ORDINANZA N. 380
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Cesare RUPERTO Presidente
- Riccardo CHIEPPA Giudice
- Gustavo ZAGREBELSKY "
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito della deliberazione della Giunta della Regione Trentino-Alto Adige n. 2327 del 27 ottobre 1994, recante "Recepimento normativa risultante dall’accordo sindacale di data 20 ottobre 1994 riguardante il personale non dirigente della Regione e delle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Trento e di Bolzano e contenente prime misure di omogeneizzazione interna al comparto in attuazione dell’articolo 6 dell’accordo sindacale 3 febbraio 1994 in attesa della futura contrattazione", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 28 gennaio 1995, depositato in cancelleria il 3 febbraio 1995 e iscritto al n. 3 del registro conflitti 1995.
Visto l’atto di costituzione della Regione Trentino-Alto Adige;
udito nell’udienza pubblica del 4 giugno 2002 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky;
uditi l’avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Giandomenico Falcon e Luigi Manzi per la Regione Trentino-Alto Adige.
Ritenuto che con ricorso notificato il 28 gennaio 1995 e depositato il successivo 3 febbraio, il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato conflitto di attribuzioni nei confronti della Regione Trentino-Alto Adige, in relazione alla deliberazione della Giunta regionale 27 ottobre 1994, n. 2327 (Recepimento normativa risultante dall’accordo sindacale di data 20 ottobre 1994 riguardante il personale non dirigente della Regione e delle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Trento e di Bolzano e contenente prime misure di omogeneizzazione interna al comparto in attuazione dell’articolo 6 dell’accordo sindacale 3 febbraio 1994 in attesa della futura contrattazione), assumendo il contrasto di detta delibera con gli artt. 15, 17, 18 e 19 del decreto legislativo 10 novembre 1993, n. 470 (Disposizioni correttive del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, recante razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego), e chiedendone, conseguentemente, l’annullamento;
che il Governo rileva che il provvedimento per il quale è insorto il conflitto è stato emanato sulla base di una legislazione della Regione Trentino-Alto Adige in materia di ordinamento e stato giuridico ed economico del personale regionale che non è stata adeguata, nei modi e nei termini prescritti dal decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), alla legislazione nazionale di principio, costituita (a) dalla legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), (b) dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego), nonché (c) dai decreti legislativi, correttivi del precedente, n. 470 del 1993 e 23 dicembre 1993, n. 546 (Ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, sul pubblico impiego);
che, in particolare, il ricorrente, richiamata la procedura prevista per la contrattazione collettiva nel pubblico impiego con l’intervento della Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 15 del decreto legislativo n. 470 del 1993 - che prevede che i contratti concernenti i "comparti" del personale regionale, provinciale e comunale devono essere preceduti da un contratto collettivo nazionale stipulato tra l’Agenzia e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, secondo uno schema il cui fine principale è quello del contenimento della spesa pubblica del personale regionale e degli enti locali, con la riserva allo Stato della competenza alla definizione del trattamento economico uniforme di detto personale su tutto il territorio nazionale - e rilevato che tra le parti è stato stipulato un protocollo d’intesa, approvato con d.P.C.m. 28 aprile 1994, osserva (a) che la delibera per cui è promosso il conflitto rende evidente che la contrattazione in essa considerata è disciplinata da atti amministrativi attuativi della legislazione regionale, la quale però non è stata adeguata ai principi della legislazione statale in materia, (b) che per questo mancato adeguamento è stato in precedenza promosso, dallo stesso Governo, separato ricorso (iscritto al reg. ricorsi n. 57 del 1994), a norma del citato art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992, (c) che l’"esito scontato" del giudizio per mancato adeguamento renderebbe "evidente" come la Regione Trentino-Alto Adige, con l’adozione del decreto impugnato, abbia travalicato i limiti della propria competenza, con il recepimento delle clausole di un accordo stipulato in sede locale al quale la Giunta regionale avrebbe piuttosto dovuto negare efficacia, (d) che, inoltre, l’atto per cui è insorto il conflitto viola l’art. 3 della Costituzione, introducendo un’ingiustificata disparità di trattamento tra i dipendenti pubblici, l’art. 2 della Costituzione, sottraendo una categoria di dipendenti al dovere di concorrere all’interesse generale, e l’art. 95 della Costituzione, interferendo gravemente con la direzione politica generale del Paese assegnata al Governo, (e) che per le suddette ragioni l’atto in questione deve essere annullato;
