SENTENZA N. 196
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999 recante "Delimitazione del bacino idrografico del fiume Piave", promosso con ricorso della Provincia autonoma di Trento, notificato il 21 ottobre 2000, depositato in Cancelleria il 31 successivo ed iscritto al n. 51 del registro conflitti 2000.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, nonchè l’atto di intervento della Regione Veneto;
udito nell’udienza pubblica del 20 novembre 2001 il Giudice relatore Fernanda Contri;
uditi l’avvocato Sergio Panunzio per la Provincia autonoma di Trento, gli avvocati Andrea Pavanini e Federico Sorrentino per la Regione Veneto e l’avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Provincia autonoma di Trento ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, recante "Delimitazione del bacino idrografico del fiume Piave", lamentando la lesione delle proprie attribuzioni costituzionalmente garantite, come definite dagli artt. 131 e 132 della Costituzione; 8, nn. 6, 18, 20 e 24 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige; 9, nn. 9 e 11, nonchè 11, 14, 16, 68 e 107 dello stesso Statuto speciale; 8, comma 1, lettera e), del d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di trasferimento alle province autonome di Trento e Bolzano dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato e della Regione); 5, comma 1, del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di urbanistica ed opere pubbliche). La Provincia ricorrente lamenta altresì la violazione dell’art. 97 della Costituzione e del principio di leale cooperazione, e chiede a questa Corte di dichiarare che "non spetta allo Stato, e neppure alle Autorità di bacino del Piave e dell’Adige, in sede di delimitazione del bacino idrografico del fiume Piave, definire la linea del confine amministrativo fra la Regione Veneto (Comune di Rocca Pietore) e la Provincia Autonoma di Trento (Comune di Canazei), nè la linea di displuvio sul monte Marmolada in maniera difforme da quella già definitivamente accertata con il d.P.R. 29 maggio 1982 e con la successiva sentenza del Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 1361/81, del 23 ottobre 1998 (passata in giudicato)". La ricorrente chiede inoltre l’annullamento dell’atto ritenuto lesivo.
Al d.P.R. 21 dicembre 1999, all’origine del presente conflitto, é allegata una cartografia nella quale il confine amministrativo fra i comuni di Canazei e di Rocca Pietore, e quindi fra la Provincia di Trento e la Regione Veneto, viene rappresentato come una linea retta che taglia diagonalmente il ghiacciaio della Marmolada. La ricorrente rileva che tale tracciato cartografico riproduce la "vecchia linea già contenuta in passato nella cartografia dell’I.G.M., che dapprima il d.P.R. 29 maggio 1982 ed infine la ... richiamata decisione del Consiglio di Stato ... hanno accertato essere errata, riconoscendo che il confine corre invece lungo la linea delle cime (o di displuvio)".
L’impugnato decreto presidenziale e l’annessa cartografia, si legge nel ricorso, "prima ancora di definire il confine del bacino del Piave sulla Marmolada, definisce il confine amministrativo fra Provincia di Trento e Regione Veneto" in modo lesivo dell’integrità territoriale e, conseguentemente, delle attribuzioni costituzionalmente garantite della ricorrente, delle quali risulterebbe ridotto l’àmbito territoriale di esercizio. In particolare, "poichè la modificazione del confine amministrativo quale risultante dalla cartografia allegata al decreto presidenziale in questione determina il passaggio di una parte cospicua del ghiacciaio della Marmolada – che ai sensi dell’art. 8, comma 1, lettera e), del d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115 (come modificato dall’art. 1 del decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463) ... appartiene al demanio della Provincia di Trento – dal territorio della Provincia di Trento a quello della Regione Veneto, ne risultano ... lese le attribuzioni della Provincia ricorrente relative al proprio demanio, di cui all’art. 68, nonchè 9, n. 9, dello Statuto, ed alle relative norme di attuazione (art. 8 del d.P.R. n. 115 del 1973)".
Nel ricorso si osserva inoltre che, data l’identità, accertata con efficacia di giudicato, del confine amministrativo con la linea "di displuvio" (linea che congiunge le "cime" o le "creste" della Marmolada), modificare quest’ultima "non facendola più coincidere ... con la linea delle cime della catena principale della Marmolada significa al tempo stesso modificare (o pretendere di modificare) surrettiziamente il confine amministrativo fra i comuni di Rocca Pietore e di Canazei, e fra la Regione Veneto e la Provincia di Trento", in contrasto, tra l’altro, con l’art. 132, secondo comma, della Costituzione, oltre che in violazione del giudicato amministrativo.
