ORDINANZA N.180
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 4, della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico), promossi con ordinanze emesse il 19 dicembre 2000 (otto ordinanze) dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia e il 27 giugno 2001 (una ordinanza) dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, rispettivamente iscritte ai nn. da 212 a 217, 237, 311 e 755 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 13 14, 18 e 39, prima serie speciale, dell'anno 2001.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 27 febbraio 2002 il Giudice relatore Massimo Vari.
Ritenuto che, con otto ordinanze di analogo tenore (R.O. nn. 212 a 217, 237 e 311 del 2001), emesse il 19 dicembre 2000, il T.A.R. per la Lombardia ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 4, della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico), per ritenuta violazione degli artt. 3 e 33 della Costituzione;
che la disposizione censurata, nel prevedere una sessione riservata di esami per il conseguimento dell'idoneità all'insegnamento nella scuola elementare, in vista dell'inserimento nelle graduatorie permanenti di cui all’art. 401 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), ammette, alla partecipazione a detta sessione di esami, i docenti che abbiano prestato servizio di effettivo insegnamento "nelle scuole statali, ivi comprese le istituzioni scolastiche italiane all’estero, ovvero negli istituti e nelle scuole di istruzione secondaria legalmente riconosciuti o pareggiati o nelle scuole materne autorizzate o nelle scuole elementari parificate per almeno 360 giorni nel periodo compreso tra l’anno scolastico 1989-1990 e la data di entrata in vigore" della medesima legge n. 124 del 1999, con ciò escludendo i docenti delle "scuole elementari autorizzate";
che il rimettente ritiene che la norma censurata discrimini "ingiustificatamente gli insegnanti delle scuole non statali in funzione del tipo di concessione rilasciata all’istituto scolastico", senza considerare che le differenze tra scuole parificate e autorizzate riguardano i profili della validità legale del titolo di studio conseguito e della diversa titolarità della scuola (artt. 344 e 349 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, recante "Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado"), ma non le modalità di esercizio della funzione docente, che é la medesima per ogni tipo di scuola;
che, in proposito, il rimettente rileva, altresì, che sia le scuole parificate sia le scuole autorizzate sono soggette alla medesima vigilanza del provveditore agli studi e sono tenute ad uniformarsi ai programmi delle scuole statali, seppure quelle autorizzate solo in via di "massima" (artt. 347, 350 e 351 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297);
che, sotto ulteriore profilo, le ordinanze lamentano che la disposizione censurata discrimini gli insegnanti delle scuole elementari autorizzate non solo rispetto a quelli delle scuole statali, ma anche rispetto a quelli che abbiano prestato servizio presso scuole materne private autorizzate, "con la stravagante conseguenza che sono esclusi proprio gli insegnanti che hanno fatto esperienza di docenza nelle scuole elementari";
che le ordinanze ritengono vulnerato anche l’art. 33 della Costituzione, sotto il profilo del principio della libertà scolastica, in attuazione del quale ogni scuola autorizzata deve essere posta in grado di conseguire la parità oggi disciplinata dalla legge 10 marzo 2000, n. 62 (Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione), il cui art. 1, comma 4, subordina il riconoscimento di detta parità scolastica ad una serie di prescrizioni, tra cui quella di utilizzare solo docenti abilitati;
che anche il T.A.R. per il Piemonte ha sollevato, con ordinanza emessa il 27 giugno 2001 (R.O. n. 755 del 2001), questione di legittimità costituzionale della già menzionata disposizione, in relazione agli artt. 3, 97 e 33 della Costituzione, nella parte in cui, ai fini dell’ammissione all’esame per l’idoneità all’insegnamento, non considera i docenti che abbiano maturato il periodo di servizio utile presso la "scuola elementare sussidiata";
che il rimettente ritiene che le differenze tra le scuole sussidiate e quelle statali attengono alle modalità di svolgimento degli esami ed alla validità legale del titolo di studio conseguito alla fine del corso (art. 348 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 e artt. 224 e seguenti del regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297), a prescindere, invece, dalle modalità di esercizio della funzione docente, che sarebbero le medesime per ogni tipo di scuola considerata;
che, secondo il giudice a quo, "per quanto la legge non preveda espressamente l’obbligo delle scuole sussidiate di uniformarsi ai programmi delle scuole statali (previsto, invece, espressamente per le scuole elementari parificate e autorizzate: v. art. 14 della legge 5 giugno 1990, n. 148 e art. 350 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297), la rilevanza di detti programmi é assicurata dal fatto che gli alunni sono soggetti a specifici esami dinanzi ad una commissione presieduta dal direttore didattico del circolo in cui si trova la scuola medesima (art. 228 del regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297), nonchè dal fatto che detta scuola resta comunque soggetta alla vigilanza del provveditore agli studi e delle altre autorità scolastiche statali (art. 236 del regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297)";
che, in considerazione di ciò, la norma censurata sarebbe discriminatoria nei confronti degli insegnanti delle scuole elementari private sussidiate, non solo rispetto ai docenti delle scuole statali, ma anche con riguardo a coloro che abbiano insegnato nelle scuole materne autorizzate, con violazione del principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione, del principio di "logicità dell’azione amministrativa", sancito dall’art. 97 della Costituzione e del principio di libertà scolastica sancito dall’art. 33 della Costituzione;
che, nei giudizi, é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che le questioni vengano dichiarate inammissibili e, comunque, infondate.
