ORDINANZA N. 489
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Cesare RUPERTO Presidente
- Riccardo CHIEPPA Giudice
- Gustavo ZAGREBELSKY "
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 195, comma 4, del codice di procedura penale, promossi, nell'ambito di diversi procedimenti penali, dal Tribunale di Milano con ordinanza del 15 gennaio 2002, dalla Corte di assise di Perugia con ordinanza in data 8 novembre 2001 e dal Tribunale di Varese con ordinanza del 13 novembre 2001, rispettivamente iscritte al n. 140, al n. 145 e al n. 207 del registro ordinanze 2002 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14 e n. 19, prima serie speciale, dell'anno 2002.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 6 novembre 2002 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.
Ritenuto che con due ordinanze, rispettivamente in data 15 gennaio 2002 e 13 novembre 2001, il Tribunale di Milano e il Tribunale di Varese hanno sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 195, comma 4, del codice di procedura penale, nella parte in cui vieta agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria di deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite dai testimoni con le modalità di cui agli artt. 351 e 357, comma 2, lettere a) e b), dello stesso codice;
che con ordinanza in data 8 novembre 2001 la Corte di assise di Perugia ha sollevato analoga questione in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.;
che tutti i rimettenti premettono che nel corso dell’esame dibattimentale di alcuni ufficiali di polizia giudiziaria il pubblico ministero aveva rappresentato la necessità che i testi riferissero sul contenuto delle dichiarazioni assunte da persone informate sui fatti o dai denuncianti a norma degli artt. 351 e 357, comma 2, lettera b), cod. proc. pen. e che la difesa degli imputati si era opposta, invocando il divieto stabilito dal comma 4 dell’art. 195 cod. proc. pen., come modificato dall’art. 4 della legge 1° marzo 2001, n. 63;
che a parere dei rimettenti tale divieto costituirebbe una sostanziale riproduzione di quello previsto nell’originaria formulazione dell’art. 195, comma 4, dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 24 del 1992;
che la disposizione introdotta dalla legge n. 63 del 2001 sarebbe perciò affetta dai medesimi vizi ravvisati dalla Corte con la citata sentenza e, in particolare, si porrebbe in contrasto con l’art. 3 Cost., introducendo un’ingiustificata differenziazione tra la disciplina applicabile alla testimonianza indiretta resa da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria e quella prevista per la testimonianza indiretta dei testimoni "comuni";
che ad avviso della Corte di assise di Perugia la norma violerebbe inoltre l’art. 24 Cost. sotto il profilo della <<preclusione all’acquisizione di elementi utili anche alla difesa>>;
che, d'altra parte, la disciplina censurata non troverebbe alcuna giustificazione nei principi del giusto processo, enunciati dal nuovo art. 111 Cost., a cui la legge n. 63 del 2001 ha dato attuazione, dal momento che la deposizione del testimone ufficiale o agente di polizia giudiziaria non si sottrarrebbe al contraddittorio neppure ove dovesse vertere su circostanze riferite de relato, in quanto apprese nel corso di attività di indagine soggetta all’obbligo di verbalizzazione;
che è intervenuto nei giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto che le questioni vengano dichiarate infondate, riportandosi all’atto di intervento prodotto nel giudizio instaurato con ordinanza iscritta al n. 514 del registro ordinanze 2001 e deciso dalla Corte con la sentenza n. 32 del 2002.
Considerato che i rimettenti dubitano della legittimità costituzionale dell'art. 195, comma 4, del codice di procedura penale, nella parte in cui vieta agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria di rendere testimonianza sul contenuto delle dichiarazioni acquisite con le modalità di cui agli artt. 351 e 357, comma 2, lettere a) e b), dello stesso codice;
che la norma censurata violerebbe gli artt. 3 e 24 della Costituzione per le medesime ragioni poste a fondamento della sentenza n. 24 del 1992 e, in particolare, per l’irragionevole disparità di trattamento della testimonianza indiretta degli appartenenti alla polizia giudiziaria rispetto a quella dei testimoni "comuni", e perché potrebbe, in ipotesi, precludere l’acquisizione <<di elementi utili anche alla difesa>>;
che, investendo le questioni la medesima norma, va disposta la riunione dei relativi giudizi;
che successivamente alle ordinanze di rimessione questa Corte ha esaminato, anche in relazione ad altri parametri costituzionali, analoghe questioni, sollevate sulla base di argomentazioni che traevano anch'esse spunto dalla sentenza n. 24 del 1992, dichiarandole non fondate, in riferimento all'art. 3 Cost. con la sentenza n. 32 del 2002 e manifestamente infondate, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. con le ordinanze n. 292, n. 293 e n. 325 del 2002;
che, non risultando profili diversi o aspetti ulteriori rispetto a quelli già valutati con le richiamate pronunce, le questioni vanno dichiarate manifestamente infondate.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 195, comma 4, del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dai Tribunali di Milano e di Varese e dalla Corte di assise di Perugia, con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 novembre 2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Guido NEPPI MODONA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 26 novembre 2002.