che nel giudizio così promosso si è costituita la Regione Trentino-Alto Adige, chiedendo il rigetto del ricorso, perché inammissibile e infondato, osservando, in una memoria successivamente depositata, che, secondo l’art. 2 della legge n. 421 del 1992, i principi e criteri direttivi posti al legislatore delegato costituiscono, per le Regioni e le Province autonome, "norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica", e che la medesima formulazione è ripetuta anche nell’art. 1, comma 3, del decreto legislativo n. 29 del 1993, con la conseguenza, secondo la resistente, che in nessun momento il legislatore statale ha pensato che si dovesse arrivare a una normativa uniforme dell’impiego statale e dell’impiego nelle regioni ad autonomia differenziata, dovendosi piuttosto ragionare in termini di discipline autonome, nei limiti dei principi di riforma contenuti nella legge di delega, e con l’ulteriore conseguenza che la costituzionalità del sistema di contrattazione collettiva istituito in Trentino-Alto Adige deve essere valutata con esclusivo riferimento a quanto stabilito nella legge n. 421 del 1992, restando estraneo - perché inoperante nei confronti della Regione resistente - il contenuto del decreto legislativo n. 29 del 1993 e relative integrazioni;
che, secondo le suddette argomentazioni, la Regione Trentino-Alto Adige non potrebbe dunque essere ricompresa nell’area di disciplina del sistema di contrattazione in tema di pubblico impiego delineato dalla legislazione statale, poiché le regioni a statuto speciale, sostiene la resistente, possono - non debbono - avvalersi, nella contrattazione, dell’attività dell’Agenzia;
che la difesa della Regione Trentino-Alto Adige conclude osservando che l’atto regionale nel suo complesso non potrebbe dirsi in contrasto con alcun principio di riforma desumibile dalle norme statali, avendo essa "semplicemente preferito, nell’ambito della propria autonomia costituzionale, una diversa via per dare disciplina provvisoria a taluni aspetti economici del rapporto con il personale, nell’attesa della disciplina definitiva";
che con successiva memoria, depositata il 15 maggio 2002, la Regione resistente ha rilevato che nel citato giudizio in via principale per "mancato adeguamento" di cui al ricorso n. 57 del 1994, obiettivamente connesso al conflitto in quanto avente a oggetto la legislazione regionale sulla base della quale è stata adottata la delibera della Giunta oggetto del conflitto medesimo, il ricorrente Presidente del Consiglio dei ministri ha formulato atto di rinuncia, con il che il giudizio di legittimità costituzionale per mancato adeguamento è comunque destinato a estinguersi, anche se – precisa la Regione – la materia del contendere dovrebbe dirsi già cessata a seguito della approvazione della legge regionale del Trentino-Alto Adige 21 luglio 2000, n. 3 (Norme urgenti in materia di personale), con la quale è stata dettata una normativa adeguata ai principi della legge statale n. 421 del 1992;
che con atto depositato il 20 maggio 2002, l’Avvocatura dello Stato, per il Presidente del Consiglio dei ministri, ha rilevato che la modifica del titolo V della parte seconda della Costituzione disposta dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), ha mutato il rapporto tra la potestà legislativa dello Stato e quella delle Regioni, in particolare nel senso che l’interesse nazionale non costituisce più un limite generale all’esercizio delle competenze legislative regionali, e che per questo il ricorso per conflitto di attribuzioni, in quanto "conseguenza immediata del ricorso per il mancato adeguamento della legislazione regionale a quella statale" fondato sul ricordato principio, "ha perso interesse";
che pertanto l’Avvocatura dello Stato ha dichiarato per il Presidente del Consiglio dei ministri, previa conforme delibera di quest’ultimo adottata in data 3 maggio 2002, di rinunciare al ricorso per conflitto di attribuzioni;
che in prossimità dell’udienza la difesa della Regione Trentino-Alto Adige ha a sua volta depositato, su conforme delibera della Giunta regionale del 17 aprile 2002, atto di accettazione della rinuncia.
Considerato che, a norma dell’art. 27, ultimo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, la rinuncia al ricorso, seguita dalla relativa accettazione della controparte, produce l’effetto di estinguere il processo.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara estinto il processo.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore
Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2002.