La Provincia di Trento censura poi il d.P.R. 21 dicembre 1999, nella parte in cui prevede procedure per definire una cartografia più dettagliata: all’art. 2, é previsto che, "ai fini della soluzione di problemi specifici, che potrebbero manifestarsi in corrispondenza delle linee di confine, soprattutto nelle zone ove i limiti di bacino intersecano i limiti amministrativi dei territori comunali, le Autorità di bacino e le regioni interessate provvedono ad una intesa tra loro per produrre idonea cartografia"; ma, con particolare riferimento ai confini in contestazione nel presente conflitto, l’art. 4 stabilisce che "l’Autorità di bacino del Piave, d’intesa con l’Autorità di bacino dell’Adige, redige apposita cartografia di dettaglio per definire la linea di displuvio nei territori dei comuni di Rocca Pietore (Belluno) e Canazei (Trento)", omettendo la previsione dell’intesa tra la Provincia autonoma e la Regione interessate.
L’ulteriore definizione della linea di displuvio a norma dei citati artt. 2 e 4, "diretta a perfezionare e consolidare la falsa rappresentazione della linea di displuvio già contenuta nella cartografia allegata al decreto presidenziale", non può, lamenta la ricorrente, essere affidata alle Autorità di bacino. Lo Statuto speciale (artt. 9, n. 9, e 14) e le norme di attuazione in materia di acque pubbliche (art. 5 del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, come modificato dall’art. 2 del decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463) prevedono infatti che "nella Provincia di Trento i piani di bacino di rilievo nazionale sono sostituiti dal ‘Piano generale per l’utilizzazione delle acque pubbliche’ previsto dall’art. 14 dello Statuto speciale", stabilito "d’intesa tra i rappresentanti dello Stato e della Provincia in seno a un apposito comitato" (art. 14, terzo comma, dello Statuto).
Dallo Statuto e dalle norme di attuazione statutaria risulta pertanto che nella Provincia di Trento "la definizione dei confini dei bacini idrografici di rilievo nazionale non può spettare alle rispettive Autorità di bacino e neppure al solo Governo, ma deve essere effettuata ‘d’intesa’ fra lo Stato e la Provincia". D’altro canto, aggiunge la ricorrente, che invoca il principio di leale cooperazione e l’art. 97 della Costituzione, "anche a voler ammettere una competenza delle Autorità di bacino del Piave e dell’Adige a definire la linea di displuvio in questione, tale definizione non potrebbe comunque avvenire se non previa una ‘intesa’ con la Provincia Autonoma di Trento", come previsto del resto dallo stesso art. 2 del d.P.R. impugnato, disatteso "in modo palesemente contraddittorio" dal successivo art. 4.
2. - Nel giudizio davanti a questa Corte, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri per chiedere che il ricorso della Provincia autonoma di Trento sia dichiarato inammissibile o infondato.
La difesa erariale premette che l’art. 4, comma 1, lettera b) della legge 18 maggio 1989, n. 183 attribuisce allo Stato il potere di delimitare i bacini idrografici di rilievo nazionale, e sulla base di tale previsione é stato adottato l’atto all’origine del conflitto.
Nell’atto di costituzione, l’Avvocatura contesta anzitutto alla Provincia di aver inam-missibilmente promosso il conflitto sulla base di una "prospettazione artificiosa", lamentando una violazione del giudicato che avrebbe dovuto essere semmai sottoposta al giudice comune, ed esclude che l’impugnato decreto presidenziale possa surrettiziamente modificare i confini amministrativi della ricorrente: "come reso palese dal ‘considerato’ del preambolo e dall’art. 4, l’atto ‘sub judice’ ha fatto riserva di più esatta e dettagliata cartografia ‘per definire la linea di displuvio nei territori dei comuni di Rocca Pietore e Canazei; ed ai fini idrografici é precisa l’espressione ‘linea di displuvio’, e non l’espressione ‘linea delle cime’ (peraltro le due formule di fatto coincidono)".
