ORDINANZA N.275
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 57 del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra), promosso con ordinanza emessa il 9 gennaio 2001 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale centrale, sull’appello proposto da Verrastro Giovanni contro il Ministero del tesoro, iscritta al n. 610 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell’anno 2001.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 10 aprile 2002 il Giudice relatore Fernanda Contri.
Ritenuto che la Corte dei conti, sezione giurisdizionale centrale, con ordinanza emessa in data 9 gennaio 2001, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 57 del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra), in quanto tale norma stabilisce un diverso trattamento giuridico nei confronti del padre e della madre del minore morto a causa di guerra, riconoscendo il diritto alla pensione al padre solo se questi abbia raggiunto l’età di 58 anni oppure sia inabile a qualsiasi proficuo lavoro, e alla madre vedova, indipendentemente dall’età e dall’idoneità al lavoro;
che il giudizio a quo, come riferisce la Corte rimettente, ha ad oggetto l’impugnazione della sentenza con la quale era stato respinto il ricorso avverso il decreto di diniego del trattamento pensionistico indiretto, per difetto dei requisiti del richiedente, il quale non aveva ancora compiuto il 58° anno di età nè era risultato inabile al lavoro;
che la Corte dei conti, dopo aver ricordato che la natura risarcitoria della pensione di guerra non esclude che il legislatore possa stabilire condizioni e limiti al conseguimento del beneficio, afferma che la differenza di trattamento giuridico dei genitori non risiede nella diversità di condizioni oggettive, bensì esclusivamente nella differenza di sesso, essendo riservato alla madre un trattamento giuridico più favorevole, con il riconoscimento della pensione indipendentemente dall’età e dall’idoneità al lavoro, rispetto a quello stabilito per il padre;
che tale diversità, priva di giustificazione, costituirebbe una violazione del principio di parità dell’uomo e della donna anche di fronte al diritto al lavoro;
che é intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, sostenendo la manifesta infondatezza della questione;
che, ad avviso della difesa erariale, la norma impugnata stabilisce un ordine di vocazione, in forza del quale il diritto alla pensione spetta alla madre solo a seguito della morte del marito, e quindi non sussisterebbe la lamentata disparità di trattamento in ragione del sesso.
Considerato che il sistema delle pensioni di guerra é caratterizzato dai criteri del tutto peculiari di consolidamento, devoluzione ed esclusione, nel quale caso il trattamento é attribuito in base ad un rigido e predeterminato ordine di precedenza;
che sono stabilite delle categorie di beneficiari, le quali non concorrono tutte contemporaneamente, poichè la presenza di soggetti della categoria precedente esclude la chiamata di quelli della categoria successiva;
che la pensione é liquidata una volta sola al soggetto il quale si trovi in posizione prioritaria, nel momento in cui si verifica l’evento che fa sorgere il diritto alla pensione indiretta;
che, fuori dei casi di operatività del principio di consolidamento (art. 60), alla morte del beneficiario del trattamento pensionistico il diritto si estingue e non si trasmette ai soggetti appartenenti alle categorie successive;
che la norma impugnata prevede che in mancanza del coniuge o di figli del militare morto per causa del servizio di guerra o del civile deceduto per fatti di guerra sia chiamato il padre a godere del trattamento, purchè in età pensionabile ovvero inidoneo a qualunque proficuo lavoro, mentre la madre, ad eccezione delle ipotesi di separazione, é chiamata solo se vedova;
che i genitori non sono quindi collocati nella stessa posizione e nello stesso ordine di chiamata, dal momento che, secondo una non irragionevole scelta del legislatore, il diritto della madre sussiste solo in quanto vedova;
che ciò é sufficiente ad escludere la lamentata disparità di trattamento, soprattutto perchè lo stato vedovile non può certo dirsi condizione più favorevole rispetto al compimento del 58° anno di età ovvero all’inabilità al lavoro;
che per le anzidette ragioni la questione risulta manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 57 del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale centrale, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 giugno 2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Fernanda CONTRI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 24 giugno 2002.