Ordinanza n. 319 del 2002

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N.319

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Cesare                         RUPERTO         Presidente

- Massimo                     VARI                   Giudice

- Riccardo                     CHIEPPA                  "

- Valerio                        ONIDA                      "

- Carlo                           MEZZANOTTE        "

- Fernanda                     CONTRI                    "

- Guido                          NEPPI MODONA    "

- Piero Alberto              CAPOTOSTI             "

- Annibale                     MARINI                    "

- Franco                         BILE                          "

- Giovanni Maria          FLICK                                   "

- Francesco                    AMIRANTE              "

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 126, comma 7, e 136, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come modificati dall’art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio ai sensi dell'art. 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205), promossi con ordinanze emesse l’8 gennaio 2001 dal Giudice di pace di Legnago, il 29 gennaio 2001 dal Giudice di pace di Bologna, il 24 gennaio 2001 dal Giudice di pace di Recco, il 15 marzo 2001 dal Giudice di pace di Caltanissetta, il 23 marzo 2001 dal Giudice di pace di Isola della Scala, il 6 marzo 2001 dal Giudice di pace di Rimini, il 5 maggio 2001 dal Giudice di pace di Cairo Montenotte e il 13 giugno 2001 dal Giudice di pace di Brescia, rispettivamente iscritte ai nn. 267, 275, 291, 375, 379, 613, 625, 738 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 16, 17, 21, 34, 35 e 39, prima serie speciale, dell’anno 2001.

  Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 30 gennaio 2002 il Giudice relatore Fernanda Contri.

Ritenuto che il Giudice di pace di Legnago ha sollevato, con riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 27, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 126, comma 7, e 136, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), così come modificati dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio ai sensi dell'art. 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205), nella parte in cui, per la guida di un veicolo con patente straniera scaduta di validità, non escludono l'applicazione della sanzione amministrativa accessoria del fermo del veicolo anche quando il proprietario dello stesso sia persona diversa dal trasgressore;

che, ad avviso del giudice a quo, le disposizioni impugnate prevedono la condotta di chi guida con patente, italiana o straniera, scaduta di validità, ma nulla dicono riguardo a chi affida loro il veicolo, con la conseguenza che il fermo amministrativo, quando viene applicato nei suoi confronti, punisce una condotta non prevista da alcuna norma;

che il rimettente, rilevato come la sanzione accessoria sia in concreto più grave di quella pecuniaria principale, osserva che chi guida con patente scaduta viene punito più severamente di chi conduce un veicolo dopo aver sostenuto con esito favorevole gli esami ma non è ancora munito di patente (art. 121 cod. strada) ed osserva ancora che, in caso di una nuova violazione commessa nei cinque anni dalla precedente, il proprietario resta soggetto alla confisca del mezzo;

che, sempre secondo il rimettente, un'ulteriore incongruenza sarebbe determinata dal fatto che, essendo il proprietario chiamato a rispondere in via solidale anche della pena pecuniaria principale, egli potrebbe essere l'unico soggetto cui si applicano entrambe le sanzioni, pur senza aver violato alcuna norma giuridica;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo alla Corte di dichiarare le questioni inammissibili o infondate;

che l’Avvocatura, premesso che nell'ordinanza non viene precisato quale delle due ipotesi previste dall'art. 136 cod. strada ricorre nella fattispecie concreta (guida con patente rilasciata da Stato estero scaduta di validità, da parte di chi abbia acquisito la residenza in Italia da non oltre un anno, ovvero guida con patente rilasciata da Stato estero in corso di validità, da parte di chi risiede in Italia da più di un anno), rileva che la questione appare simile a quelle esaminate dalla Corte con l'ordinanza n. 33 del 2001 e decise nel senso della manifesta infondatezza;

che anche il Giudice di pace di Bologna ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 126, comma 7, del cod. strada, nel testo modificato dall'art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 507 del 1999, per violazione degli artt. 25, secondo comma, e 27 della Cost.;

