ORDINANZA N. 183
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Massimo VARI, Presidente
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 45, comma 17, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’art. 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), promosso con ordinanza emessa il 26 febbraio 2001 dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia – sezione staccata di Catania, iscritta al n. 452 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell’anno 2001.
Visti l’atto di costituzione della parte convenuta del giudizio principale, nonchè l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 12 marzo 2002 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte;
uditi l’avvocato Umberto Di Giovanni per la parte convenuta del giudizio principale e l’avvocato dello Stato Ignazio F. Caramazza per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che, nel corso di un giudizio avente ad oggetto l’accertamento del diritto del ricorrente al rimborso delle spese legali da parte del Comune di Palagonia, in relazione a procedimenti penali conclusisi con la sua assoluzione e, ove neces-sario, la richiesta di annullamento di qualsiasi atto amministrativo denegatorio del diritto del ricorrente medesimo, il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia – sezione staccata di Catania, con ordinanza del 26 febbraio 2001, ha sollevato, in rife-rimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 45, comma 17, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove dispo-sizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministra-tiva, emanate in attuazione dell’art. 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59);
che la disposizione censurata stabilisce che "sono attribuite al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie di cui all’articolo 68 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come modificato dal presente decreto, relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998. Le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e debbono essere proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000";
che, ad avviso del remittente, la questione sarebbe senz’altro rilevante, in quanto il ricorso, notificato il 13 settembre 2000, ma depositato il 5 ottobre 2000, é stato indubbiamente proposto oltre il termine stabilito dalla disposizione censurata, dovendosi avere riguardo nel processo amministrativo, ai fini del perfezionamento della fattispecie della proposizione del ricorso, alla data del deposito dello stesso, successivamente alla notificazione;
che la questione sarebbe altresì non manifestamente infondata, dal momento che la disposizione censurata comporterebbe sia una irragionevole (perchè dovuta soltanto alla mera casualità dell’essersi il credito maturato ad una certa data) riduzione degli ordinari termini prescrizionali, in conseguenza dello sbarramento fissato al 15 settembre 2000, sia una violazione del diritto di agire in giudizio, in quanto in simili ipotesi il dipendente non potrebbe agire nè davanti al giudice ordinario, privo di giurisdizione per le fattispecie formatesi in data anteriore al 30 giugno 1998, nè davanti al giudice amministrativo, che ha perduto la giurisdizione transitoriamente attribuitagli fino allo scadere del termine decadenziale stabilito dalla medesima disposizione;
che si é costituito nel presente giudizio il Comune di Palagonia, eccependo in primo luogo la irrilevanza della questione, sulla base del rilievo che non esisterebbe una norma che attribuisca al dipendente comunale il diritto al rimborso delle spese legali eventualmente sostenute per la difesa nei procedimenti penali cui sia stato sottoposto, ancorchè per fatti connessi all’espletamento del servizio, e concludendo, nel merito, per la manifesta infondatezza della questione stessa, in quanto la disposizione censurata non inciderebbe sui diritti del pubblico dipendente, ma solo sui termini di proposizione dell’azione, regolati in modo omogeneo, mentre la dedotta violazione dell’art. 24 Cost. sarebbe frutto di un equivoco del remittente, essendo del tutto evidente che la fissazione di un termine di decadenza non preclude affatto la tutela delle situazioni di diritto o di interesse, ma solo ne disciplina le modalità di esercizio in relazione alle finalità di certezza della individuazione del giudice in un momento di passaggio dall’una all’altra giurisdizione;
che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata: la disposizione censurata, abrogata dall’art. 72, comma 1, lettera bb), del d.lgs. 31 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), ma riprodotta dall’art. 69, comma 7, del medesimo d.lgs., si limiterebbe infatti ad operare una mera ripartizione di giurisdizione tra giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro e giudice amministrativo, utilizzando lo strumento della decadenza legato a un determinato limite temporale, pienamente compatibile con i principî costituzionali.
Considerato che, successivamente alla pronuncia della ordinanza di rimessione, é entrato in vigore il decreto legislativo 31 marzo 2001, n. 165, il quale, all’articolo 72, comma 1, lettera bb), ha disposto l’abrogazione, tra numerose altre, della disposizione censurata, e, all’art. 69, comma 7, ne ha tuttavia riprodotto il contenuto apportandovi alcune modificazioni;
che, non essendo la disposizione censurata riprodotta nel suddetto decreto legislativo nella sua identica formulazione, non può operare il principio, più volte affermato da questa Corte, del trasferimento della questione sulla disposizione attraverso la quale vive nell’ordinamento la norma censurata (sentenza n. 376 del 2000; ordinanza n. 11 del 2002), ma si rende necessaria la restituzione degli atti al giudice remittente perchè proceda ad un nuovo esame della rilevanza della questione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia – sezione staccata di Catania.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 maggio 2002.
Massimo VARI, Presidente
Carlo MEZZANOTTE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 10 maggio 2002.