Quanto all’affermazione del carattere lesivo dell’art. 4 del decreto presidenziale all’origine del conflitto, la difesa erariale rileva l’improprietà dell’invocazione, da parte della Provincia di Trento, del nuovo testo dell’art. 5 del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, come modificato dall’art. 2 del decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463 (impugnato in via principale davanti a questa Corte dalla Regione Veneto), giacchè tale disposizione, si legge nell’atto di costituzione, "concerne non già la delimitazione dei bacini idrografici bensì soltanto il piano per l’utilizzazione delle acque ed il piano di bacino".
La conclusione dell’Avvocatura é che non esisterebbe una disposizione di attuazione statutaria che prevede l’intesa tra lo Stato e la Provincia per la delimitazione dei bacini idrografici: "una intesa in argomento é prevista dall’art. 2 dell’atto amministrativo occasione del conflitto, atto che però palesemente non é un parametro costituzionale".
3. - La Regione Veneto ha depositato un atto di intervento, per chiedere che il ricorso della Provincia autonoma di Trento sia dichiarato inammissibile o comunque rigettato, rinviando ad una successiva memoria ulteriori, più argomentate, deduzioni.
4. - In prossimità dell’udienza la parte ricorrente ha presentato una memoria, ribadendo le ragioni già sottolineate in sede di ricorso.
In particolare, la difesa della Provincia autonoma di Trento sottolinea che il d.P.R. 21.12.1999 modifica surrettiziamente il tratto di confine controverso a favore della Regione Veneto, con conseguente lesione dell’integrità territoriale della Provincia di Trento, garantita dagli artt. 131 e 132 della Costituzione. La violazione dell’art. 132 della Costituzione risulterebbe ad avviso della ricorrente ancor più evidente in riferimento al nuovo tenore della disposizione costituzionale da ultimo invocata, in quanto la disciplina contenuta nell’art. 132 della Costituzione sulla procedura per le modificazioni delle circoscrizioni provinciali coinvolgenti più Regioni é stata resa ancor più complessa e rigorosa dalla modifica introdotta dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante "Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione". La suddetta lesione dell’integrità territoriale della Provincia di Trento si manifesterebbe, dunque, per effetto della difforme definizione della linea di displuvio rispetto a quella già accertata dal Consiglio di Stato e dell’erroneo tracciato del confine amministrativo tra i due enti territoriali, in quanto non coincidente con la linea di displuvio ma segnato in linea retta.
La lesione dell’integrità territoriale della Provincia di Trento, viene nuovamente dedotto nella memoria, si rifletterebbe poi negativamente sulle competenze legislative e amministrative da essa esercitate sul proprio territorio, per effetto della diminuzione territoriale determinata dall’atto.
La ricorrente ribadisce infine che la previsione dell’art. 4 del d.P.R. in esame, attribuendo alla "intesa" fra le Autorità di bacino del Piave e dell’Adige la definizione "più dettagliata" della linea di displuvio, sarebbe in contrasto con le norme statutarie che richiedono che il piano generale per l’utilizzazione delle acque pubbliche sia stabilito d’intesa tra lo Stato e la Provincia (artt. 9, n. 9, e 14 dello Statuto del Trentino Alto Adige e relative norme di attuazione). L’argomentazione dell’Avvocatura secondo la quale le norme citate non sarebbero rilevanti in quanto concernenti l’utilizzazione delle acque e il piano di bacino e non invece la delimitazione del bacino idrografico, non considererebbe ad avviso della Provincia "la strettissima correlazione dei due aspetti, e cioé, la circostanza che la delimitazione del bacino é un’operazione preliminare e strettamente funzionale rispetto alla redazione dello stesso piano di bacino e, nella Provincia di Trento, del piano generale di utilizzazione delle acque pubbliche".
5.- Nella memoria presentata dal Presidente del Consiglio dei Ministri, si ribadiscono le ragioni della inammissibilità e dell’infondatezza del ricorso. In particolare, la difesa erariale rileva che la perimetrazione del bacino idrografico del Piave indicata nella cartografia non é contestata di per sè, ma in riferimento ad un segno "a segmenti continui", relativo ai confini tra i comuni di Canazei e di Rocca Pietore, da ritenersi estraneo all’oggetto del d.P.R. riguardante la delimitazione del bacino anzidetto e non la delimitazione dei territori comunali e perciò rispetto ad essa privo di qualsivoglia efficacia e rilevanza. D’altra parte, l’art. 2 del d.P.R. in esame tiene distinti "limiti di bacino" e "limiti amministrativi dei territori comunali" ed é preordinato soltanto alla delineazione dei limiti di bacino, così come l’art. 4 concerne soltanto la perimetrazione del bacino secondo la "linea di displuvio". La difesa erariale conclude quindi per la inammissibilità del primo motivo del ricorso, per carenza di interesse a ricorrere e per non pertinenza della doglianza rispetto all’oggetto ed al contenuto del d.P.R. occasione del conflitto.
