ORDINANZA N.400
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Cesare RUPERTO Presidente
- Riccardo CHIEPPA Giudice
- Gustavo ZAGREBELSKY "
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 79, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), in relazione all'art. 30, comma 1, lettera u), della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per la revisione del contenzioso tributario), promosso con ordinanza emessa il 16 giugno 1997 dalla Commissione tributaria regionale di Venezia sul ricorso proposto dalla Direzione regionale delle entrate del Veneto - sezione di Treviso - contro Damian Lorenzo, iscritta al n. 688 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 2001.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 19 giugno 2002 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.
Ritenuto che nel corso di un giudizio di appello, con cui la Direzione regionale delle entrate del Veneto - sezione di Treviso - aveva impugnato la decisione di accoglimento della domanda di rimborso ILOR di un contribuente, eccependo l’intervenuto compimento del termine di decadenza di cui all’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), la Commissione tributaria regionale di Venezia, con ordinanza del 16 giugno 1997 (r.o. n. 688 del 2001) ha sollevato d’ufficio, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 79, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413);
che ad avviso del giudice a quo, la norma, nel dichiarare inapplicabile ai giudizi già pendenti in grado di appello davanti alla Commissione di secondo grado la disposizione contenuta nell’art. 57, comma 2, dello stesso decreto legislativo, che prevede il divieto di proporre nuove eccezioni non rilevabili d’ufficio, si porrebbe in contrasto con l’art. 76 della Costituzione, non trovando supporto nell’art. 30, comma 1, lettera u), della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per la revisione del contenzioso tributario);
che il giudice rimettente, sul presupposto che alla data dell’11 febbraio 1995 (data in cui è pervenuto alla Commissione tributaria di secondo grado l’atto di appello proposto dalla Direzione regionale delle entrate del Veneto) il giudizio fosse da considerarsi pendente, pone dubbi sulla possibilità per l’Ufficio appellante di proporre l’eccezione di decadenza del contribuente dal diritto al rimborso, non potendosi questa considerare una eccezione rilevabile d’ufficio, in quanto ritenuta dal giudice a quo rientrante nella disponibilità delle parti;
che, sempre secondo l’ordinanza della Commissione tributaria, l’eccezione proposta verrebbe consentita da una disposizione intervenuta successivamente (art. 79, comma 1, del decreto legislativo citato, che è norma transitoria), cioè in data 1° aprile 1996 (data di insediamento delle Commissioni provinciali e regionali, in virtù dell’art. 80, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992), mentre il comma 1 dell'art. 80 del medesimo decreto legislativo recita: "il presente decreto entra in vigore il 15 gennaio 1993"; con conseguente contraddittorietà della norma che pone tempi diversi tra la sua applicazione ed il momento dell’effetto;
che la norma denunciata avrebbe dovuto essere oggetto di previsione nella legge di delegazione, mentre, al riguardo, non vi sarebbe alcun principio o criterio direttivo nell’art. 30, comma 1, lettera u), della legge n. 413 del 1991;
che sul piano della rilevanza, il giudice a quo sottolinea che il processo non può essere definito senza che sia risolta la questione della ammissibilità o meno della eccezione sollevata dall’Ufficio appellante, tenendo, peraltro, conto che sia l’art. 79, comma 1, sia l’art. 57, comma 2, sono norme di natura processuale, per le quali, in virtù dell’art. 11 delle preleggi, è prevista la immediata applicazione nei giudizi in corso e che non appaiono possibili soluzioni alternative;
che nel giudizio innanzi alla Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la inammissibilità della questione, affermando che la stessa si basa sull’errata premessa della non rilevabilità d’ufficio dell’eccezione di decadenza sollevata dall’Amministrazione appellante, mentre, nella specie, tale eccezione sarebbe rilevabile d’ufficio;
che nel merito, l’Avvocatura ha concluso per la infondatezza della questione sollevata: proprio dalla norma di delega (art. 30, comma 1, lettera u), della legge n. 413 del 1991) si ricava - in via logica e sulla base di una interpretazione secondo i comuni canoni di ermeneutica - il criterio di assoggettabilità del processo (già giunto in fase di gravame) alle norme previgenti.
Considerato che esula da ogni problema di costituzionalità della norma denunciata il profilo della natura della eccezione concretamente proposta avanti alla Commissione tributaria regionale in sede di appello, cioè della intervenuta decadenza di cui all’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) per la domanda di rimborso dell’ILOR: costituisce, infatti, profilo interpretativo che il giudice a quo è tenuto a risolvere autonomamente, esulando dal contenuto e dai profili di costituzionalità della norma denunciata (art. 79, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, recante "Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413");
che la questione è priva di fondamento, in quanto qualsiasi disposizione limitativa di facoltà processuali relative alla fase di appello non può - senza incorrere in una palese irragionevolezza e violazione dei diritti di difesa - applicarsi quando la fase procedimentale di primo grado si sia conclusa sulla base di norme processuali che non contenevano la preclusione e, quindi senza che vi potesse essere un effetto impeditivo a proporre il profilo, sia come motivo di gravame sia come eccezione, per il semplice fatto di non essere stato sollevato in primo grado;
che nella specie considerata l’art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992 costituiva una innovazione preclusiva, per cui era doverosa, anche sul piano costituzionale, in sede di esercizio della delega, una norma transitoria che evitasse una preclusione per i giudizi esauriti in primo grado, con l’applicazione delle precedenti regole processuali;
che le norme che determinano l’oggetto, i principi e i criteri direttivi di delega legislativa devono essere interpretate conformemente a Costituzione, tenendo conto del complessivo contesto di norme in cui si collocano ed individuando le ragioni e le finalità poste a fondamento della legge di delegazione (v., da ultimo, sentenze n. 425 e n. 276 del 2000): nella specie, per la revisione della disciplina e della organizzazione dell’intero contenzioso tributario, con adeguamento alle norme del processo civile;
che il principio direttivo contenuto nell’art. 30, comma 1, lettera u), della legge di delega 30 dicembre 1991, n. 413, riguarda fattispecie del tutto differenti da quella considerata, riferendosi tassativamente ai processi pendenti avanti alle Corti d'appello ed alla Commissione centrale tributaria;
che, di conseguenza, deve essere dichiarata la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 79, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), in relazione all’art. 30, comma 1, lettera u), della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per la revisione del contenzioso tributario), sollevata, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, dalla Commissione tributaria regionale di Venezia con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Riccardo CHIEPPA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 25 luglio 2002.