che il giudice a quo rileva che la sanzione pecuniaria principale è prevista per la violazione di una norma di condotta, mentre la sanzione accessoria risulta svincolata da una condotta che sia previamente definita illecita, dato che nessuna disposizione di legge definisce illecita la condotta di chi affida un veicolo ad una persona con patente scaduta di validità o prescrive l'obbligo di controllare se la patente sia valida;

che, sottolinea ancora il Giudice di pace di Bologna, la disposizione impugnata non consente di graduare la sanzione in relazione al tipo ed alla destinazione del veicolo sottoposto al fermo o alla circostanza che la patente sia scaduta per mera dimenticanza;

che è intervenuta per il Presidente del Consiglio dei ministri l’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo alla Corte di dichiarare inammissibili o infondate le questioni sollevate dal Giudice di pace di Bologna, richiamando nelle sue difese la motivazione dell'ordinanza di questa Corte n. 33 del 2001;

che il Giudice di pace di Recco ha sollevato questione di legittimità costituzionale della medesima disposizione del cod. strada, per violazione dell'art. 3 Cost. in relazione ai principi di ragionevolezza e proporzionalità delle sanzioni;

che il rimettente osserva che la sanzione accessoria, se confrontata con la sanzione pecuniaria principale, appare "veramente sproporzionata", specie quando il veicolo appartiene ad una società la cui attività economica viene pregiudicata dalla mancata disponibilità del mezzo;

che, ad avviso del giudice a quo, il proprietario del veicolo subirebbe una "grave e pesante restrizione della libertà e del diritto di svolgere l'attività della società" per un fatto a lui non imputabile, non prevedendo la legge alcuna sanzione per chi permette la guida a persona senza patente o con patente scaduta;

che, sempre secondo il giudice a quo, appare ingiustificata la disposizione di cui all'art. 23, comma 4, d. legs. n. 597 del 1999, che ha modificato l'art. 214 cod. strada, introducendo nello stesso il comma 1-bis - secondo il quale la restituzione del mezzo può essere effettuata dall'organo accertatore solo nel caso in cui risulti che lo stesso è stato utilizzato contro la volontà del proprietario;

che, rileva ancora il rimettente, la sanzione è "talmente rigida" da non consentire al giudice di graduarne la durata secondo la gravità del fatto in concreto;

che il Giudice di pace di Caltanissetta ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 126, comma 7, del cod. strada, nel testo modificato dall'art. 19, comma 3, del d. lgs. n. 507 del 1999, per violazione dell'art. 3 Cost.;

che il giudice a quo, investito dell'esame di un ricorso presentato dal proprietario di un veicolo alla cui guida lo stesso veniva colto con la patente scaduta, rileva che la sanzione amministrativa accessoria del fermo del veicolo continua a dispiegare i suoi effetti anche quando - come nel caso di specie - la sanzione principale si estingue per avvenuto pagamento e l'interessato provvede al rinnovo della patente;

che, secondo il rimettente, la disposizione avrebbe un contenuto sanzionatorio che, per intensità e rigore, eccede notevolmente quello della sanzione principale ed arreca un danno al trasgressore per i suoi impegni di lavoro e familiari;

che, osserva ancora il Giudice di pace di Caltanissetta, a carico del proprietario vi è l'ulteriore onere delle cospicue spese di ricovero del veicolo, anch'esse superiori all'importo della sanzione principale;

che il rimettente rileva ancora che la durata in misura fissa del fermo non consente alcun temperamento della sanzione e che, mentre in altre ipotesi di sanzione accessoria introdotte dal d.lgs. n. 507 del 1999 il fermo è stato previsto come un "controbilanciamento" all’intervenuta depenalizzazione dell'illecito, tale circostanza è estranea all'ipotesi di guida con patente scaduta;

che, rileva infine il giudice a quo, mentre chi dispone di altro veicolo può tornare a guidare dopo il rinnovo della patente, ciò è precluso a chi non ha tale possibilità e può fare affidamento solo sul mezzo sottoposto a fermo;