Quanto al secondo motivo di ricorso, la difesa erariale rinvia all’atto di costituzione, specificando che "la intesa tecnico-geografica prevista dal menzionato art. 4 é solo una modalità di concorde accertamento di fatti (fluire delle acque meteoriche) e certamente non può essere trasfigurata in momento di coordinamento, attraverso il consenso, di differenziati interessi politico-amministrativi".
6. - La Regione Veneto, che aveva depositato un atto d’intervento, in prossimità dell’udienza presenta una memoria nella quale, tra l’altro, specifica che il conflitto in oggetto, pur avendo la configurazione di conflitto di attribuzione con lo Stato, coinvolge anche le attribuzioni dell’interveniente, riguardando "pretese" territoriali che interessano il confine con il Veneto. L’accoglimento di siffatte "pretese" presupporrebbe non solo l’instaurazione del contraddittorio con detta Regione, ma finirebbe per incidere sulle corrispondenti attribuzioni costituzionali di questa. Di qui la dedotta ammissibilità del suo intervento e, quanto alla tempestività dello stesso, la Regione deduce l’impossibilità di far decorrere il termine per l’intervento da una notifica non avvenuta.
Nel merito, la Regione Veneto rileva la non incidenza dell’atto in esame sul territorio provinciale e sulle attribuzioni della ricorrente, altro essendo il confine amministrativo degli enti territoriali, altra la delimitazione dei bacini idrografici. La possibile coincidenza tra essi non esclude che le due "confinazioni" siano tra loro perfettamente autonome e produttive di conseguenze giuridiche del tutto diverse.
La Regione Venetoconclude quindi per la carenza dell’oggetto del ricorso, dal momento che il potere esercitato non riguarda affatto i confini amministrativi delle Regioni.
Considerato in diritto
1. - La Provincia autonoma di Trento ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, recante "Delimitazione del bacino idrografico del fiume Piave", chiedendo a questa Corte di dichiarare che "non spetta allo Stato, e neppure alle Autorità di bacino del Piave e dell’Adige, in sede di delimitazione del bacino idrografico del fiume Piave, definire la linea del confine amministrativo fra la Regione Veneto (Comune di Rocca Pietore) e la Provincia autonoma di Trento (Comune di Canazei), nè la linea di displuvio sul monte Marmolada in maniera difforme da quella già definitivamente accertata con il d.P.R. 29 maggio 1982 e con la successiva sentenza del Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 1361/81, del 23 ottobre 1998 (passata in giudicato)" e di pronunciare l’annullamento di tale decreto, nella parte in cui si riferisce alla ricorrente, in quanto lesivo della propria sfera di attribuzioni costituzionalmente garantite.
La Provincia ricorrente lamenta in particolare la lesione delle attribuzioni definite, per un verso, dagli artt. 131 e 132 della Costituzione, giacchè l’atto statale censurato produrrebbe una surrettizia modifica dei confini amministrativi della Provincia autonoma di Trento; per un altro verso, dagli artt. 8, nn. 6, 18, 20 e 24 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, nonchè dall’art. 9, nn. 9 e 11, e dagli artt.11, 14, 16, 68 e 107 dello stesso Statuto speciale di autonomia, giacchè l’impugnato decreto presidenziale con l’annessa cartografia, definendo "il confine amministrativo fra Provincia di Trento e Regione Veneto" in modo lesivo dell’integrità territoriale della ricorrente, risulterebbe altresì e conseguentemente lesivo delle sue attribuzioni costituzionalmente garantite, delle quali risulterebbe ridotto l’àmbito territoriale di esercizio.
Con particolare riferimento al demanio provinciale ed alle funzioni relative, la Provincia lamenta poi la violazione degli artt. 68 e 9, n. 9, dello Statuto, nonchè dall’art. 8, comma 1, lettera e), del d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115, giacchè la modificazione del confine amministrativo quale risultante dalla cartografia allegata al decreto presidenziale in questione determinerebbe il passaggio di una parte cospicua del ghiacciaio della Marmolada, "che ai sensi dell’art. 8, comma 1, lettera e), del d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 115 (come modificato dall’art. 1 del decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463) ... appartiene al demanio della Provincia di Trento", dal territorio della Provincia di Trento a quello della Regione Veneto, con conseguente menomazione delle attribuzioni della Provincia ricorrente relative al proprio demanio, di cui agli artt. 68 e 9, n. 9, dello Statuto, ed alle relative norme di attuazione (art. 8 del d.P.R. n. 115 del 1973).
