ORDINANZA N. 4
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare
RUPERTO
Presidente
- Massimo
VARI
Giudice
- Riccardo
- Gustavo
CHIEPPA
ZAGREBELSKY
"
"
- Valerio
ONIDA
"
- Carlo
MEZZANOTTE
"
- Fernanda
- Guido
CONTRI
NEPPI MODONA
"
"
- Piero Alberto
CAPOTOSTI
"
- Franco
BILE
"
-Giovanni Maria
FLICK
"
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 556, comma 1, e 448, comma 1, del codice di procedura penale, e degli artt. 557, comma 3, e 464 stesso codice, promossi con ordinanze emesse il 5 dicembre 2000 dal Tribunale di Genova nel procedimento penale a carico di C.C., iscritta al n. 171 del registro ordinanze 2001, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell’anno 2001, e il 17 gennaio 2001 dal Tribunale di Genova nel procedimento penale a carico di R. S., iscritta al n. 172 del registro ordinanze 2001, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell’anno 2001.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 24 ottobre 2001 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.
Ritenuto che con due ordinanze di identico contenuto, il Tribunale di Genova, in composizione monocratica, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 556, comma 1, e 448, comma 1, cod. proc. pen. per contrasto con l’art. 3 della Costituzione, "ovvero in alternativa" degli artt. 557, comma 3, cod. proc. pen. e 464 del medesimo codice, sempre per contrasto con l’art. 3 della Costituzione;
che i giudici a quibus premettono di essere chiamati a delibare una "istanza di patteggiamento avanzata dall’imputato prima della dichiarazione di apertura del dibattimento nel giudizio di opposizione al decreto penale di condanna", costituente reiterazione di altra analoga istanza presentata in sede di opposizione al decreto penale di condanna e respinta dal Giudice per le indagini preliminari, "anche in virtù del dissenso manifestato dal p. m. circa la pena richiesta dall’imputato";
che, a parere dei rimettenti, sebbene l’art. 557, comma 2, cod. proc. pen. precluda all’imputato la facoltà di avanzare richiesta di patteggiamento nel giudizio conseguente all’opposizione, tale divieto "non sembra escludere la possibilità di reiterare la richiesta laddove - come nel caso di specie - la stessa sia stata proposta tempestivamente, vale a dire contestualmente all’atto di opposizione";
che, tuttavia, tale possibilità non risulta disciplinata per il procedimento davanti al tribunale tanto in composizione collegiale che monocratica: con la conseguenza che, in sede di opposizione a decreto penale di condanna, non sarebbe prevista la possibilità – espressamente enunciata per il giudizio ordinario, per quello direttissimo e per quello immediato dall’art. 448, comma 1, cod. proc. pen. - di reiterare, davanti al giudice del dibattimento, la richiesta di patteggiamento già formulata davanti al giudice per le indagini preliminari ed oggetto di dissenso da parte del pubblico ministero ovvero rigettata dal giudice;
che pertanto verrebbe a profilarsi un’ingiustificata disparità di trattamento, con violazione dell’art. 3 Cost., tra imputati, soggetti ad un trattamento processuale sensibilmente diverso esclusivamente in ragione della scelta del rito operata dall’organo dell’accusa, poichè la possibilità di sottoporre la precedente richiesta di patteggiamento a nuovo esame, da parte del giudice del dibattimento, verrebbe esclusa per l’opposizione a decreto penale ed ammessa, invece, per altre forme di giudizio;
che, peraltro, sempre nell’ipotesi di giudizio conseguente ad opposizione a decreto penale di condanna, non é neppure previsto che il giudice possa accogliere la richiesta di pena concordata dopo la chiusura del dibattimento, nel caso in cui ritenga ingiustificati il dissenso del pubblico ministero o il rigetto dell’istanza, essendo tale regola, sancita dall’art. 448, comma 1, ultimo inciso, cod. proc. pen., riferibile – a parere dei giudici a quibus - ai soli riti espressamente indicati nella medesima norma, tra i quali, appunto, non é compreso il procedimento per decreto: ciò che integrerebbe un ulteriore profilo di ingiustificata disparità di trattamento, con violazione dell’art. 3 Cost.;