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo alla Corte di dichiarare manifestamente infondata la questione sollevata, richiamando in particolare la motivazione dell'ordinanza di questa Corte n. 33 del 2001;

che il Giudice di pace di Isola della Scala ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 126, comma 7, e 136, comma 7, d. lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) - nel testo modificato dall'art. 19, comma 3, del d. lgs. 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio ai sensi dell'art. 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205) - nella parte in cui, per la violazione del divieto di guida di un veicolo con patente straniera non convertita, non escludono l'applicazione della sanzione amministrativa accessoria del fermo del veicolo quando il proprietario è persona diversa dal trasgressore, per violazione degli artt. 25, secondo comma, e 27, primo comma, della Costituzione;

che l’ordinanza di rimessione, in parte motiva, è identica a quella sollevata dal Giudice di pace di Legnago sopra riportata;

che è intervenuto anche in questo giudizio di legittimità costituzionale il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto alla Corte di dichiarare la questione inammissibile o manifestamente infondata, richiamando le precedenti difese;

che il Giudice di pace di Rimini ha sollevato questione di legittimità costituzionale del citato art. 126, comma 7, cod. strada, "con riferimento alla fattispecie disciplinata dall'art. 116, comma 13, cod. strada ed in relazione all'art. 3 Cost., in quanto detta norma non tiene nel dovuto conto il principio di eguaglianza";

che il rimettente richiama espressamente "altro giudizio sulla medesima fattispecie promosso dal Giudice di pace di Caldaro con ordinanza del 1 agosto 2000", omettendo qualsiasi altra motivazione;

che è intervenuto anche in questo giudizio di legittimità costituzionale il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo alla Corte di dichiarare la questione inammissibile o manifestamente infondata, rilevando preliminarmente che l'ordinanza è inidonea ad introdurre una questione di legittimità costituzionale ed osservando, nel merito, che la questione sollevata dal Giudice di pace di Caldaro, citata dal rimettente, è stata dichiarata manifestamente infondata dalla Corte con l'ordinanza n. 278 del 2001;

che il Giudice di pace di Cairo Montenotte ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 126, comma 7, cod. strada, nella parte in cui prevede che la sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo si applica anche nel caso in cui il proprietario del mezzo è persona diversa dal conducente che guida con patente scaduta, per violazione degli artt. 25 e 27 Cost.;

che il rimettente rileva che la condotta del proprietario, dovuta ad omissione di diligenza, non è considerata illecita da alcuna disposizione di legge e che in tal caso il sanzionato è persona estranea al fatto che ha dato origine alla condotta sanzionata, venendo in tal modo stabilita una sanzione senza che sia previamente fissato il precetto, con conseguente violazione dell’art. 25 Cost.;

che, sempre secondo il giudice a quo, sarebbe violato anche l’art. 27, primo comma, Cost., poiché il proprietario viene chiamato a rispondere di un fatto integralmente ascrivibile ad un terzo;

che la norma impugnata sarebbe anche irragionevole, considerato che, per l’analoga condotta posta in essere da chi affida il veicolo a persona che non ha la patente (perché non l’ha conseguita ovvero perché non la porta con sé o gli è stata ritirata), l’art. 116, comma 12, dello stesso codice prevede solo una sanzione pecuniaria che, "per quanto pesante", non è afflittiva come il fermo del veicolo per due mesi;

che è intervenuta, per il Presidente del Consiglio dei ministri, l’Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto alla Corte di dichiarare la questione manifestamente infondata;

che l’Avvocatura, richiamati l’art. 6 della legge n. 689 del 1981 e gli artt. 196 e 214, comma 1-bis, cod. strada, rileva come la sanzione accessoria, nel caso in cui il proprietario del mezzo è persona diversa dal conducente, trova il suo presupposto nella violazione dell’obbligo di vigilanza che le norme citate pongono a carico di chi ha la disponibilità del veicolo, osservando che alle sanzioni amministrative non sono applicabili gli stessi parametri costituzionali relativi alle sanzioni penali, in particolare l’art. 27, primo comma, citato dal rimettente;

