Ordinanza n. 381/2002

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ORDINANZA N. 381

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Cesare                         RUPERTO                     Presidente

- Gustavo                      ZAGREBELSKY            Giudice

- Valerio                        ONIDA                                  "

- Carlo                           MEZZANOTTE                    "

- Fernanda                     CONTRI                                "

- Guido                          NEPPI MODONA                "

- Piero Alberto              CAPOTOSTI                         "

- Annibale                     MARINI                                "

- Franco                         BILE                                       "

- Giovanni Maria          FLICK                                    "

- Francesco                    AMIRANTE                          "

- Ugo                             DE SIERVO                          "

- Romano                      VACCARELLA                    "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 82, secondo e terzo comma, del codice di procedura civile, promosso con ordinanza del 18 luglio 2001 dal Tribunale di Parma nel procedimento civile vertente tra l’Ordine degli avvocati di Parma e la Giary group s.p.a. ed altro, iscritta al n. 884 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell’anno 2001.

Visti l’atto di costituzione dell’Ordine degli avvocati di Parma nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 5 giugno 2002 il Giudice relatore Francesco Amirante.

Ritenuto che nel corso di un giudizio civile promosso dal Consiglio dell’ordine degli avvocati di Parma nei confronti di una società ritenuta responsabile di aver gestito un servizio telefonico di consulenza legale senza averne i titoli, il Tribunale di Parma ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dell’art. 82, secondo e terzo comma, del codice di procedura civile;

che il giudizio in corso, conseguente alla concessione di un provvedimento di urgenza ai sensi dell’art. 700 cod. proc. civ., è stato promosso dal Consiglio dell’ordine degli avvocati di Parma allo scopo di impedire alla società convenuta di continuare a gestire, tramite quattro laureati in giurisprudenza (fra cui anche un avvocato), un servizio telefonico denominato "Avvocato in linea";

che, radicatosi il contraddittorio, uno dei quattro laureati ora menzionati non si costituiva col ministero di un difensore e veniva, pertanto, dichiarato contumace; nel contempo, però, il medesimo depositava una memoria eccependo l’illegittimità costituzionale dell’art. 82 cod. proc. civ. nella parte in cui tale norma non prevede l’esonero dall’obbligo di munirsi di un difensore abilitato in favore della parte che, in possesso di laurea in giurisprudenza, sia portatrice di un interesse oggettivamente in conflitto con quello del difensore che dovrebbe assisterla;

che, ad avviso del Tribunale di Parma, in situazioni simili la parte non ha alternativa tra rimanere contumace oppure farsi difendere da un legale della cui indipendenza è lecito dubitare;

che, in particolare, il laureato in giurisprudenza privo del titolo di avvocato si troverebbe "in una posizione di ingiustificata disparità di trattamento rispetto al laureato che è anche avvocato e che può difendere da solo i propri interessi";

che, dopo aver affermato che la questione di legittimità costituzionale è rilevante ai fini della decisione, il giudice a quo chiede che l’art. 82 cod. proc. civ. venga dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non consente alla parte laureata in giurisprudenza di difendersi personalmente in giudizio nei casi in cui il suo interesse sia confliggente con quello dell’intera categoria degli avvocati;

che si è costituito in giudizio il Consiglio dell’ordine degli avvocati di Parma, in persona del suo Presidente, eccependo in rito l’inammissibilità e sostenendo nel merito l’infondatezza della questione;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo analogamente che la questione venga dichiarata inammissibile o infondata.

Considerato che è priva di fondamento l’eccezione preliminare di inammissibilità sollevata dalla parte privata in ordine ad una presunta carenza di motivazione sulla rilevanza della questione, poiché dalla lettura globale del provvedimento di remissione si deducono con sufficiente chiarezza gli effetti di ordine processuale derivanti da un eventuale accoglimento della questione;

che analogamente è infondata l’eccezione di difetto di rilevanza conseguente all’intervenuta declaratoria di contumacia di una delle parti convenute – declaratoria dalla quale deriverebbe la consumazione del potere decisorio in ordine alla norma impugnata – poiché è possibile la revoca del provvedimento a suo tempo emesso (art. 177 cod. proc. civ.);

che la funzione e la natura della professione di avvocato, anche alla luce del vigente codice di deontologia forense, rendono del tutto ipotetica una situazione di conflitto tra l’interesse dell’avvocato e quello del cliente, poiché è pacifico che il primo dovere del difensore è quello di tutelare gli interessi dell’assistito, anche se ciò dovesse tradursi in un contrasto con quelli del proprio ordine di appartenenza;

che, comunque, qualora la parte che ha bisogno dell’assistenza tecnica di un difensore ritenga di non potersi affidare al patrocinio di un iscritto all’albo territoriale dove il giudizio è in corso, ha la facoltà di scegliere un difensore che proviene da un altro ordine professionale, con ciò eliminando ogni possibilità di conflitto di interessi e di sudditanza psicologica, non configurabile, quindi, rispetto all’intera categoria degli avvocati;

che non è pertanto ipotizzabile che la presenza di un difensore avente la qualifica professionale di avvocato si risolva in un danno per la parte assistita;

che l’invocato paragone, ipotizzato dal Tribunale di Parma in termini di violazione del principio di eguaglianza, tra il semplice laureato in giurisprudenza ed il laureato che è anche avvocato non è giuridicamente fondato, perché il conseguimento della laurea e l’abilitazione all’esercizio della professione forense sono situazioni profondamente diverse; e, d’altra parte, al legislatore è consentito subordinare l’esercizio di determinate professioni all’inserimento in un apposito albo, da compiersi dopo il superamento di un esame di abilitazione che costituisce garanzia del conseguimento di un’adeguata capacità tecnica;

che, pertanto, la proposta questione di legittimità costituzionale deve ritenersi manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 82, secondo e terzo comma, del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Parma con l’ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Francesco AMIRANTE, Redattore

Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2002.