La ricorrente si duole infine della violazione dell’art. 97 della Costituzione, del principio di leale collaborazione, degli artt. 9, n. 9, e 14 dello Statuto speciale, nonchè dell’art. 5, comma 1, del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, come modificato dall’art. 2 del decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463, il quale prevede che "nella Provincia di Trento i piani di bacino di rilievo nazionale sono sostituiti dal ‘Piano generale per l’utilizzazione delle acque pubbliche’ previsto dall’art. 14 dello Statuto speciale", stabilito "d’intesa tra i rappresentanti dello Stato e della Provincia in seno a un apposito comitato" (art. 14, terzo comma, dello Statuto), e non d’intesa tra le competenti Autorità di bacino, come previsto invece – ad avviso della Provincia, illegittimamente - dall’art. 4 del decreto impugnato.
2. - In via preliminare deve essere esaminata l’eccezione d’inammissibilità sollevata dalla difesa erariale, la quale osserva come la perimetrazione del bacino idrografico del Piave indicata nella cartografia allegata al decreto presidenziale impugnato non sia contestata di per sè, ma in riferimento ad un segno "a segmenti continui", cioé la linea retta relativa ai confini tra i comuni di Rocca Pietore e Canazei, da ritenersi estraneo all’oggetto del d.P.R. 21 dicembre 1999, esclusivamente destinato alla delimitazione del bacino idrografico anzidetto e non già alla delimitazione dei territori comunali. La censura avanzata dalla ricorrente avrebbe così ad oggetto un provvedimento del tutto privo di effetti e di rilevanza giuridica ai fini della delimitazione del confine amministrativo tra i due Comuni, inidoneo, pertanto, a produrre una menomazione delle attribuzioni della ricorrente ed impugnato in carenza di interesse a ricorrere.
3. - L’eccezione di inammissibilità sollevata dall’Avvocatura generale dello Stato deve essere accolta.
Per quanto concerne la lamentata lesione dell’integrità territoriale della ricorrente e la doglianza relativa alla conseguente menomazione delle competenze ad essa garantite dallo Statuto e dalle norme di attuazione, destinate ad essere esercitate in tale ambito territoriale, il provvedimento impugnato, nella parte in cui rinvia alla cartografia allegata, non é infatti idoneo a ledere le attribuzioni della ricorrente in riferimento agli invocati parametri.
Tale provvedimento non é destinato a norma delle disposizioni legislative e sublegislative che lo disciplinano (art. 4, comma 1, lettera b) della legge n. 183 del 1989, come modificato ai sensi dell’art. 1, comma 1, lettera ii) della legge n. 13 del 1991; artt. 1 e 3 del d.P.R. 14 aprile 1994) ad incidere, neppure indirettamente, sulla delimitazione dei confini amministrativi tra gli enti territoriali interessati, che nella cartografia – sotto questo profilo, priva di rilevanza giuridica – allegata ai provvedimenti presidenziali di delimitazione dei bacini idrografici assumono un valore meramente indicativo. Ai fini della delimitazione dei confini amministrativi, é, in altri termini, irrilevante la rappresentazione che di questi ultimi compare nella cartografia contestata (una linea retta continua che taglia diagonalmente il ghiacciaio della Marmolada anzichè congiungere le creste o le cime più alte), elaborata al solo fine di delimitare il bacino idrografico.
4. - Parimenti inammissibile deve essere dichiarato il ricorso, quanto alla lamentata violazione, ad opera dell’art. 4 dell’impugnato decreto presidenziale, dell’art. 97 della Costituzione, del principio di leale cooperazione, degli artt. 9, n. 9, e 14 dello Statuto speciale, nonchè dall’art. 5, comma 1, del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, come modificato dall’art. 2 del decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463.