che, alla luce di tali rilievi, i giudici rimettenti sollevano, in riferimento all’art. 3 Cost. questione di legittimità costituzionale degli "artt. 556, comma 1, cod. proc. pen. e 448, comma 1, cod. proc. pen. (richiamato dal primo in quanto applicabile ai procedimenti davanti al tribunale in composizione monocratica) ovvero in alternativa dell’art. 464 cod. proc. pen., in quanto richiamato dall’art. 557, comma 3, cod. proc. pen.", nella parte in cui non prevedono che l’imputato nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica - ("ma anche in quello davanti al tribunale in composizione collegiale") - "possa reiterare, nel giudizio conseguente all’opposizione a decreto penale di condanna, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, la richiesta di patteggiamento tempestivamente presentata unitamente all’atto di opposizione al predetto decreto e non accolta per mancato consenso o dissenso del p.m. ovvero per rigetto da parte del g.i.p.";
che, prospettandola quale "questione di costituzionalità … strettamente e conseguenzialmente collegata" a quella dianzi riferita, i rimettenti impugnano altresì, sempre in riferimento all’art. 3 Cost., le medesime norme nella parte in cui non prevedono che, nel giudizio di opposizione a decreto penale instauratosi dinanzi al tribunale sia in composizione monocratica che collegiale, il giudice possa provvedere sulla richiesta di patteggiamento "tempestivamente avanzata dall’imputato (ed eventualmente reiterata davanti allo stesso giudice del dibattimento prima della dichiarazione di apertura dello stesso) e non accolta per mancato consenso o dissenso del p.m. ovvero per rigetto da parte del giudice";
che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso chiedendo che la questione venga dichiarata infondata, non essendo condivisibile il presupposto interpretativo da cui muove l’ordinanza di rimessione circa l’impossibilità di riproporre, nel giudizio che consegue all’opposizione a decreto penale, la richiesta di patteggiamento preventivamente rigettata o non accolta per dissenso del pubblico ministero.
Considerato che le ordinanze sollevano gli identici quesiti e che, pertanto, i giudizi devono essere riuniti per essere definiti con unica decisione;
che, in ordine alla prima delle questioni sollevate, i giudici rimettenti formulano un quesito in forma alternativa, impugnando, da un lato, gli artt. 556, comma 1, e 448, comma 1, del codice di procedura penale e, dall’altro, l’art. 464 "in quanto richiamato dall’art. 557, comma 3, cod. proc. pen.", senza puntualizzare le norme effettivamente attinte dal dubbio di costituzionalità: così devolvendo a questa Corte il compito di individuare la sede normativa all’interno della quale iscrivere la pronuncia additiva che viene sollecitata;
che già alla stregua di tale assorbente rilievo la questione deve ritenersi inammissibile, essendo compito del giudice rimettente individuare con esattezza la disposizione oggetto di impugnativa, anche nelle ipotesi nelle quali il supposto vizio di incostituzionalità potrebbe essere composto attraverso una declaratoria di illegittimità costituzionale riferibile ad una pluralità di disposizioni normative;
che, inoltre, sono gli stessi giudici rimettenti a prospettare la tesi secondo la quale "l’art. 557, comma 2, c.p.p. non sembra escludere la possibilità di reiterare la richiesta laddove - come nel caso di specie - la stessa sia stata proposta tempestivamente, vale a dire contestualmente all’atto di opposizione"; sicchè la censura proposta finisce per radicarsi su una mera alternativa ermeneutica che spetta agli stessi rimettenti risolvere, senza sollecitare un inammissibile avallo interpretativo da parte di questa Corte (v., fra le varie, le ordinanze n. 466 del 2000, n. 7 e n. 70 del 1998, e la sentenza n. 356 del 1996);
che le medesime considerazioni valgono anche a rendere non delibabile il merito del secondo quesito, poichè anche esso risulta formulato non in termini di subordinazione o consequenzialità rispetto al primo, ma in forma sostanzialmente alternativa: d’altra parte, ove – come sembrano sollecitare i rimettenti - venisse assegnato al giudice del dibattimento il potere di scrutinare in limine la domanda di patteggiamento precedentemente formulata e non andata a buon fine (per mancato consenso del pubblico ministero o per rigetto da parte del giudice), si creerebbe nel sistema un istituto del tutto nuovo, in sè idoneo a perturbare il canone dell’uguaglianza, proprio perchè si tratterebbe di un potere circoscritto alla sola ipotesi dell’opposizione a decreto penale di condanna;
che, pertanto le questioni proposte devono essere dichiarate manifestamente inammissibili.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 556, comma 1, e 448, comma 1, del codice procedura penale, nonchè dell’art. 464 del codice procedura penale in quanto richiamato dall’art. 557, comma 3, del codice procedura penale, sollevate in riferimento all’art. 3 della Costituzione, con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Giovanni Maria FLICK, Redattore
Depositata in Cancelleria il 30 gennaio 2002.