Considerato che i giudizi in epigrafe, analoghi per oggetto e per profili proposti, vanno riuniti per essere definiti con un’unica pronunzia;
che, quanto alle questioni prospettate, é, innanzitutto, da ritenere inconferente il richiamo, a tertium comparationis, della disciplina vigente per le scuole statali, trattandosi, all’evidenza, di tipologia affatto distinta da quella delle scuole elementari autorizzate o sussidiate sia sul piano dell’organizzazione e dell’ordinamento degli studi sia su quello della disciplina del personale insegnante;
che risulta poi evidente la differenza tra le scuole elementari parificate, da un lato, e le scuole elementari autorizzate, dall'altro, dal momento che, pur essendo tutte dette scuole annoverabili tra gli istituti non statali, solo le scuole elementari parificate sono rette da un regime concessorio che le assimila ad ogni effetto legale (art. 344 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297) ¾ e, segnatamente, per i profili pubblicistici concernenti l’adozione dei programmi delle attività didattiche e il rilascio dei titoli di studio ¾ alle scuole elementari statali, tanto che sono tenute ad adottare lo stesso "ordinamento" (art. 346 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297);
che, inoltre, ponendo a raffronto le scuole non statali autorizzate, materna ed elementare, emergono, dalla disciplina positiva, sostanziali differenze tra il regime cui é assoggettata la scuola materna e quello contemplato per la scuola elementare, in specie con riferimento alla prevista approvazione delle nomine del personale docente delle scuole materne da parte del provveditore agli studi, che costituisce condizione per lo svolgimento della funzione di insegnamento presso dette scuole (art. 335 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297);
che ancor più rilevante é, rispetto alle scuole materne autorizzate, la differenza di regime cui sono assoggettate le scuole sussidiate, dovendosi aggiungere, a quanto testè rilevato, la ulteriore circostanza che presso queste ultime il personale docente può anche essere sprovvisto del titolo all’abilitazione all’insegnamento elementare (art. 348, comma 4, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297);
che la peculiare valenza pubblicistica della scuola materna autorizzata ¾ che la connota rispetto alla scuola elementare autorizzata e a quella sussidiata ¾ trova fondamento nella funzione di sostanziale supplenza dell’intervento dello Stato, da essa assicurata nell’ordinamento scolastico fino all'entrata in vigore della legge 18 marzo 1968, n. 444 (Ordinamento della scuola materna statale) ¾ che ha disciplinato in modo organico la scuola materna statale ¾ e, successivamente all’emanazione di detta legge, nella funzione di complemento e integrazione di quella materna statale;
che la norma censurata rappresenta, comunque, una disposizione transitoria, valevole ¾ come risulta anche dai lavori preparatori della legge n. 124 del 1999 ¾ ai limitati e contingenti fini di integrazione delle graduatorie permanenti di cui all’art. 401 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, in ragione di una discrezionale scelta legislativa di provvista di personale insegnante, volta a dar rilievo al possesso di esperienze didattiche acquisite in ambiti interni o quanto meno assimilabili a quelli statali;
che, per i motivi anzidetti, la disposizione censurata non comporta violazione dei parametri costituzionali evocati, non potendo considerarsi irragionevole, nè contraria al buon andamento dell’amministrazione e neppure lesiva della libertà scolastica, la scelta del legislatore di valutare diversamente il servizio effettuato dai docenti presso le scuole statali ovvero presso le scuole elementari parificate o materne autorizzate rispetto a quello reso nelle scuole elementari autorizzate o sussidiate (per analoga conclusione, quanto alle scuole elementari autorizzate, v. ordinanza n. 178 del 2002);
che, pertanto, le questioni sollevate devono ritenersi manifestamente infondate.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 4, della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 97 e 33 della Costituzione, con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 maggio 2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Massimo VARI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 10 maggio 2002.