Il d.P.R. n. 381 del 1974, come modificato dall’art. 2 del decreto legislativo n. 463 del 1999, prevede che "nella Provincia di Trento i piani di bacino di rilievo nazionale sono sostituiti dal ‘Piano generale per l’utilizzazione delle acque pubbliche’ previsto dall’art. 14 dello Statuto speciale", stabilito "d’intesa tra i rappresentanti dello Stato e della Provincia in seno a un apposito comitato", e non d’intesa tra le competenti Autorità di bacino, come previsto dall’art. 4 del d.P.R. 21 dicembre 1999, che prevede, ai fini della predisposizione di "apposita cartografia di dettaglio per definire la linea di displuvio nei territori dei comuni di Rocca Pietore (Belluno) e Canazei (Trento)", la sola intesa tra le Autorità di bacino del Piave e dell’Adige.
Il censurato art. 4, che, senza prevedere una partecipazione della Provincia ricorrente, rimette all’intesa tra le autorità di bacino del Piave e dell’Adige la definizione più dettagliata della linea di displuvio – la quale non riguarda, va ribadito, la materia della delimitazione dei confini amministrativi - si limita a disciplinare il procedimento da seguire per la redazione di "apposita cartografia di dettaglio per definire la linea di displuvio nei territori dei comuni di Rocca Pietore (Belluno) e Canazei (Trento)".
Anche a questo riguardo, deve essere condivisa la deduzione della difesa erariale, che ravvisa nell’intesa tecnico-geografica prevista dal menzionato art. 4 "solo una modalità di concorde accertamento di fatti (fluire delle acque meteoriche)" e non già "un momento di coordinamento, attraverso il consenso, di differenziati interessi politico-amministrativi".
Si tratta di un adempimento tecnico di specificazione dell’impugnato provvedimento di delimitazione del bacino idrografico del fiume Piave, che non interferisce nelle attribuzioni previste dall’art. 14 dello Statuto speciale, a norma del quale "l’utilizzazione delle acque pubbliche da parte dello Stato e della provincia, nell’ambito della rispettiva competenza, ha luogo in base a un piano generale stabilito d’intesa tra i rappresentanti dello Stato e della provincia in seno a un apposito comitato". Nè l’impugnato decreto, nella parte in cui disciplina la predisposizione di apposita cartografia di dettaglio per definire con maggiore precisione la linea di displuvio, può risultare lesivo delle attribuzioni provinciali come definite dalle richiamate norme di attuazione statutaria, in base alle quali il piano generale per l’utilizzazione delle acque pubbliche previsto dal citato art. 14 dello Statuto, "vale anche, per il rispettivo territorio, quale piano di bacino di rilievo nazionale".
Che alla delimitazione del bacino idrografico in base alla legge n. 183 del 1989 siano estranee le procedure di intesa di cui al d. P.R. n. 381 del 1974, come modificato dal decreto legislativo n. 463 del 1999, risulta del resto dal tenore del quarto comma dello stesso art. 5 del d.P.R. n. 381 del 1974, che prevede apposite intese, ulteriori rispetto a quella per l’adozione del piano generale per l’utilizzazione delle acque, tra l’autorità ministeriale e la Provincia autonoma interessata, solo per il "coordinamento e l’integrazione delle attività di pianificazione nell’ambito delle attribuzioni loro conferite dal presente decreto e dalla legge 18 maggio 1989, n. 183".
Nel fare riferimento alle attività di pianificazione e nel richiamare la legge n. 183 del 1989, che all’art. 4 prevede appunto il potere statale di delimitazione dei bacini idrografici di rilievo nazionale, la citata disposizione non può essere interpretata - impregiudicata restando la questione del riparto delle competenze tra Stato, regioni e province autonome nella materia della delimitazione dei bacini idrografici, alla luce del nuovo quadro costituzionale, questione estranea al presente giudizio - come diretta ad imporre la procedura di intesa con la Provincia autonoma interessata anche per le operazioni tecniche di delimitazione dei bacini idrografici.
Anche per la parte in cui lamenta la violazione dell’art. 97 della Costituzione, del principio di leale cooperazione, degli artt. 9, n. 9, e 14 dello Statuto speciale, nonchè dell’art. 5, comma 1, del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381, come modificato dall’art. 2 del decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463, il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile per inidoneità dell’atto a produrre la lamentata menomazione delle invocate attribuzioni provinciali.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione sollevato dalla Provincia autonoma di Trento in relazione al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, recante "Delimitazione del bacino idrografico del fiume Piave", con il ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 maggio 2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Fernanda CONTRI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 16 maggio 2002.