ORDINANZA N. 100
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Massimo VARI, Presidente
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 33 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), promossi con tre ordinanze emesse l'8 marzo 2001 dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria rispettivamente iscritte ai nn. 710, 712 e 713 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 2001.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 27 febbraio 2002 il Giudice relatore Massimo Vari.
Ritenuto che, con tre distinte ordinanze (iscritte ai nn. 710, 712 e 713 del registro ordinanze dell'anno 2001), tutte emesse l'8 marzo 2001 e analogamente motivate in diritto, il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria ha sollevato, in riferimento all'art. 36 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 33 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), "per la parte in cui prevede il divieto di retribuire le mansioni superiori svolte dal dipendente pubblico";
che le ordinanze ¾ nel rammentare, in punto di fatto, che tutti i giudizi principali sono stati promossi da docenti di ruolo, inquadrati nel 6° livello, al fine di ottenere l'accertamento delle svolte mansioni superiori, pari al 7° livello, per l'insegnamento reso negli anni scolastici 1996/97 e 1997/98, con riconoscimento dei conseguenti benefici economici ¾ evidenziano che i ricorrenti nei giudizi a quibus hanno espletato mansioni superiori "in ottemperanza a disposizione emessa da organo competente al fine di coprire una vacanza in pianta organica";
che, tanto premesso, il rimettente adduce che il più recente orientamento della giurisprudenza del Consiglio di Stato si pone "su di una linea di rigetto della tesi della retribuibilità delle mansioni superiori prestate dal pubblico dipendente sulla base normativa dell'art. 2126 cod. civ. e dell'applicazione diretta dell'art. 36 della Costituzione", affermando che, anteriormente alla vigenza del decreto legislativo n. 387 del 1998, non si rinviene "nell'ordinamento la norma specifica utile a generare" siffatto diritto, salvo casi specifici, come quello del comparto sanitario (art. 29 del d.P.R. n. 761 del 1979);
che, pertanto, argomenta ancora il giudice a quo, "il principio" applicabile sarebbe quello di cui all'art. 33 del d.P.R. n. 3 del 1957, il quale, secondo il ricordato orientamento giurisprudenziale, "ricollegherebbe i diritti retributivi del dipendente alla sua mera situazione di diritto";
che, ad avviso del rimettente, é possibile, tuttavia, pervenire, come già ritenuto da precedente ordinanza di rimessione di altro tribunale amministrativo (iscritta al n. 133 del registro ordinanze del 2000), ad "una lettura di principi che porta alle tesi opposte a quanto sostenuto dal Consiglio di Stato";
che, difatti, in virtù di numerosi precedenti della giurisprudenza costituzionale, é dato evincere che l'art. 36 della Costituzione "é norma di applicazione diretta che impone di retribuire le mansioni superiori svolte dal dipendente nel rispetto della proporzionalità tra retribuzione e lavoro prestato" e che la sua "forza cogente ... é assicurata dall'art. 2126 cod. civ.", mentre "la natura pubblica del datore di lavoro e i principi di imparzialità e buon andamento degli uffici e della concorsualità nell'assunzione dei pubblici impieghi sono comunque garantiti dall'esistenza del posto (vacante) in pianta organica e dalla temporaneità delle mansioni superiori";
che, pertanto, il giudice a quo sostiene, conclusivamente, che l'art. 33 del d.P.R. n. 3 del 1957 "si pone come un divieto irragionevole di retribuire le mansioni prestate secondo quanto determinato per legge in riferimento a quel determinato tipo di mansioni";
che é intervenuto, in tutti i giudizi, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o manifestamente infondata.
Considerato che le ordinanze denunciano tutte la stessa disposizione, prospettandone il contrasto con l'art. 36 della Costituzione in base ad identiche censure, sicchè i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con un'unica pronuncia;
che, quanto al merito, va osservato che il rimettente ripropone, avverso l'art. 33 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, le medesime doglianze già più volte scrutinate dalla Corte (da ultimo, con ordinanza n. 349 del 2001; in precedenza, con le ordinanze n. 347 del 1996 e n. 289 del 1996) e dichiarate manifestamente infondate, a motivo del fatto che il menzionato art. 33 si riferisce "alla situazione fisiologica degli uffici", cioé alla normale situazione normale nella quale sussiste coincidenza tra mansioni svolte dall'impiegato e la sua qualifica funzionale, "sicchè nel caso eccezionale di adibizione temporanea del dipendente a mansioni superiori, corrispondenti a un posto vacante, non si può argomentare a contrario una preclusione all'adeguamento del trattamento economico secondo i principi ripetutamente enunciati da questa Corte in conformità agli artt. 36 della Costituzione e 2126 cod. civ.";
che, pertanto, non adducendo il rimettente nuovi o diversi profili di censura o, comunque, tali da indurre a discostarsi dal menzionato orientamento, le questioni vanno dichiarate manifestamente infondate.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 33 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), sollevate, in riferimento all'art. 36 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 aprile 2002.
Massimo VARI, Presidente e Redattore
Depositata in Cancelleria il 10 aprile 2002.