ORDINANZA N. 138
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 151 della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (Ordinamento del notariato e degli archivi notarili), promossi con due ordinanze emesse il 10 gennaio 2001 dal Tribunale di Udine, rispettivamente iscritte ai nn. 246 e 247 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell’anno 2001.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 21 novembre 2001 il Giudice relatore Fernanda Contri.
Ritenuto che il Tribunale di Udine, con due ordinanze di identico contenuto emesse il 10 gennaio 2001, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 151 della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (Ordinamento del notariato e degli archivi notarili), nella parte in cui non prevede che la competenza a provvedere sulle sanzioni disciplinari a carico del notaio, che svolge le funzioni di giudice onorario aggregato del tribunale nel cui circondario si trova la sede del consiglio notarile da cui dipende, sia attribuita al tribunale che ha sede nel capoluogo del distretto di corte d'appello determinato ai sensi dell'art. 11 del codice di procedura penale, per violazione degli artt. 3 e 111 della Costituzione;
che il rimettente, investito dell’esame di due istanze del Procuratore della Repubblica per l’applicazione di sanzioni disciplinari a carico di notai che svolgono le funzioni di giudice onorario aggregato dello stesso Tribunale di Udine, osserva che la disposizione impugnata prevede la competenza del tribunale civile del luogo ove é la sede del Consiglio notarile da cui dipende il professionista;
che, sempre secondo il giudice a quo, nel caso in cui il notaio svolge anche le funzioni di giudice aggregato del tribunale, non é prevista l’applicazione dell'art. 11 cod. proc. pen. e dell'art. 30-bis del codice di procedura civile, che dispongono lo spostamento ad altra sede dei procedimenti nei quali il magistrato riveste la qualità di imputato, di persona offesa o danneggiata o sia comunque parte quando egli esercita le sue funzioni in un ufficio giudiziario del medesimo distretto in cui é compreso l’ufficio che sarebbe competente secondo le regole ordinarie;
che, ad avviso del tribunale rimettente, "é opinione preferibile che tali disposizioni trovino applicazione anche nei confronti dei giudici onorari aggregati", in considerazione del carattere duraturo del loro incarico, che si protrae per cinque anni con possibilità di proroga per un ulteriore anno, del loro inserimento organico in apposite sezioni stralcio presiedute da un magistrato ordinario e della loro equiparazione ai magistrati togati quanto alle incompatibilità ed ineleggibilità;
che il giudice a quo, dopo aver ricordato che secondo la Corte di cassazione l’art. 11 cod. proc. pen. é applicabile anche ai magistrati onorari, osserva che le disposizioni dei codici di procedura penale e civile "non sembrano però interpretativamente estensibili anche al processo disciplinare nei confronti dei notai", essendo la materia integralmente disciplinata dalla legge speciale e non potendosi estendere la disposizione in via interpretativa ai notai che svolgono le funzioni di giudice onorario aggregato;
che, ad avviso del Tribunale di Udine, l’art. 151 della legge n. 89 del 1913 viola l’art. 3 Cost. per il diverso trattamento ingiustificatamente previsto per il notaio cui é addebitata una violazione disciplinare e che svolge le funzioni di magistrato onorario rispetto agli altri magistrati, ordinari o onorari, che sono parte in un processo;
che, sempre secondo il giudice a quo, sussiste anche la violazione dell'art. 111 Cost., poichè la ratio degli artt. 11 cod. proc. pen. e 30-bis cod. proc. civ. é quella di evitare qualsiasi pericolo o sospetto di parzialità in capo al giudice, civile o penale, chiamato a trattare la vicenda che coinvolge un collega operante nel medesimo distretto;
che é intervenuto in entrambi i giudizi di legittimità costituzionale il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo alla Corte di dichiarare la questione infondata;
che, secondo l’Avvocatura, il giudizio disciplinare tutela la deontologia professionale attraverso valutazioni rimesse, almeno tendenzialmente, agli organi rappresentativi delle categorie interessate, mentre l’esercizio della giurisdizione si pone sul diverso piano della applicazione del diritto alla fattispecie concreta, non potendosi quindi trasporre in contesti diversi dal processo in senso stretto i principi sulla giurisdizione desumibili dalla formulazione dell’art. 111 Cost.;
che, sempre secondo la difesa erariale, la sottoposizione del notaio al tribunale quale organo disciplinare non é determinata da un addebito rivolto al soggetto in qualità di giudice onorario ma in quella di professionista, circostanza che esclude qualsiasi sospetto di difetto di imparzialità in capo all’organo chiamato alla decisione.
Considerato che le due ordinanze di rimessione del Tribunale di Udine sono identiche e i giudizi di legittimità costituzionale devono perciò essere riuniti;
che il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale dell’art. 151 della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (Ordinamento del notariato e degli archivi notarili), nella parte in cui non prevede, nel caso in cui il notaio svolge le funzioni di giudice onorario aggregato presso il tribunale nella cui giurisdizione é la sede del consiglio notarile da cui egli dipende, che la competenza a provvedere sulla richiesta di sanzioni disciplinari sia attribuita al tribunale che ha sede nel capoluogo del distretto di corte d'appello determinato ai sensi degli artt. 11 del codice di procedura penale e 30-bis del codice di procedura civile, per violazione degli artt. 3 e 111 della Costituzione;
che il giudice rimettente formula il quesito di legittimità costituzionale in forma dubitativa e perplessa poichè, circa l'applicabilità al giudizio disciplinare notarile degli artt. 11 del codice di procedura penale e 30-bis del codice di procedura civile, dopo aver affermato che dette disposizioni riguardano anche i magistrati onorari, dichiara che esse "sembrano" non potersi applicare al caso di specie, e non prende preventivamente posizione in ordine a tale questione interpretativa, così come non precisa le ragioni per le quali ritiene impercorribile la strada di una interpretazione costituzionalmente orientata della norma impugnata;
che in tal modo la questione risulta essere manifestamente inammissibile, in quanto sollevata al fine, improprio, di sollecitare questa Corte a una attività interpretativa che spetta invece allo stesso giudice a quo.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 151 della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (Ordinamento del notariato e degli archivi notarili), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Udine con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 aprile 2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Fernanda CONTRI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 24 aprile 2002.