie di incongruenze, in quanto essa – pur essendo una forma di autotutela cautelare - non è soggetta, anche a contraddittorio instaurato, ad alcun vaglio del giudice, <<il quale non deve e non può confermarla (art. 669/6 cod. proc. civ.), né revocarla o modificarla (artt. 669/9 e 669/10 cod. proc. civ.) (limitandola per esempio ad alcuni beni)>>; inoltre essa sfugge alla regola del contraddittorio e viola il principio della parità fra le parti, poiché, se la tutela cautelare mira ad evitare che la durata del processo vada a danno della parte che ha ragione, <<l’irremovibile trascrizione della domanda giudiziale altera l’equilibrio tra le posizioni, privilegiando la condizione dell’attore>>.
Pertanto la norma impugnata violerebbe: 1) l’art. 3 della Costituzione, per la diversità di disciplina <<in punto di stabilità>> fra gli ordinari provvedimenti cautelari e la trascrizione della domanda giudiziale, la quale, pur essendo atto avente natura cautelare risulta regolata in modo incompatibile con la disciplina del procedimento cautelare uniforme; 2) l’art. 24 della Costituzione, in quanto la parte che subisce la trascrizione, fino al passaggio in giudicato della sentenza che decide sulla domanda trascritta, è privata del diritto di difesa in giudizio, non potendo agire ai sensi dell’art. 700 cod. proc. civ. per ottenere la liberazione dalla trascrizione; 3) l’art. 111 della Costituzione, in quanto la norma denunciata, <<non consentendo in alcun modo, neanche mediante provvedimento d’urgenza, l’esame dell’istituto di natura cautelare della trascrizione della domanda giudiziale, attuato autonomamente dalla parte attrice, viola la condizione di parità delle parti e il principio del contraddittorio, che devono regolare ogni processo>>.
E’ intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, sostenendo genericamente l’inammissibilità e l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale.
Il Presidente del Consiglio dei ministri ha poi depositato una memoria illustrativa, nella quale ha specificato le ragioni poste a sostegno delle sue conclusioni.
Considerato in diritto
1. - Il Giudice istruttore del Tribunale di Verona propone, cumulativamente, due distinte questioni di legittimità costituzionale relative all’art. 2668 del codice civile, il quale dispone (fra l’altro) che la cancellazione della trascrizione delle domande giudiziali indicate negli artt. 2652 e 2653 cod. civ. – fra le quali rientra quella che ha introdotto il giudizio a quo - è ordinata giudizialmente con sentenza passata in giudicato.
2. - La prima questione concerne la mancata soggezione della trascrizione della domanda giudiziale – che pure, ad avviso del rimettente, sarebbe una misura cautelare - alla disciplina del procedimento cautelare uniforme di cui agli artt. 669-bis e seguenti del codice di procedura civile, anche quando, nel corso del processo, la domanda trascritta appaia infondata: ne deriverebbe lesione del principio di eguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione, sotto il profilo dell’irragionevole diversità di disciplina <<in punto di stabilità>> fra gli ordinari provvedimenti cautelari e la trascrizione della domanda giudiziale.
3. - La questione non è fondata.
La trascrizione della domanda giudiziale è (salvo il controllo formale del conservatore dei registri immobiliari) attuata direttamente dalla parte, senza la mediazione di un provvedimento delibativo del giudice. La disciplina del procedimento cautelare uniforme postula invece che la misura sia concessa dal giudice.
Orbene, l’art. 669-quaterdecies cod. proc. civ. ammette l’applicabilità di tale disciplina alle misure cautelari regolate dal codice civile (fra le quali rientrerebbe in ipotesi la trascrizione delle domande), ma esige all’uopo il requisito della compatibilità.
La rilevata diversità strutturale che la trascrizione della domanda giudiziale presenta rispetto alle misure cautelari considerate dalla disciplina del procedimento cautelare uniforme rende evidente come nella specie tale requisito manchi del tutto.
D’altra parte, il rimettente non considera che la trascrizione della domanda giudiziale tende anche - conformemente alla sua funzione tipica di pubblicità-notizia - a tutelare i terzi, per consentire loro di poter valutare la convenienza o meno del compimento di negozi giuridici con una delle parti litiganti. Ed infatti il codice civile prevede che, se la domanda è accolta, la trascrizione della sentenza prevale sulle trascrizioni eseguite contro il convenuto da terzi aventi causa da lui, che abbiano trascritto il loro atto di acquisto dopo la trascrizione della domanda (art. 2652).
Questa particolare funzione della trascrizione della domanda – che ha natura sostanziale e non mira a tutelare la parte di un giudizio di merito - non è riconducibile alla tutela cautelare di cui agli artt. 669-bis e seguenti del codice di procedura civile.
Il procedimento cautelare uniforme quindi, per come è strutturato, non si concilia con l’istituto della trascrizione delle domande giudiziali, onde una sua estensione ad esso, anche solo parziale – non essendo costituzionalmente necessaria - potrebbe avvenire unicamente mediante un intervento legislativo, opportunamente modulato in ragione delle specifiche funzioni cui la trascrizione assolve, non certo attraverso una pronuncia additiva di questa Corte.
In conclusione, la sottrazione della trascrizione delle domande giudiziali alla disciplina del procedimento cautelare uniforme non viola l’art. 3 della Costituzione.
4. – La seconda questione - proposta in via del tutto indipendente rispetto alla prima - riguarda la norma impugnata nella parte in cui, secondo il Giudice rimettente, non consente di ottenere in pendenza del giudizio di merito, ex art. 700 cod. proc. civ., un provvedimento urgente di cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale che appaia infondata: sarebbero così lesi il diritto di difesa in giudizio garantito dall’art. 24 della Costituzione (in quanto la parte che subisce la trascrizione resterebbe priva di rimedi contro di essa fino al passaggio in giudicato della sentenza sulla domanda trascritta) ed i principi della parità delle armi e del contraddittorio garantiti dall’art. 111 della Costituzione (in quanto al potere della parte attrice di procedere autonomamente alla trascrizione, senza nessun controllo giudiziale, non corrisponderebbe alcun potere della parte convenuta di valersi di un mezzo di immediata reazione).
5. – Proposta in questi termini, la questione è manifestamente inammissibile con riferimento ad entrambi i parametri invocati, giacché non è dalla norma impugnata che, sia pure ipoteticamente, può derivare la loro lesione.
La norma infatti è pienamente consequenziale alla scelta legislativa di fondo, per cui talune domande giudiziali devono essere trascritte ad iniziativa della parte attrice, senza alcuna delibazione, anche cautelare, circa la loro fondatezza: proprio perché imposta dalla legge, la trascrizione di tali domande non risente delle vicende del processo e viene meno solo quando l’infondatezza sia stata definitivamente sancita con sentenza passata in giudicato.
Ma questa scelta di fondo non è fatta dall’impugnato art. 2668 cod. civ. - che concerne solo le modalità della cancellazione della trascrizione - bensì dagli artt. 2652 e 2653 cod. civ., secondo i quali le domande ivi indicate <<si devono trascrivere>>.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2668 del codice civile, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Giudice istruttore del Tribunale di Verona, con l'ordinanza indicata in epigrafe;
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2668 del codice civile, sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 111 della Costituzione, dal Giudice istruttore del Tribunale di Verona, con la medesima ordinanza.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 novembre 2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Franco BILE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 6 dicembre 2002.