ORDINANZA N.406
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
- Ugo DE SIERVO
- Romano VACCARELLA
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 34, commi 2-ter e 2-quater, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 3 ottobre 2001 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale militare di Verona nel procedimento penale a carico di S.C., iscritta al n. 968 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell’anno 2002.
Udito nella camera di consiglio del 3 luglio 2002 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.
Ritenuto che, con ordinanza del 3 ottobre 2001, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale militare di Verona ha sollevato, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, commi 2-ter e 2-quater, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevedono "la inapplicabilità della regola sulla incapacità a tenere l’udienza preliminare nel medesimo procedimento anche per il giudice che, durante le indagini, abbia adottato un provvedimento di carattere del tutto interlocutorio quale la fissazione dell’interrogatorio preventivo di cui all’art. 289, comma 2, cod. proc. pen., non seguita poi dall’assunzione in concreto dell’adempimento da parte dello stesso giudice-persona fisica";
che, a parere del giudice a quo – avendo il legislatore "abbandonato la regola della incompatibilità assoluta" a tenere l’udienza preliminare per il giudice che abbia esercitato funzioni di giudice per le indagini preliminari, in tutta una serie di ipotesi previste nelle norme impugnate, per le quali gli atti compiuti nel corso delle indagini sono reputati privi di "forza pregiudicante" in relazione alle decisioni da adottare nella udienza preliminare – sarebbe in contrasto con il principio di ragionevolezza il fatto che non sia stata ugualmente affermata la inapplicabilità di quella regola nell’ipotesi in cui il giudice adotti, nel corso del procedimento, un provvedimento di natura interlocutoria, come la mera fissazione dell’interrogatorio ex art. 289, comma 2, cod. proc. pen., non seguita dalla concreta assunzione dell’atto, posto che quel provvedimento risulterebbe mancante, al pari di quelli indicati nei commi 2-ter e 2-quater dell’art. 34 cod. proc. pen., "di qualsiasi "forza di prevenzione" in rapporto alla decisione da prendere in esito alla udienza preliminare".
Considerato che il giudice rimettente - dopo aver dato atto della regola generale della incompatibilità a tenere l’udienza preliminare da parte del giudice che abbia svolto nello stesso procedimento funzioni di giudice per le indagini preliminari, sancita dall’art. 34, comma 2-bis, del codice di procedura penale; e dopo aver sottolineato come a questo sistema sia stata cagionata una "crepa" a seguito dell’inserimento di alcune eccezionali ipotesi derogatorie, tassativamente enunciate nei commi 2-ter e 2-quater dello stesso art. 34 cod. proc. pen. - sollecita l’estensione di tale eccezionale previsione attraverso l’inserimento di un nuovo "caso", rappresentato dalla mera fissazione dell’interrogatorio di cui all’art. 289, comma 2, cod. proc. pen., non seguita dal suo espletamento da parte dello stesso giudice-persona fisica;
che la prospettata compromissione del principio di ragionevolezza risiederebbe, a parere del giudice a quo, nel fatto che un simile provvedimento, definito meramente "interlocutorio", sarebbe insuscettibile di generare un "pregiudizio" "in relazione al momento decisionale dell’udienza preliminare", al pari degli atti indicati nelle disposizioni impugnate;
che una simile tesi – anche a voler prescindere dalla premessa, non motivata, secondo cui la fissazione dell’interrogatorio di cui all’art. 289, comma 2, cod. proc. pen., integrerebbe un atto del tutto "neutro" agli effetti che qui rilevano – non può comunque essere condivisa, giacché, stante il carattere eccezionale degli atti indicati nei commi 2-ter e 2-quater dell’art. 34 cod. proc. pen., in tanto si potrebbe postulare un raffronto rispetto alla specifica ipotesi dedotta dal rimettente, in quanto fra le figure poste in comparazione fosse comunque rinvenibile una identità sostanziale: evenienza, questa, non solo da escludersi, ma neppure prospettata dal giudice a quo, il quale si limita a far leva su di un ipotetico carattere di maggiore o minore "forza pregiudicante" che gli atti in questione presenterebbero;
che la questione proposta deve pertanto essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, commi 2-ter e 2-quater, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale militare di Verona.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Giovanni Maria FLICK, Redattore
Depositata in Cancelleria il 25 luglio 2002.