che, quanto alla dedotta irragionevolezza della norma, l’Avvocatura rileva che il rimettente ha trascurato che, anche nel caso in cui un veicolo venga affidato a persona priva di patente, è prevista la sanzione accessoria del fermo del veicolo per tre mesi;

che il Giudice di pace di Brescia ha sollevato un’ulteriore questione di legittimità costituzionale del più volte citato art. 126, comma 7, cod. strada, per violazione dell’art. 3, primo comma, Cost.;

che il giudice a quo è investito dell’esame di un ricorso presentato dal proprietario di un veicolo alla cui guida lo stesso era stato colto con patente di guida scaduta;

che, secondo il rimettente, il decreto legislativo n. 507 del 1999, avendo inasprito le sanzioni per la guida con patente scaduta di validità, ed avendo previsto il fermo amministrativo del veicolo per la durata fissa di due mesi, ha comminato una sanzione eccessiva rispetto ad altre ipotesi di illecito disciplinate dal medesimo codice, come per la guida senza patente;

che da ciò, secondo il Giudice di pace di Brescia, deriva una "manifesta ingiustizia", dal momento che non è prevista la riduzione della durata del fermo neppure quando il contravventore ha successivamente regolarizzato la propria posizione;

che, osserva ancora il giudice a quo, la sanzione sarebbe "abnorme" perché essa si applica indiscriminatamente e nella stessa misura sia quando il proprietario ha la disponibilità di altri veicoli, e può quindi continuare a circolare, sia quando egli è privo di risorse economiche e di altri mezzi, con un unico trattamento sanzionatorio per cittadini che si trovano in posizione diversa;

che è intervenuta, per il Presidente del Consiglio dei ministri, l’Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto alla Corte di dichiarare la questione manifestamente infondata, rilevando che, contrariamente a quanto opinato dal giudice a quo, per l’ipotesi di guida senza aver conseguito al patente è prevista (oltre ad una più pesante sanzione pecuniaria) la sanzione del fermo del veicolo per tre mesi e richiamando le precedenti ordinanze della Corte.

Considerato che tutti i giudici rimettenti sollevano, sotto profili in parte coincidenti e in alcuni casi del tutto identici, questione di legittimità costituzionale dell’art. 126, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nel testo modificato dall'art. 19, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio ai sensi dell'art. 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205) e di alcune altre disposizioni dello stesso decreto legislativo ad esso connesse, e che per tale motivo tutte le questioni possono essere riunite per essere decise con unico provvedimento;

che questa Corte ha già scrutinato diverse questioni di legittimità costituzionale dell’art. 126, comma 7, cod. strada, affermando (cfr., fra le ultime, le ordinanze n. 33 del 2001, n. 278 del 2001 e n. 282 del 2001) che l’art. 27 della Costituzione si riferisce alle "pene" e non alle sanzioni amministrative, con la conseguenza che sono manifestamente infondate le questioni sollevate dai Giudici di pace di Legnago, Bologna, Isola della Scala e Cairo Montenotte in relazione a detto parametro;

che, per ciò che concerne la violazione dell’art. 25 Cost. sotto il profilo del principio di legalità, invocata dagli stessi Giudici di pace sopra citati, questa Corte ha già stabilito che "la responsabilità del proprietario di un veicolo per le violazioni commesse da chi si trovi alla guida costituisce, nel sistema delle sanzioni amministrative previste per le violazioni delle norme relative alla circolazione stradale, un principio di ordine generale che, nel caso del fermo amministrativo, trova conferma nell'art. 214, comma 1-bis, cod. strada, secondo cui solo quando risulti evidente che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la volontà del proprietario il mezzo deve essere immediatamente a questi restituito" (ordinanza n. 33 del 2001);

