ORDINANZA N. 222
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Cesare
RUPERTO
Presidente
- Massimo
VARI
Giudice
- Riccardo
CHIEPPA
"
- Gustavo
ZAGREBELSKY
"
- Valerio
ONIDA
"
- Carlo
MEZZANOTTE
"
- Fernanda
- Guido
CONTRI
NEPPI MODONA
"
"
- Piero Alberto
CAPOTOSTI
"
- Annibale
- Franco
MARINI
BILE
"
"
- Giovanni Maria
FLICK
"
- Francesco
AMIRANTE
"
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4-ter, comma 1 e 2, del decreto legge 7 aprile 2000, n. 82, (Modificazioni alla disciplina dei termini di custodia cautelare nella fase del giudizio abbreviato), convertito in legge 5 giugno 2000, n. 144, promosso con ordinanza emessa il 26 gennaio 2001 dal Tribunale di Rossano nel procedimento penale a carico di Domenico Critelli ed altri, iscritta al n. 663 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell’anno 2001.
Udito nella camera di consiglio del 13 febbraio 2002 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.
Ritenuto che, con ordinanza emessa il 26 gennaio 2001, il Tribunale di Rossano ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 4-ter, commi 1 e 2, della legge 5 giugno 2000, n. 144 - recte: del decreto-legge 7 aprile 2000, n. 82, (Modificazioni alla disciplina dei termini di custodia cautelare nella fase del giudizio abbreviato) convertito, con modificazioni, nella legge 5 giugno 2000, n. 144 -, nella parte in cui "concede la facoltà di richiedere il giudizio abbreviato alla prima udienza utile successiva all’entrata in vigore della legge e prima della conclusione dell’istruttoria dibattimentale, limitatamente agli imputati in processi penali per reati puniti con la pena dell’ergastolo";
che il rimettente premette che, nel corso di un procedimento penale instaurato per i reati di tentato omicidio pluriaggravato e di violazione della normativa sulle armi, alcuni imputati avevano proposto, alla prima udienza successiva all’entrata in vigore della legge n. 144 del 2000, istanza di giudizio abbreviato, reiterando altra istanza già proposta in sede di udienza preliminare e rigettata per mancato consenso da parte del pubblico ministero;
che il rimettente rileva come, dalla evoluzione normativa della materia e dai lavori preparatori, emerga chiaramente che, con la disposizione del comma 2 dell’art. 4-ter del d.l. n. 82 del 2000, "si é inteso porre rimedio ad una lacuna determinata dal susseguirsi di differenti normative ed interventi della Corte costituzionale in materia di rito abbreviato nei reati puniti con la pena dell’ergastolo", consentendo, in via transitoria, agli imputati di tali reati di accedere al rito alternativo anche a dibattimento iniziato, pur con l’onere di formulazione della richiesta alla prima udienza utile;
che tuttavia, a parere del giudice a quo, da tale normativa transitoria deriverebbe un’oggettiva disparità di trattamento tra gli imputati di reati punibili con la pena dell’ergastolo e gli imputati di reati puniti con pena diversa (quali quelli per cui si procede nel giudizio a quo), dato che il comma 1 dello stesso art. 4-ter consente ai secondi di formulare la richiesta di rito alternativo solo se non sia già in corso l’istruttoria dibattimentale (come, invece, nel caso di specie);
che tale disparità di trattamento non sarebbe in alcun modo giustificata stante l’omogeneità delle situazioni, tenuto conto della radicale modifica della disciplina operata dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479, a fronte della quale viene riconosciuto "all’imputato un diritto incondizionato (simile al diritto potestativo in materia privatistica) alla scelta del rito e dei suoi benefici, diritto che il legislatore, contraddittoriamente, ha ritenuto di dover estendere solo ad alcuni procedimenti pendenti";
che tale disparità di trattamento determinerebbe una concorrente violazione anche dell’art. 24 Cost., tenuto conto del fatto che la facoltà di accedere al rito abbreviato rappresenta "una componente importante del diritto di agire e resistere in giudizio", nonchè degli effetti di natura sostanziale derivanti da tale rito alternativo;
Considerato che questa Corte, con ordinanza n. 99 del 2001, successiva alla pronuncia dell’ordinanza di rimessione, nel delibare identica questione, ha avuto modo di evidenziare come la disparità di trattamento – denunciata dall’odierno rimettente come costitutiva di un irragionevole privilegio a favore degli imputati di reati punibili con la pena dell’ergastolo - risulti in realtà giustificata dalla diversa incidenza delle modifiche apportate dalla legge n. 479 del 1999, rispetto al precedente regime di accesso al giudizio abbreviato;
che, infatti, prima dell’intervento della legge ora citata, mentre la fruibilità del rito alternativo risultava radicalmente preclusa agli imputati di reati punibili con pena detentiva perpetua, di esso potevano giovarsi gli imputati di reati puniti con pena diversa, pur se con condizioni e limiti poi (parzialmente) rimossi dalla citata novella;
che, pertanto, "la previsione di un regime transitorio differenziato per le due categorie di imputati non può ritenersi irragionevolmente discriminatoria, proprio perchè logicamente correlata alla disomogeneità delle situazioni "di partenza"": essendosi stabilita, in conseguenza, per gli imputati di reati punibili con l’ergastolo - i quali non avrebbero potuto comunque avanzare in precedenza la richiesta di giudizio abbreviato - una "rimessione in termini" particolarmente ampia; e nei confronti di tutti gli altri imputati - i quali avrebbero potuto formulare la richiesta di rito abbreviato anche in precedenza, pur se con un diverso regime normativo - una "semplice estensione dell’ordinario termine di proposizione, fino ad uno stadio compatibile con la funzione alternativa al dibattimento che il rito abbreviato é istituzionalmente chiamato a svolgere (donde il limite segnato dall’inizio dell’istruttoria dibattimentale)";
che l’odierna ordinanza di rimessione non prospetta profili nuovi, rispetto a quelli già esaminati da questa Corte con la decisione dianzi richiamata;
che non costituisce, in particolare, un aspetto di novità la dedotta, concorrente violazione dell’art. 24 Cost., trattandosi, secondo la stessa prospettazione del giudice a quo, di profilo derivato dalla ipotizzata compromissione del principio di eguaglianza;
che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 4-ter, commi 1 e 2, del decreto-legge 7 aprile 2000, n. 82 (Modificazioni alla disciplina dei termini di custodia cautelare nella fase del giudizio abbreviato), convertito, con modificazioni, nella legge 5 giugno 2000, n. 144, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Rossano con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 maggio 2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Giovanni Maria FLICK, Redattore
Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2002.