che per gli stessi motivi sono manifestamente infondate le questioni sollevate dai Giudici di pace di Legnago ed Isola della Scala riguardanti l’art. 136, comma 7, del d. lgs. n. 285 del 1992 cit., in riferimento anche qui agli artt. 25, secondo comma, e 27 della Costituzione, per la guida di veicolo da parte di persona munita di patente straniera scaduta di validità;

che anche la questione sollevata dal Giudice di pace di Recco, in riferimento all'art. 3 Cost. in relazione ai principi di ragionevolezza e proporzionalità delle sanzioni, risulta essere manifestamente infondata;

che questa Corte ha infatti costantemente affermato che "la determinazione delle condotte punibili e delle relative sanzioni, siano esse penali o amministrative, rientra nella più ampia discrezionalità legislativa", non spettando alla Corte "rimodulare le scelte punitive del legislatore né stabilire la quantificazione delle sanzioni" (sentenze n. 217 del 1996 e n. 313 del 1995 e ordinanza n. 190 del 1997), stabilendo inoltre che "la sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo condotto da persona la cui patente di guida sia scaduta, anche nel caso in cui lo stesso appartenga a persona diversa dall'autore della violazione - esclusa l'ipotesi che la circolazione sia avvenuta contro la volontà del proprietario - non risulta essere né sproporzionata né irragionevole, essendo coerente con la finalità, perseguita in generale dal sistema sanzionatorio del codice della strada, di dare una risposta effettiva ed immediata alle condotte potenzialmente pericolose" (ordinanza n. 33 del 2001);

che per gli stessi motivi è infondata anche la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Giudice di pace di Caltanissetta per il caso in cui il fermo venga disposto per un veicolo alla cui guida venga colto il proprietario dello stesso con patente scaduta;

che la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Giudice di pace di Rimini è manifestamente inammissibile, avendo il rimettente omesso qualsiasi descrizione della fattispecie concreta sottoposta al suo esame ed essendosi limitato a richiamare "altro giudizio sulla medesima fattispecie promosso dal Giudice di pace di Caldaro", senza motivare né sulla rilevanza né sulla non manifesta infondatezza della questione;

che il Giudice di pace di Cairo Montenotte, pur non avendo indicato quale parametro di illegittimità costituzionale l’art. 3 Cost., nella motivazione dell’ordinanza si è riferito anche alla ritenuta irragionevolezza della sanzione ed alla violazione del principio di eguaglianza, indicando quale tertium comparationis le sanzioni previste per la guida senza patente dall’art. 116 cod. strada;

che tale questione è manifestamente infondata, avendo la Corte già affermato che "non sussiste la violazione del principio costituzionale di eguaglianza… essendo la sanzione pecuniaria prevista per la guida senza patente ben maggiore di quella stabilita per la guida con patente scaduta di validità ed essendo inoltre, anche per quella ipotesi, prevista la sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo, per la durata di mesi tre anziché due" (ordinanza n. 278 del 2001);

che per la medesima ragione è manifestamente infondata anche la questione di legittimità sollevata dal Giudice di pace di Brescia, sempre sull’art. 126, comma 7, cod. strada, per violazione dell’art. 3, primo comma, Cost.;

che le questioni sollevate dai giudici di pace rimettenti risultano perciò manifestamente infondate o manifestamente inammissibili sotto ogni profilo.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 126, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Giudice di pace di Rimini con l’ordinanza in epigrafe;

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 126, comma 7, e dell’art. 136, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevate, in riferimento agli artt. 25, primo comma, e 27, primo comma, Cost., dai Giudici di pace di Legnago e Isola della Scala con le ordinanze in epigrafe;

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 126, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevate, in riferimento agli artt. 25, primo comma, e 27, primo comma, Cost., dai Giudici di pace di Bologna e Cairo Montenotte con le ordinanze in epigrafe;

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 126, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevate, in riferimento all’art. 3 Cost., dai Giudici di pace di Recco, Caltanissetta, Cairo Montenotte e Brescia con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 1° luglio 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 5 luglio 2002.